Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25568 del 13/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 13/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep.13/12/2016),  n. 25568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 158/2015 proposto da:

M.A., M.R., M.M., elettivamente

domiciliati in Roma, viale Angelico, 78, presso lo studio

dell’avvocato Alessandro Ferrara, rappresentati e difesi, per

procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati Biagio Lauri

e Carmine Lauri;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, depositato il 15

luglio 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5

ottobre 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso depositato il 23 aprile 2010 presso la Corte d’appello di Roma, M.M., M.A. e M.R. chiedevano la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001, lamentando la irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al Tribunale di Torre Annunziata il 12 giugno 1989, deciso in primo grado con sentenza depositata il 13 febbraio 2004 e in appello con sentenza depositata il 26 maggio 2009;

che l’adita Corte d’appello, ritenuto che il giudizio presupposto si fosse concluso in una decina di anni e determinato in 500,00 Euro per anno il criterio di indennizzo, liquidava in favore di ciascuno dei ricorrenti la somma di Euro 2.500,00, oltre interessi dalla domanda e alle spese del procedimento, compensate per metà;

che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto ricorso sulla base di due motivi;

che l’intimato Ministero non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6, par. 1, della CEDU, dolendosi che la Corte d’appello, pur avendo riferito che il giudizio presupposto ha avuto inizio nel giugno 1989, ha poi erroneamente determinato la durata complessiva dello stesso in dieci anni;

che con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, par. 1 e art. 41 della CEDU, della L. n. 89 del 2001, art. 2, deducono la inadeguatezza della somma liquidata per anno di ritardo, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, avrebbe dovuto essere commisurata a 1.000,00 – 1.500,00 Euro per anno;

che il primo motivo è fondato, risultando all’evidenza che la Corte d’appello, pur dando atto che il giudizio presupposto era iniziato il 12 giugno 1989 e si era concluso con sentenza di appello del maggio 2009, ha poi determinato la durata irragionevole in cinque anni e non in quindici anni, essendo non contestata la determinazione della durata ragionevole in tre anni per il primo grado e in due anni per il grado di appello;

che il secondo motivo è infondato, atteso che la Corte d’appello ha motivato la adozione di un criterio di indennizzo di per sè non irragionevole con riferimento alla posta in gioco nel giudizio presupposto;

che, nello specifico, la Corte territoriale ha adeguatamente valutato il processo nel quale si è verificata la violazione, e attraverso l’applicazione di un moltiplicatore annuo (Euro 500,00) comunque ricompreso nel campo di variazione elaborato dalla giurisprudenza di questo S.C. nel rispetto dei precedenti della Corte EDU, ha compensato il danno morale da ritardo con una somma congrua in rapporto alla posta in gioco (vedi, in tal senso, Cass. n. 22385 del 2015);

che, dunque, in accoglimento del primo motivo il decreto impugnato deve essere cassato;

che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo contestata la durata irragionevole indennizzabile ed essendo stato rigettato il motivo di ricorso relativo al criterio di indennizzo;

che, quindi, accertato un ritardo di quindici anni, il Ministero della giustizia deve essere condannato al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma di Euro 7.500,00, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al soddisfo;

che il Ministero deve essere altresì condannato al pagamento delle spese del giudizio di primo grado e di quelle del giudizio di cassazione, nella misura liquidata in dispositivo;

che le spese del giudizio di merito vanno distratte in favore del difensore antistatario, come già disposto dal decreto impugnato, mentre quelle del giudizio di cassazione vanno distratte in favore dell’Avvocato Biagio Lauri, dichiaratosi antistatario.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo; cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma di Euro 7.500,00, oltre agli interessi legali dalla data della domanda al soddisfo; condanna altresì il Ministero al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi, oltre spese forfetarie e accessori di legge, ferma la già disposta distrazione in favore del difensore antistatario, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 800,00 per compensi, oltre spese forfetarie e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’Avvocato Biagio Lauri, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2016

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