Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25571 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. II, 12/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 12/11/2020), n.25571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 10625/19) proposto da:

P.F.F., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dalla

società S.T.P. Alfa Legal s.r.l., in persona del legale

rappresentante p.t., e per essa, quale socio designato, dall’Avv.

Fabrizio Lofoco e domiciliato “ex lege” presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione, in Roma, P.zza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro-tempore,

rappresentato e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello

Stato e domiciliato presso i suoi Uffici, in Roma, v. dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e

ORDINE INTERPROVINCIALE DEI FARMACISTI DI BARI E BARLETTA – ANDRIA –

TRANI, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e

difeso, in virtù di procura speciale in calce al controricorso,

dagli Avv.ti Giuseppe Colavitti, e Francesco Saverio Bertolini, ed

elettivamente domiciliato presso il loro studio, in Roma, v. Cesare

Ferrero di Cambiano, n. 82;

– altro controricorrente –

avverso la decisione n. 60 del 2018 della Commissione centrale per

gli esercenti le professioni sanitarie;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 24

settembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

uditi gli Avv.ti Fabrizio Lofoco, per il ricorrente, e Francesco

Saverio Bertolini, nell’interesse dell’Ordine Interprovinciale dei

farmacisti di Bari e Barletta – Andria – Trani.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. In seguito ad apposite segnalazioni nei confronti di alcuni titolari di farmacie del Comune di Altamura, il Presidente dell’Ordine Interprovinciale dei Farmacisti di Bari e Barletta – Andria – Trani disponeva accertamenti a carico del Dott. P.F., nei cui riguardi era stata sporta denuncia-querela da parte di alcuni farmacisti per l’asserita violazione della corretta concorrenza mediante un’azione perturbatrice produttiva di uno sviamento della clientela di altre farmacie della zona a favore della sua farmacia, utilizzando mezzi che i denuncianti ritenevano fraudolenti, consistiti, principalmente, nell'”abbuono (totale o parziale) ai clienti del ticket imposto dalla legge sulle prescrizioni farmaceutiche”.

2. Dopo l’esperimento di opportuni accertamenti istruttori nel corso dei quali veniva ascoltato il citato Dott. P., il competente Consiglio dell’Ordine, in data 4 agosto 2017, ritenuto il comportamento del predetto farmacista in contrasto con l’art. 2, comma 1, art. 3, comma 2-lett. b), art. 27, comma 1 e art. 37, comma 5 del codice deontologico, deliberava l’avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti contestandogli i seguenti addebiti: 1) aver omesso di riscuotere, in parte o del tutto, le quote di partecipazione a carico dell’assistito relative a ricette spedite in regime di convenzione con il SSN, violando del D.P.R. 8 luglio 1998, n. 371, art. 3, comma 2 (“Regolamento recante norme concernenti l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private”); 2) aver praticato sui farmaci di cui alla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 8, comma 10, lett. c), e succ. modif., differenti condizioni di sconto agli acquirenti, in violazione del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 32, comma 4 (“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”), conv. nella L. n. 241 del 2011; 3) aver posto in essere atti configuranti concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c..

Nella seduta del successivo 5 ottobre 2017 lo stesso Consiglio dell’Ordine, ravvisata la sussistenza degli illeciti a lui contestati, deliberava di irrogare al Dott. P. la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione di farmacista per la durata di 45 giorni.

3. In data 4 dicembre 2017 il Dott. P. proponeva ricorso al TAR Puglia per l’ottenimento dell’annullamento dell’anzidetto provvedimento disciplinare e, con altro ricorso dinanzi alla Commissione centrale per le professioni sanitarie, chiedeva il conseguimento dello stesso risultato o, in subordine, che venisse ridotta l’applicata sanzione disciplinare, sulla base di quattro motivi.

L’adita Commissione centrale, con decisione n. 60 del 2018 (depositata il 16 gennaio 2019), rigettava il ricorso con riferimento alla sua richiesta principale (confermando la sussistenza dei contestati illeciti disciplinari a carico del ricorrente) e lo accoglieva in ordine a quella formulata in via subordinata, disponendo la riduzione della sanzione a quella della sospensione per 30 giorni.

4. Avverso la suddetta decisione della Commissione centrale per le professioni sanitarie il Dott. P.F. ha proposto ricorso per cassazione riferito a quattro motivi.

Hanno resistito con distinti controricorsi il Ministero della Salute e l’Ordine Interprovinciale dei Farmacisti di Bari e Barletta – Andria – Trani.

I difensori del ricorrente e del suddetto Ordine Interprovinciale hanno depositato anche memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione del D.P.R. n. 221 del 1950, artt. 39 e 66, L. n. 241 del 1990, art. 3, artt. 24 e 36 Cost., D.L. n. 1 del 2012, art. 11, comma 8 e degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonchè il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia avuto riguardo all’omessa contestazione circostanziata degli addebiti e all’insussistenza della illiceità della condotta, siccome da considerarsi vagamente contestata e non provata.

2. Con la seconda censura il ricorrente ha prospettato la violazione del D.P.R. n. 221 del 1950, artt. 47 e 66, L. n. 241 del 1990, art. 3, art. 111 Cost., unitamente alle assunte inesistenza, insussistenza e mera apparenza della motivazione dell’impugnato provvedimento.

3. Con la terza doglianza il ricorrente ha dedotto la violazione del procedimento disciplinare e la nullità assoluta dello stesso in virtù della abnorme riattivazione del medesimo, senza un previo e manifestato provvedimento di sospensione, congiuntamente alla violazione del principio di proporzionalità.

4. Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente ha denunciato l’ingiustizia della gravata decisione per asserita disparità di trattamento, irragionevolezza, illogicità ed ingiustizia manifesta, avuto riguardo alla mancata irrogazione di sanzioni disciplinari a carico di altri farmacisti di (OMISSIS) che avevano commesso anch’essi scorrettezze rilevanti sul piano deontologico.

5. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato.

Diversamente da quanto con esso dedotto il procedimento disciplinare a carico del ricorrente risulta essere stato instaurato legittimamente con la specificazione dei singoli addebiti a lui contestati, come riportati nei termini indicati nella su richiamata censura, appositamente trascritti dell’impugnata decisione (v. pag. 4). Tali capi di incolpazione, così come strutturati, devono certamente ritenersi idonei a garantire il diritto di difesa del Dott. P., che, peraltro, era stato già ascoltato nella fase preliminare a seguito della presentazione di apposita denuncia al P.M. e che aveva, poi, depositato una memoria difensiva dopo l’esercizio in concreto dell’azione disciplinare, così manifestando l’assunzione della consapevolezza degli addebiti oggetto di contestazione, anche attraverso l’allegazione del difetto dell’asserita mancanza di apprezzamento di ritenuti fatti decisivi.

Dalla descrizione dei singoli addebiti, riferiti puntualmente alla violazione degli specifici disposti sia normativi che previsti dal codice deontologico, si potevano desumere – indipendentemente dal riferimento a fatti specifici (valorizzandosi la condotta dell’incolpato nella sua complessità ed in relazione alla reiterazione di comportamenti incasellabili nelle violazioni dei precetti specificamente imposti dalle richiamate disposizioni) – le prescrizioni oggettivamente ritenute violate.

Poi queste avevano costituito oggetto di appositi accertamenti istruttori, nel corso del cui svolgimento – come si dà atto nella decisione qui impugnata – l’incolpato era stato ascoltato ed aveva fornito le sue giustificazioni, a seguito dei quali il Consiglio dell’Ordine aveva chiaramente indicato le ragioni giustificative degli addebiti rilevanti sul piano disciplinare, enucleando specificamente in proposito – si badi – le condotte a lui ascritte e ponendole in correlazione con le norme anche deontologiche che erano state considerate violate. In tal senso, quindi, non può dirsi che non sia stato rispettato il canone generale del “giusto procedimento”.

Era, quindi, da quanto univocamente comprovato, risultato che i singoli comportamenti addebitati al Dott. P. si erano concretizzati in una scorretta pratica reiterata implicante l’omessa riscossione di quote di partecipazione a carico degli assistiti per i farmaci convenzionati con il SSN nonchè per aver posto in essere condizioni differenti di sconto alla clientela con riferimento ai farmaci non convenzionati, in tal modo realizzando attività comportanti una concorrenza sleale in danno degli altri farmacisti della zona (con conseguente nocumento anche economico per gli stessi). In tal modo, era stato legittimamente imputato al ricorrente di aver specificamente violato i menzionati disposti normativi laddove, per un verso, impongono ai farmacisti di riscuotere nella misura dovuta i cc.dd. ticket su farmaci a carico del SSN e, per altro verso, di non poter praticare sconti sui farmaci non a carico dello stesso SSN, salvo che nel caso in cui si provveda a dare adeguata e chiara informazione ai consumatori e tali sconti siano applicati in favore di tutti gli acquirenti (condotta, quest’ultima, nel caso di specie non riscontrata).

6. Anche la seconda doglianza è destituita di fondamento e va respinta.

Si osserva, infatti, che, nel caso di specie, non si versa affatto in una ipotesi di motivazione assente o contraddittoria od illogica, siccome la decisione impugnata risulta basata sulla valutazione delle prove emerse a carico del ricorrente (anche “per relationem”) e sulla ravvisata configurazione degli illeciti disciplinari a lui contestati (v. pagg. 6 e 7). In particolare, la Commissione centrale ha dato atto del raggiunto convincimento sulla sussistenza degli addebiti contestati al ricorrente, confermando che il Consiglio dell’Ordine aveva specificamente indicato le fonti di prova su cui aveva basato il giudizio di responsabilità del Dott. P., consistite in dichiarazioni di altri farmacisti e di clienti nonchè negli eseguiti accertamenti di polizia giudiziaria, non potendosi, ovviamente, richiedere nella presente sede di legittimità una rivalutazione del materiale probatorio, spettando la selezione dei riscontri probatori maggiormente idonei a far emergere la responsabilità disciplinare di un professionista all’organo competente al competente organo deliberante.

Del resto, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 4160/1999 e Cass. n. 12999/2006) ha chiarito che il ricorso per cassazione avverso le decisioni della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie s’inquadra, quando con l’impugnazione non siano fatti valere motivi attinenti alla giurisdizione, in quello indicato dall’art. 111 Cost., comma 2. Pertanto, in tale ipotesi, esso è consentito solo per violazione di legge, nella quale può ricomprendersi anche il profilo della inesistenza o mera apparenza della motivazione, mentre la verifica della sufficienza e della razionalità della stessa resta estranea al controllo della Cassazione. Di conseguenza, poichè nella fattispecie ci si trova, in realtà, in presenza di una contestazione circa l’adeguatezza della motivazione della decisione impugnata, il motivo non può considerarsi propriamente deducibile in sede di legittimità.

7. Anche il terzo motivo non coglie nel segno e va, perciò, rigettato.

Si deve, infatti, rimarcare che con la deliberazione del 4 agosto 2017 non sia stata, in effetti, esercitata per la prima volta l’azione disciplinare ma che, piuttosto, il relativo procedimento a carico del Dott. P. (mancando, peraltro, un provvedimento di chiusura a tal proposito) sia stato riattivato a seguito dell’intervenuta archiviazione intervenuta in sede penale il 6 luglio 2017 (i cui relativi pregressi accertamenti in sede penale e nell’attesa del relativo esito in tale sede avevano determinato l’ingresso in una fase di quiescenza del procedimento disciplinare), sul presupposto del rilievo comunque attribuibile sul piano disciplinare alle condotte poste in essere dal citato professionista.

Occorre, altresì, rimarcare che, in materia di procedimento disciplinare, il ritardo – pur se notevole – nell’adozione del provvedimento conclusivo non determina l’estinzione del potere sanzionatorio dell’Ordine professionale (cfr. Cass. n. 9704/2003), precisandosi, inoltre, che in tema di procedimento disciplinare specificamente instaurato a carico di esercenti le professioni sanitarie, il termine quinquennale di prescrizione, cui è soggetta l’azione disciplinare, decorre dalla commissione dell’illecito, ma è interrotto dall’eventuale avvio di procedimento penale a carico dell’incolpato (non rilevando la successiva eventuale archiviazione dello stesso procedimento penale, come verificatosi nel caso di specie, pur riprendendo a decorrere il termine di prescrizione dall’ufficialità dell’archiviazione medesima).

8. Il quarto ed ultimo motivo è manifestamente infondato avendo la Commissione disciplinare valutato la rilevanza delle condotte ascritte al ricorrente, ravvisando l’adeguatezza e la proporzionalità della sanzione irrogata, peraltro ridotta nella sua durata, non assumendo alcun rilievo al riguardo la possibile comparazione con i precedenti riguardanti altri farmacisti, in virtù della gravità degli illeciti ascritti al Dott. P. e, soprattutto, della loro reiterazione nel tempo.

9. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti che, tenuto conto delle rispettive attività processuali svolte, si liquidano nei termini di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento dei compensi in favore del Ministero della Salute, liquidati in Euro 2.100,00, oltre eventuali spese prenotate a debito, nonchè alla rifusione delle spese in favore dell’Ordine Interprovinciale dei Farmacisti di Bari e Barletta – Andria – Trani, quantificate in Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre iva, cap e contributo forfettario nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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