Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25570 del 27/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/10/2017, (ud. 14/06/2017, dep.27/10/2017),  n. 25570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Stella – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27929-2012 proposto da:

EDILCONSULT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo

studio dell’avvocato PAOLO FIORILLI, rappresentato e difeso dagli

avvocati MARCO MICCINESI, FRANCESCO PISTOLESI giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

VIAREGGIO PATRIMONIO SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 388/2011 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 18/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALLENA per delega dell’Avvocato

MICCINESI che ha chiesto l’accoglimento.

Fatto

IN FATTO

La Edilconsult s.r.l. impugnava gli avvisi di accertamento e di liquidazione della maggiore imposta comunale sugli immobili (ICI), emessi dalla Viareggio Patrimonio s.r.l., per gli anni di imposta 2002, 2003 e 2004, sostenendo, tra l’altro, che si trattava di fabbricati, quelli assoggettati all’imposizione, oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia, e per un fabbricato, sottoposto a vincolo storico e paesaggistico, che il contrasto riguardava il computo dei vani rilevanti per l’applicazione della tariffa d’estimo, ed ancora, che la valutazione dei cespiti, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6, era oggetto di controversia proprio in ragione dei differenti criteri di stima ritenuti in concreto applicabili.

Il ricorso in primo grado veniva accolto, ma in secondo grado la decisione della CTP di Lucca era riformata, a seguito dell’appello del Concessionario del Comune di Viareggio, sul rilievo che l’ente impositore aveva ampiamente motivato l’accertamento, con riferimento ai parametri di elaborazione comunale non adeguatamente contrastati dalla contribuente, parametri che, secondo la giurisprudenza di legittimità, costituiscono valido punto di riferimento, non potendosi all’uopo valorizzare le risultanze di una mera consulenza di parte.

La contribuente impugna la sentenza n. 388/1/11, depositata il 18/10/2011, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, mentre il Concessionario non ha svolto attività difensiva.

Diritto

IN DIRITTO

La società ricorrente deduce, con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, artt. 1, comma 162, e L. n. 212 del 2000, art. 7 in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, giacchè la CTR non ha considerato che gli avvisi impugnati erano privi di motivazione, non essendo stati esplicitati i parametri comparativi in base ai quali veniva determinato il valore di comune commercio dei fabbricati, individuato scorporando dal rilevato valore degli stessi quello imputabile all’area di sedime, attraverso l’applicazione di una adeguata percentuale di incidenza.

Deduce, con i secondo motivo, violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 5 e 6, in relazione all’art. 2697 c.c., in quanto la decisione impugnata risulta assunta in contrasto con il principio di ripartizione dell’onere della prova, giacchè la CTR ha ritenuto che il Concessionario avesse adempiuto alla propria funzione di accertamento, con considerazioni specifiche e riferite a ciascun immobile soggetto ad imposizione, senza considerare che è stata omessa l’indicazione degli elementi di fatto sui quali si fonda l’individuazione di un determinato valore immobiliare, giustificativi del quantum accertato nell’ambito dei parametri prescelti.

Deduce, con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa o comunque insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo del giudizio, attinente al valore venale degli immobili per cui è causa, risultando la decisione sorretta da una motivazione meramente apparente, che non consente di comprendere l’iter logico seguito del Giudice di appello.

Deduce, con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., giacchè la CTR non ha preso in esame la questione, oggetto di specifico motivo di gravame, concernente la sottoscrizione apposta sugli avvisi di accertamento notificati alla società contribuente da persona, il dott. R.M., privo di poteri rappresentativi, circostanza riscontrabile dalla visura camerale della Viareggio Patrimonio s.r.l. prodotta in giudizio.

Deduce, con il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, in quanto ove anche si intendesse implicito il rigetto della sopraindicata censura, ciò non di meno la decisione si appaleserebbe erronea incombendo sull’Amministrazione, in caso di contestazione, la prova del potere sostitutivo esercitato dal sottoscrittore dell’atto impositivo.

Il primo motivo di impugnazione va disatteso perchè inammissibile.

Anzitutto, il ricorso per cassazione deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli elementi necessari al Giudice di legittimità per provvedere al diretto controllo dell’atto contestato, mentre del testo degli avvisi di accertamento risultano riportati solo alcuni stralci che non consentono alla Corte una compiuta valutazione della congruità della motivazione (Cass. n. 2191/2011; n. 14094/2010).

Inoltre, la censura anzichè confrontarsi con l’apparato motivazionale della sentenza impugnata, si diffonde piuttosto sulla motivazione dell’avviso di accertamento, senza operare il controllo critico su correttezza, portata probatoria e coerenza logica e giuridica degli elementi addotti del giudicante a sostegno della decisione, che costituiscono oggetto dell’esame demandato al giudice di legittimità.

Palesemente infondato è il secondo motivo di impugnazione.

L’accertamento operato dal Concessionario è stato ritenuto dalla CTR adeguatamente motivato, sul rilievo che le argomentazioni sono riferite “a ciascuno degli immobili” ed “a quei parametri di elaborazione comunale” che rappresentano, in difetto di prova contraria, “un valido punto di riferimento”, trattandosi di elementi idonei ad assicurare la conoscenza della pretesa fiscale e l’esercizio del diritto di difesa, con l’uso della normale diligenza.

E questa Corte, in tema di imposta comunale sugli immobili, ha avuto modo di precisare che ” è legittimo l’avviso di accertamento emanato sulla base di un regolamento del consiglio comunale che, in forza del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 52 e 59, e del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 48 abbia indicato periodicamente i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in comune commercio, trattandosi di atto che ha il fine di delimitare il potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato e, pur non avendo natura imperativa, integra una fonte di presunzioni idonea a costituire, anche con portata retroattiva, un indice di valutazione per l’Amministrazione ed il giudice, con funzione analoga agli studi d settore” (Cass. n. 5068/2015 e n. 22254/2016, quest’ultima in relazione alla c.d. determina sui valore delle aree edificabili in caso di potere di accertamento e di stima demandato al Concessionario).

Non v’è dubbio che in forza dell’ordinario criterio di distribuzione dell’onere della prova, se il contribuente asserisce di aver dichiarato, in sede di denunzia del cespite ai fini un valore inferiore a quello assunto dall’ente impositore come base imponibile, incombe su quest’ultimo, in quanto destinatario della denunzia medesima, di fornire a prova del valore del bene effettivamente dichiarato, ma nel caso in esame risulta censurata, a ben vedere, non già l’inversione dell’onere probatorio suddetto vizio comunque insussistente – quanto piuttosto la duplice affermazione del Giudice di appello secondo cui la “perizia di parte” prodotta in giudizio dalla contribuente non assume, al fini qui considerati, neppure valore indiziario a supporto della dedotta “inattendibilità delle tesi dell’ente impositore”, che viceversa attiene all’onere della prova che grava sul contribuente.

Merita, invece, di accolto il terzo motivo d’impugnazione, il quale investe, sotto il profilo del vizio motivazionale, la determinazione del valore venale degli immobili per cui è causa.

Vero è, infatti, che le specifiche contestazioni della contribuente circa i valori accertati dalla Viareggio Patrimonio s.r.l., avuto riguardo ad “età, ubicazione, indice di edificabilità, destinazione, eventuali oneri per lavori di adattamento e… prezzi medi rilevati sul mercato per la vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”, trattandosi di immobili – quelli per cui è causa – per la maggior parte “ex pensioni-albergo, di categoria catastale D, chiuse e in stato di abbandono e di degrado giacchè non più a norma con le vigenti leggi sulla sicurezza degli impianti nonchè per questioni di carattere igienico-sanitario sottoposte a controllo dell’USL”, non possono essere sbrigativamente qualificate, come ha fatto il Giudice di appello, “mere asserzioni non potendo assumere valore indiziario una mera perizia di parte”, in quanto l’onere, spettante al contribuente, di fornire elementi oggettivi sul minor valore dei cespiti soggetti ad imposta rispetto a quello accertato dall’Ufficio può essere eventualmente assolto anche a mezzo di una perizia di parte, e la motivazione censurata, oltremodo stringata, risulta inidonea a far intendere le ragioni in forza delle quali il maggiore importo richiesto a titolo di ICI sia comunque da ritenersi congruo.

Fondato è, infine, il quarto motivo di impugnazione, con assorbimento del quinto, in quanto manca nella impugnata sentenza una statuizione del giudice, ancorchè implicita, circa il dedotto difetto di poteri rappresentativi in capo al funzionario che sottoscrisse gii avvisi di accertamento, avuto riguardo alle risultanze della visura camerale prodotta in giudizio, le quali escluderebbero la titolarità di cariche “abilitanti a rappresentare la Viareggio patrimonio s.r.l.”.

La totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto integra senz’altro gli estremi del denunciato vizio di omessa pronuncia dei giudice di appello.

Il ricorso, in conclusione, merita di essere accolto e, in relazione alle censure di cui al terzo ed ai quarto motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla medesima CTR, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE, accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbito il quinto, rigetta i primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, anche per le liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017

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