Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25563 del 30/11/2011
Cassazione civile sez. III, 30/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25563
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – rel. Consigliere –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 647/2007 proposto da:
A.A., (OMISSIS), considerato domiciliato in
ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e difeso
dagli Avvocati RICCIO Gianfranco, GALLAI GIANFRANCO giusta delega in
atti;
– ricorrente –
contro
O.M., (OMISSIS), considerato domiciliato in ROMA,
presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e difeso dagli
Avvocati SCORSONE Vincenzo, MERLINI MASSIMO giusta delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1691/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 10/11/2005; R.G.N. 487/A/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/10/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;
udito l’Avvocato MARIA TROPIANO per delega Avvocato GIANFRANCO
GALLAI;
udito l’Avvocato MASSIMO MERLINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 10 novembre 2005 ha confermato la sentenza del Tribunale di Arezzo n. 258 del 2002 che aveva respinto la domanda di A.A. proposta nei confronti di O.M., in relazione alla attività svolta da A. in occasione della venduta della azienda agricola detta Il Pino, in quel di (OMISSIS) PER LA SOMMA DI 750 MILIONI. A. sosteneva di avere svolto attività di mediazioni e che O. si era accollato l’obbligo di pagare la provvigione di 30 milioni.
I giudici dei riesame valutate le prove anche orali hanno invece rigettato la domanda qualificando la attività svolta da A. quale attività di mera assistenza tecnica e rilevavano che essendo la pretesa circoscritta al credito da mediazione, non poteva, per il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il giudicato, accordarsi il credito sotto diverso titolo di garanzia o di accollo.
Contro la decisione ricorre A. deducendo unico motivo di censura, resiste la controparte con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non merita accoglimento.
Nell’unico motivo il ricorrente sostiene che “la pronuncia emessa dalla Corte di appello risulta censurabile ai sensi dello art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto la stessa è affetta da un vizio di omessa e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia quale quello relativo alla errata individuazione della causa petendi posta a fondamento della domanda dedotta in giudizio dal ricorrente”.
La tesi, svolta dal ricorrente, anche con riferimento allo atto di citazione, che non viene riprodotto, è la seguente: “questa difesa, anche se ha ritenuto corretto ricondurre la attività dello A. allo istituto della mediazione, non ha mai escluso che potesse essere ricondotta ad altro ed ha sempre precisato che l’ O., comunque si qualifichi tale attività, aveva assunto lo impegno a provvedere a corrispondergli un compenso”.
In senso contrario si osserva come il vizio della motivazione, nella sua formulazione, si risolve nella richiesta di un riesame del merito con la modifica della causa petendi proposta nei due gradi del giudizio come linea di una specifica difesa in ordine alla quale si è svolto il contraddittorio tra le parti. In tal senso esso è inammissibile in quanto incide sul merito della causa e sulla qualificazione della domanda, non denunciando errori di logica giuridica che incidono sulla qualificazione della fattispecie e come tali di decisiva rilevanza. La motivazione della Corte di appello risulta dunque congrua, corretta ed esaustiva.
Non senza rilevare la infondatezza del ricorso, posto che la censura non contesta la chiara ratio decidendi espressa dalla Corte a ff 4 della motivazione dove si conclude, attraverso la analisi delle prove, che la attività dello A. era qualificabile in termini di mera assistenza tecnica in favore della venditrice, contraddicendo la pretesa di avere invece svolto una onerosa attività di mediazione.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, in favore del controricorrente, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna A.A. a rifondere ad O.M. le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori e spese generali come per legge.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011