Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25569 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. III, 30/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22920/2009 proposto da:

D.C.D. (OMISSIS), T.M.D.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE

87, presso lo studio dell’avvocato ANTONUCCI Arturo, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VASSALLE ROBERTO giusta

delega in atti;

– ricorrenti –

contro

ITALFONDIARIO S.P.A. (OMISSIS) nella sua qualità di procuratore

della SPV-IEFFE DUE S.R.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 28, presso lo studio dell’avvocato PAVONI

Domenico, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 684/2009 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 12/06/2009, R.G.N. 755/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/10/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato ARTURO ANTONUCCI;

udito l’Avvocato DOMENICO PAVONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 19 giugno 2004 D.C.D. e T.M. D. proposero opposizione avverso l’esecuzione immobiliare intrapresa nei loro confronti, innanzi al Tribunale di La Spezia, dal Monte dei Paschi di Siena con pignoramento notificato il 19 settembre 1991 e trascritto il 2 ottobre successivo, esecuzione nella quale era intervenuta SPV – Ieffe Due s.r.l., quale cessionaria del credito esecutivamente azionato.

Eccepirono gli opponenti che il contratto di mutuo fondiario posto a base dell’esecuzione non poteva costituire titolo esecutivo, in quanto lo stesso non documentava l’erogazione di alcuna somma, ma solo il rilascio di un mandato emesso sulla propria cassa, contenente l’ordine di versare ad essa parte mutuataria la somma di L. 200.000.000.

Resistette l’opposta SPV – Ieffe Due s.r.l., costituita a mezzo del suo procuratore, Italfondiario s.p.a..

Con sentenza del 15 febbraio 2006 il giudice adito rigettò l’opposizione.

Proposto gravame dai soccombenti, la Corte d’appello di Genova, in data 12 giugno 2009, lo ha respinto.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorrono D.C.D. e T.M.D., formulando due motivi.

Resiste con controricorso Italfondiario s.p.a., nella sua qualità di procuratore di SPV-Ieffe Due s.r.l..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Con il primo motivo di ricorso gli impugnanti denunciano violazione dell’art. 1813 cod. civ. e art. 474 cod. proc. civ., n. 3.

Ribadito che il contratto definitivo del 29 luglio 1987, ancorchè intitolato atto di erogazione e quietanza finale di mutuo fondiario, non attestava la consegna della somma mutuata, ma solo di un mandato emesso sulla propria cassa, contenente l’ordine di versare ad essa parte mutuataria la somma di L. 200.000.000, ne ribadiscono l’inidoneità ad assumere valore di titolo esecutivo. Erroneamente la Curia territoriale avrebbe, in particolare, valorizzato la quietanza rilasciata nel medesimo contratto, da avere un unico e medesimo effetto con quella che (la parte mutuataria) rilascerà al cassiere della sezione mutuante, al momento dell’effettiva erogazione del prestito, in quanto atto di riconoscimento della disponibilità giuridica della somma mutuata. Tale previsione evidenziava piuttosto, al di là di ogni ragionevole dubbio, che solo in un momento successivo il mutuante avrebbe, nei fatti, conseguito la somma.

1.2 Con il secondo mezzo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 342 cod. proc. civ., comma 1.

Le critiche si appuntano contro l’assunto del giudice del gravame secondo cui gli appellanti non avrebbero censurato la ritenuta sufficienza dei contratti ricognitivi ai fini del promovimento dell’azione esecutiva, così incorrendo in un profilo di inammissibilità dell’impugnazione per carenza di specificità dei motivi, ex art. 342 cod. proc. civ., comma 1.

Sostengono che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, essi avevano contestato tale conclusione, in quanto contraria sia al contenuto dei documenti richiamati ed azionati esecutivamente, sia al dettato normativo e all’elaborazione giurisprudenziale formatasi in materia di natura e perfezionamento del contratto di mutuo.

2 Il primo motivo di ricorso è infondato.

Non è certamente qui in discussione la realità del contratto di mutuo, che si perfeziona con la consegna della cosa mutuata, nè che presupposto del processo di esecuzione civile è l’esistenza di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile (confr.

Cass. sez. un. 27 luglio 2011, n. 16390). Quel che il collegio ritiene di non poter condividere è piuttosto l’assunto del ricorrente secondo cui il contratto concluso tra le parti, non accompagnato dalla traditio del denaro, non sia qualificabile come contratto di mutuo: di talchè, in mancanza di un passaggio fisico di quel denaro, esso non determinerebbe l’insorgere di alcun obbligo di restituzione e, non potrebbe, conseguentemente, valere come titolo esecutivo.

Non par dubbio infatti che la valorizzazione, in siffatta chiave, dell’ordine di versare un determinato importo, come fatto irriducibilmente diverso dal versamento dello stesso, appare capziosa e inappagante, in un contesto in cui è fuori discussione che la somma di L. 200.000.000 fu poi effettivamente erogata, e in un sistema di rapporti economici caratterizzato dal crescente ricorso alla dematerializzazione dei valori mobiliari e dalla loro sostituzione con mere annotazioni contabili.

Non a caso questa Corte ha, a più riprese, ribadito, che il mutuo ben può perfezionarsi anche con il conseguimento della disponibilità giuridica della cosa, piuttosto che con la sua consegna in natura, ritenendo conseguentemente realizzata la tradito rei anche attraverso la consegna di un assegno, come un circolare interno, intestato alla parte mutuataria, che abbia dichiarato di accettarlo quale “denaro contante”, rilasciandone quietanza a saldo (confr. Cass. civ. 3 gennaio 2011, n. 14; Cass. civ. 21 febbraio 2001, n. 2483).

Ne deriva che, contrariamente all’assunto dell’impugnante, il predetto ordine si presta ragionevolmente a essere apprezzato come corresponsione tout court delle somme mutuate dall’ordinante (tradens), all’ordinatario (accipiens).

In definitiva, il convincimento del giudice di merito in ordine alla idoneità del mandato emesso sulla propria cassa, dall’Istituto mutuante, ad attribuire alla controparte, beneficiarla dell’ordine di versamento, la disponibilità giuridica della somma di L. 200.000.000, è conforme ai principi giuridici che governano la materia, oltre che a un’interpretazione, secondo buona fede, del contratto (art. 1366 cod. civ.), di talchè le censure svolte nel primo motivo di ricorso, sono prive di pregio.

Resta assorbito l’esame del secondo motivo.

Il ricorso è respinto.

La difficoltà delle questioni induce il collegio a compensare integralmente le spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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