Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25561 del 27/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/10/2017, (ud. 01/03/2017, dep.27/10/2017),  n. 25561

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

N.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA OTTAVIANO 42,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO LO GIUDICE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MICHELE DI FIORE giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 205/2012 della COMM. TRIB. REG. della Campania

depositata il 02/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/03/2017 dal Consigliere Dott. LA TORRE Maria Enza;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’avvocato CASELLI che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’avvocato DAMASCELLI per delega

dell’Avvocato DI FIORE che si riporta agli atti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Campania, n. 205/52/12 dep. il 2.11.2012, che su impugnazione di avviso di accertamento induttivo del reddito (D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, lett. a) ai fini Irpef, anno 2004) derivante da mancata dichiarazione di plusvalenza da cessione di licenza di taxi unitamente all’autoveicolo da parte di N.G., ha rigettato l’appello dell’Ufficio (confermando la decisione della CTP cha aveva accolto il ricorso ritenendo non provato il valore accertato).

La C.T.R. ha ritenuto insussistente il presupposto dell’accertamento, essendo il N. dipendente e socio retribuito della coop. taxi Vulcano a r.l., come da CUD 2005, e ne ha dichiarato la nullità in quanto: “1) non sussiste la qualifica di impresa per l’attività di tassista; 2) non sussiste la cessione di azienda e la percezione di avviamento con il trasferimento della licenza; 3) l’accertamento della presunta plusvalenza non è fondato su valori di riferimento con precisa individuazione delle fonti e con allegazioni all’accertamento stesso”.

N.G. si costituisce con controricorso e deposita successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia deduce violazione di legge (art. 2555 c.c.; art. 86, comma 1, TUIR; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis; L. n. 21 del 1992, artt. 6,5,7 e 9), configurandosi la cessione di licenza taxi, contrariamente a quanto statuito dalla C.T.R., come cessione di azienda, con la conseguenza che il cedente deve presentare la dichiarazione dei redditi indicando la plusvalenza realizzata ex art. 86 TUIR, in mancanza della quale l’Agenzia può determinare il reddito conseguito e non dichiarato in base al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis con facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità precisione e concordanza.

2. Il motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata si basa su due rationes decidendi, la prima relativa alla inapplicabilità della disciplina della cessione di azienda, essendo il contribuente socio della cooperativa taxi; la seconda sulla mancata prova della plusvalenza, in quanto non fondata “su valori di riferimento con precisa individuazione delle fonti e con allegazioni all’accertamento stesso”. L’Agenzia ricorrente ha impugnato solo la prima delle indicate rationes decidendi, omettendo qualsiasi censura sulla seconda che, in quanto idonea a sorreggere autonomamente la decisione, determina l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata. Difetta pertanto l’interesse dell’Agenzia delle entrate all’esame di un motivo di ricorso il cui eventuale accoglimento non potrebbe in ogni caso condurre alla cassazione della sentenza gravata (cfr. S.U. n. 7931 del 29/03/2013; Cass. n. 22753 del 03/11/2011).

Il ricorso va conseguentemente disatteso, perchè il suo unico motivo è inammissibile per carenza di interesse, in quanto attinge soltanto la prima ratio decidendi posta dal giudice territoriale a fondamento della propria decisione.

Le spese sono poste a carico dell’Agenzia delle entrate, e liquidate come in dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.800,00 oltre spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017

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