Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25573 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. III, 30/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22825/2009 proposto da:

C.A.M. (OMISSIS), C.A.

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), D.

G.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SALARIA 53, presso lo studio dell’avvocato MACCARONI

Giuseppe, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SCARL (OMISSIS) in persona del

procuratore della società Dott. B.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 7, presso lo studio dell’avvocato

INNAMORATI Loretta, che la rappresenta e difende giusta delega in

atti;

D.C.M.G., D.C.M., considerati domiciliati

“ex lege” in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato BAZZANI GINO, giusta delega in

atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3367/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/09/2008, R.G.N. 5175/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE MACCARONI;

udito l’Avvocato LORETTA INNAMORATI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato D.G.E., C.F., C.A.M. e C.A., rispettivamente vedova e figli di Ci.Al., esponevano che in data (OMISSIS) il loro congiunto, alla guida della propria moto, stava percorrendo la Via (OMISSIS) quando giunto nei pressi dell’intersezione con il largo (OMISSIS) aveva trovato la propria corsia di marcia occupata da un’autovettura condotta da D.C.M., che proveniente dall’opposto senso di marcia stava effettuando una manovra di svolta a sinistra. Aggiungevano che, a seguito dell’incidente, il loro congiunto aveva perso la vita. Ciò premesso, convenivano in giudizio D.C.M.G., proprietaria dell’auto investitrice, il conducente dell’auto e la Cattolica assicurazioni per ottenere il risarcimento dei danni subiti. In esito al giudizio, il Tribunale di Roma rigettava le domande attrici e compensava le spese. Avverso tale decisione proponevano appello i soccombenti ed in esito al giudizio la Corte di Appello di Roma con sentenza depositata in data 2 settembre 2008 rigettava l’impugnazione. Avverso la detta sentenza gli originari attori hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resistono con controricorso i D.C. e la Cattolica.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve sottolinearsi introduttivamente che il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata. Ciò premesso, va osservato che con la prima doglianza, deducendo la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 154 e dell’art. 2054 c.c., comma 2, parte ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per avere la Corte di Appello escluso ogni responsabilità del D.C. in virtù della c.d. precedenza di fatto, trascurando che l’avvenuta collisione di per sè costituisce prova dell’errore di valutazione da parte del conducente che di tale precedenza si sia avvalso.

Inoltre – ed in tale rilievo si sostanzia la seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2 – la Corte territoriale avrebbe ugualmente sbagliato “non essendo stata fornita la piena prova dell’uniforme condotta alle norme sulla circolazione stradale e di comune prudenza posta in essere dal D.C.” con la conseguenza che avrebbe dovuto trovare applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2.

I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente per l’intima connessione che li lega, sono entrambi inammissibili, sia pure per ragioni diverse. Con riguardo alla prima doglianza, deve osservarsi che l’inammissibilità deriva dall’assoluta mancanza di correlazione della doglianza de qua con le ragioni poste dalla Corte territoriale a base della propria decisione. Ed invero, come risulta dalla lettura della sentenza impugnata, la ragione fondamentale, posta a base della decisione, non si fonda affatto sulla applicazione della c.d. precedenza cronologica o di fatto a favore del conducente dell’autovettura, bensì sui seguenti rilievi emersi dalla disposta perizia tecnica: 1) al momento in cui l’auto svoltava a sinistra, la moto non era visibile perchè coperta da una curva volgente a destra 2) al momento della svolta, la vettura teneva una velocità di appena 14 Km/h, aveva una visibilità dell’opposta corsia di 37 metri e la corsia da cui sarebbe sopravvenuta la moto era completamente libera.

3) la moto di grossa cilindrata viaggiava invece ad una velocità di 66,6 kmh, non solo di molto superiore al limite di 50 kmh consentito nel centro urbano ma anche assolutamente inadeguata allo stato dei luoghi in considerazione della presenza di strisce per l’attraversamento pedonale, di un’area di parcheggio, di uno slargo della stazione FFSS. Tutto ciò considerato, appare evidente come la censura proposta eluda il punto nodale della pronunzia e non sia correlata con la ratio decidendi della decisione impugnata difettando della necessaria specificità, attesa la non riferibilità della censura alla sentenza d’appello impugnata. Ed è appena il caso di osservare che le ragioni di gravame, per risultare idonee a contrastare la motivazione della sentenza, devono correlarsi con la stessa, in modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata risultino contrapposte quelle dell’impugnante, volte ad incrinare il fondamento logico- giuridico delle prime.

Quanto alla seconda censura, l’inammissibilità deriva dalla considerazione che la valutazione degli elementi di prova e l’apprezzamento dei fatti attengono al libero convincimento del giudice di merito con la conseguenza che deve ritenersi preclusa ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa. Ne deriva che deve ritenersi inammissibile la doglianza mediante la quale la parte ricorrente avanza, nella sostanza delle cose, un’ulteriore istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 7.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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