Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25558 del 12/10/2018

Cassazione civile sez. I, 12/10/2018, (ud. 12/07/2018, dep. 12/10/2018), n.25558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n.r.g. 16095/2013 proposto da:

P.G., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso da se

medesimo e, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso,

dall’Avvocato Francesco Amerigo Cirri Sepe Quarta, presso il cui

studio elettivamente domicilia in Roma, alla via Lima n. 41;

– ricorrente –

contro

BANCA MONTE PASCHI DI SIENA s.p.a., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede

in Siena, alla Piazza Salimbeni n. 3, quale incorporante per fusione

la Banca Antonveneta s.p.a., in persona del Responsabile Ufficio

Credito e Legale dell’Area Territoriale Centro e Sardegna,

Pe.Po., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in

calce al controricorso, dall’Avvocato Mario Fiandanese, presso il

cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla via Attilio

Friggeri n. 82;

– controricorrente –

e

UNICREDIT s.p.a., (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in

persona della procuratrice speciale Avv. Sabrina Giuliani,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine

del controricorso, dall’Avvocato Federico Catricalà, presso il cui

studio elettivamente domicilia in Roma, alla via Vincenzo Tangorra

n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI ROMA depositata il

10/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/07/2018 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. L’Avv. P.G. ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, resistiti dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (incorporante per fusione la Banca Antonveneta s.p.a., già Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a.) e dalla Unicredit s.p.a., avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 10 maggio 2012, che, accogliendo parzialmente il gravame della Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. contro la decisione del tribunale di quella stessa città n. 5246/2005, condannò il P. al pagamento, in suo favore, di Euro 15.493,71, oltre interessi dalla domanda al saldo e spese del doppio grado, confermandola per il resto, e ponendo a carico dell’appellante le spese ivi sostenute dalla Unicredit s.p.a.. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..

1.1. Per quanto qui di specifico interesse, quella corte: 1) qualificò – diversamente dal tribunale che l’aveva ritenuta L. Fall., ex art. 44 come azione ex art. 2033 c.c. quella originariamente proposta dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a. (poi incorporata da Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a.) contro il P. e la Banca di Roma s.p.a. (poi divenuta, giusta varie operazioni di fusione per incorporazione, Unicredit s.p.a.), volta ad ottenere la restituzione di quanto da essa corrisposto al P., il quale aveva incassato, presso la Banca di Roma s.p.a., due assegni circolari dalla prima emessi, in esecuzione di un’intervenuta transazione con la beneficiaria, in favore della (OMISSIS) s.n.c. dopo il dichiarato fallimento di quest’ultima e del suo legale rappresentante D.E., che, a sua volta, aveva girato quegli assegni al P.; 2) affermò che, avendo la Banca Nazionale dell’Agricoltura successivamente versato quella somma (ricompresa nel più cospicuo importo di cui alla suddetta transazione) anche alla curatela fallimentare L. Fall., ex art. 44, il P. doveva ritenersi tenuto a restituire quanto incassato.

2. I formulati motivi prospettano, rispettivamente:

1) “Nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione degli artt. 112 e 183 c.p.c.”, censurandosi la decisione impugnata nella parte in cui aveva inteso qualificare come proposta ex art. 2033 c.c. l’azione originariamente intrapresa dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a., benchè nella citazione introduttiva non si facesse alcun riferimento, esplicito o implicito, alla citata norma, e la successiva precisazione, nei termini predetti, contenuta nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5, della medesima banca doveva, in realtà, considerarsi come inammissibile proposizione di domanda nuova sulla quale l’odierno ricorrente aveva immediatamente dichiarato di non accettare il contraddittorio;

2) “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., L. Fall., art. 44, del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 82 e 83 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si rappresenta che, come si desume dal R.D. n. 1736 del 1933, artt. 82 e 83 l’assegno circolare è una promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata, all’ordine della persona indicata come prenditore, e che la banca che lo emette adempie un’obbligazione di provvista nei confronti del richiedente, non necessariamente coincidente con la persona indicata come prenditore, assumendo un’obbligazione cambiaria nei confronti di chiunque risulterà legittimo portatore del titolo. Ma se l’adempimento dell’obbligazione di provvista rientra nell’ambito di applicazione della L. Fall., art. 44, ove il richiedente sia fallito, invece, l’assunzione dell’obbligazione cambiaria, da parte della banca emittente, non è di per sè un atto del fallito, inefficace L. Fall., ex art. 44, comma 1, nè il pagamento di un credito del fallito, che sarebbe inefficace giusta il comma 2 medesima disposizione. Relativamente inefficaci potrebbero essere tutti gli atti che determinano la circolazione del titolo cartolare, se compiuti in pagamento di un credito o di un debito del fallito, e, nel caso in esame, potrebbero risultare inefficaci l’adempimento dell’obbligazione di provvista nei confronti del soggetto poi dichiarato fallito e la successiva girata del titolo da parte di quest’ultimo. Nondimeno, tale inefficacia può essere fatta valere solo dalla curatela fallimentare, perchè l’inefficacia, benchè operante erga omnes, è relativa solo ai creditori concorsuali, e non dalla Banca, la quale è priva di legittimazione ad agire;

3) “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., L. Fall., art. 44, del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 44, del R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669, artt. 20 e 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, criticandosi la decisione impugnata laddove aveva affermato che il pagamento dei due assegni circolari emessi il 9 luglio 1996 ed incassati dal P. non era dovuto perchè il beneficiario girante ( D.E.) era stato dichiarato fallito, con conseguente inefficacia della sua girata. Sennonchè, ai sensi del R.D. n. 1669 del 1933, art. 7 applicabile all’assegno per effetto del richiamo ad esso contenuto nel R.D. n. 1736 del 1933, art. 46 l’incapacità del D. non avrebbe escluso la validità dell’obbligazione cambiaria assunta dalla Banca con l’emissione del titolo, sicchè il P. avrebbe avuto diritto all’incasso del titolo in ragione della continuità formale delle girate.

3. Rileva preliminarmente il Collegio che nessuna specifica censura è stata mossa dal ricorrente avverso la statuizione, contenuta nella sentenza impugnata, di rigetto della domanda proposta dalla originaria parte attrice nei confronti della Banca di Roma s.p.a., poi divenuta Unicredit s.p.a.. Le doglianze del P., infatti, sono rivolte esclusivamente contro la condanna a lui inflitta dalla corte distrettuale. In parte qua, dunque, quella sentenza deve ormai considerarsi passata in giudicato.

4. Fermo quanto precede, il primo motivo è infondato.

4.1. Giova premettere che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume – come nella specie – che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 c.p.c.), trattandosi, in tal caso, della denuncia di un error in procedendo che attribuisce alla Corte di cassazione il p.-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (cfr. Cass. n. 25259 del 2017; Cass. 21421 del 2014; Cass. n. 17109 del 2009; Cass. n. 7198 del 2003; Cass. n. 11755 del 2004, n. Cass. n. 29641 del 2008).

4.2. Venendo, allora, all’esame della censura, si osserva che la corte territoriale ebbe ad accogliere il motivo di gravame della Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. (incorporante per fusione la Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a.) volto a criticare la decisione del giudice di prime cure per aver ritenuto che la Banca attrice avesse esercitato l’azione ai sensi della L. Fall., art. 44, in luogo che ex art. 2033 c.c. come da quest’ultima precisato nella sua memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5.

4.2.1. In particolare, si legge nella sentenza impugnata (cfr. pag. 4-5) che “Con l’originaria citazione di primo grado…, la Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a. chiedeva condannarsi i convenuti Banca di Roma e P.G. a rifonderle la somma di Lire 30.000.000. Quindi l’incorporante Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. depositava… memoria ai sensi dell’art. 183 c.p.c….. In questa memoria, l’attrice affermava di avere versato alla curatela fallimentare la somma di Lire 750.000.000, che aveva corrisposto a mezzo di assegni circolari – tra cui gli assegni di Lire 15.000.000 ciascuno – ad A.E. e D.E., e che, di conseguenza, aveva diritto di ripetere a titolo di indebito da P.G. la somma di Lire 30.000.000 da questo incassata. La domanda rimane, pertanto, qualificata quale ripetizione di indebito, per la considerazione che la Banca attrice pone a fondamento della richiesta di condanna il fatto di avere versato alla curatela fallimentare la somma di Lire 30.000.000, che pure aveva corrisposto indebitamente a P.G., il quale, come giratario, aveva negoziato i due assegni circolari emessi dalla Banca attrice in favore di soggetti dichiarati falliti…. Che quanto sostenuto dalla Banca Antoniana con la memoria ex art. 183 c.p.c., in ordine alla deduzione del fatto costitutivo di indebito, costituisce non allegazione di domanda nuova, bensì precisazione – alla stregua del comma quinto del suddetto articolo – di domanda già proposta, deriva sia dal fatto che la Banca Nazionale dell’Agricoltura aveva dedotto con la citazione introduttiva (pag. 8) che aveva versato al Fallimento Lire 750.000.000, sia dal fatto che aveva prodotto davanti al Tribunale, insieme alla citazione notificata… l’atto con cui il curatore del Fallimento della s.n.c. (OMISSIS)… aveva comunicato al Tribunale Fallimentare che la Banca Nazionale dell’Agricoltura aveva versato su un libretto di risparmio intestato al Fallimento la somma di Lire 750.000.000; in calce vi era il provvedimento del Giudice delegato del 10.3.1998 per il parere del comitato dei creditori, e con provvedimento del 18.3.1998, anch’esso prodotto con la citazione, il Tribunale aveva autorizzato il curatore a transigere la lite con B.N.A.. A tali atti la Banca attrice faceva, dunque, riferimento ai fini della proposizione della domanda, con ciò intendendo dimostrare di aver pagato per due volte la suddetta somma di Lire 30.000.000. Di conseguenza, la domanda di condanna di P.G. alla rifusione della suddetta somma deve ritenersi proposta ai sensi dell’art. 2033 c.c…”.

4.3. L’esame della citazione introduttiva (il cui corrispondente tenore, per quanto di specifico interesse, è stato riportato, nell’odierno ricorso – cfr. pag. 5 e 6 – in ossequio alla previsione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, oltre ad essere desumibile dal controricorso della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.), doveroso in considerazione della natura della violazione prospettata, evidenzia come, effettivamente, la Banca attrice avesse domandato, ab origine, la restituzione della somma predetta (Lire 30.000.000), dopo aver ampiamente descritto che la stessa era parte del maggior importo (Lire 750.000.000) da essa corrisposto il 9 luglio 1996, tramite assegni circolari emessi dalla Banca Nazionale dell’Agricoltura, alla (OMISSIS) di E.D.& C. s.n.c., allorquando, però, quest’ultima ed il suo legale rappresentante D.E. erano già stati dichiarati falliti. La Banca, quindi, argomentando di essere stata tenuta a versare, nuovamente, alla Curatela fallimentare, giusta la previsione di cui alla L. Fall., art. 44, il medesimo complessivo importo, aveva chiesto la condanna del P. e della Banca di Roma (poi divenuto, per effetto di varie operazioni di incorporazione per fusione, Unicredit s.p.a.), rispettivamente giratario per l’incasso ed istituto dove tale incasso era effettivamente avvenuto, a rifondergli la predetta (minore) somma di Lire 30.000.000 portata da due assegni circolari girati dal D. al P..

4.3.1. Nella sua successiva memoria ex art. 183 c.p.c., poi, la Banca attrice aveva ribadito tali circostanze, aggiungendo che non era “revocabile in dubbio che la Banca istante ha diritto di ripetere dall’Avv. P., a titolo di indebito oggettivo, a mente dell’art. 2033 c.c., quanto ha corrisposto alla curatela fallimentare”.

4.4. Orbene, è noto che il vizio di ultra o extra petizione si verifica quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non ricorre, invece, tale violazione qualora il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una autonoma qualificazione giuridica dei fatti allegati, ad argomentazioni giuridiche diverse ed a differente valutazione delle prove, essendo il giudice libero di individuare l’esatta natura dell’azione, di porre alla base della pronuncia considerazioni di diritto diverse, di rilevare – indipendentemente dalla iniziativa della controparte – la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una pretesa della parte, attenendo ciò all’esatta applicazione della legge. In altri termini, quel vizio ricorre solo quando la pronuncia giudiziale trascende i limiti oggettivi della controversia, quali risultano dalle contrapposte domande ed eccezioni delle parti, non anche rispetto alla configurazione giuridica dei termini della controversia ed alla identificazione delle norme di diritto in base alle quali la lite deve essere decisa, rientrando nel potere/dovere del giudice il compito di inquadrare nella esatta categoria giuridica i fatti dedotti ed acquisiti al giudizio e di applicare le relative norme di legge.

4.5. Alla stregua di tali consolidati principi, dunque, e tenuto conto del riportato contenuto dei menzionati scritti difensivi (citazione introduttiva e memoria ex art. 183 c.p.c.) della banca originaria attrice, è indubbio, ad avviso di questa Corte, che, nella specie, la domanda di detta banca sia stata, fin dall’inizio, volta a ripetere una somma di danaro da essa assunta come non dovuta perchè da corrispondersi unicamente, giusta la L. Fall., art. 44, alla curatela del fallimento della (OMISSIS) s.n.c. e del suo legale rappresentante D.E.. I medesimi fatti costitutivi descritti in citazione sono, poi, stati ribaditi nella memoria ex art. 183 c.p.c. della suddetta banca, nella quale, dunque, l’aggiunta secondo cui la Banca stessa avrebbe avuto “diritto di ripetere dall’Avv. P. a titolo di indebito oggettivo, a mente dell’art. 2033 c.c., quanto ha corrisposto alla curatela fallimentare”, altro non rappresentava che una mera precisazione di quanto già fino ad allora esaurientemente dedotto. Nè va dimenticato che l’applicazione del principio iura novit curia fa salva la possibilità-doverosità per il giudice di dare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite nonchè all’azione esercitata in causa, ricercando, a tal fine, le norme giuridiche applicabili alla vicenda descritta in giudizio e ponendo a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto eventualmente anche diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 11629 del 2017).

4.6. In ogni caso, si ritiene opportuno rimarcare che, quand’anche si volesse individuare nella descritta precisazione contenuta nella memoria ex art. 183 c.p.c. della banca attrice una modificazione, rispetto alla originaria causa petendi da essa introdotta, ciò sarebbe stato comunque ammissibile avendo le Sezioni Unite di questa Corte chiarito che “la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali” (cfr. Cass., SU, n. 12310 del 2015).

4.6.1. Nessun dubbio, peraltro, può sussistere in ordine al fatto che, nella specie, si sarebbe trattato, in tesi, di domanda, riguardante la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, la quale non si sarebbe aggiunta a quella originaria ma l’avrebbe sostituita, ponendosi, pertanto, rispetto a questa, in rapporto di alternatività, rimanendone immutati, rispetto alla domanda originaria, i soggetti (cfr. Cass., SU, n. 12310 del 2015).

5. Il secondo ed il motivo, invece, esaminabili congiuntamente perchè connessi, sono fondati alla stregua delle considerazione di seguito esposte.

5.1. E’ assolutamente pacifico tra le parti che la Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a., dopo aver corrisposto Lire 750.000.000, il 9 luglio 1996, tramite assegni circolari dalla medesima emessi, alla (OMISSIS) s.n.c., allorquando, però, quest’ultima ed il suo legale rappresentante D.E. erano già stati dichiarati falliti (con sentenza del Tribunale di Roma del 4 luglio 1996), aveva poi versato, nuovamente, alla curatela di quel fallimento, giusta la previsione di cui alla L. Fall., art. 44, il medesimo complessivo importo, comprensivo di quello di Lire 30.000.000 portato da due di quegli assegni circolari che il D., nel frattempo, aveva girato all’Avv. P.G., il quale, a sua volta, lo aveva portato all’incasso presso la Banca di Roma s.p.a..

5.2. La corte distrettuale ha ritenuto che “alla data della domanda giudiziale, Banca Nazionale dell’Agricoltura aveva corrisposto due volte la somma di Euro 15.493,71 (pari a Lire 30.000.000) e che il pagamento di detta somma con gli assegni circolari del 9.7.1996 non era dovuto, essendo il beneficiario girante i titoli già dichiarato fallito” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).

5.3. Orbene, rileva il Collegio che, come ha già avuto modo di osservare Cass. n. 13710 del 2009, resa in fattispecie sostanzialmente analoga a quella odierna, è indiscusso che la dichiarazione di fallimento comporta l’inefficacia, non l’invalidità, dei pagamenti eseguiti o ricevuti dal fallito.

5.3.1. Vero è che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’inefficacia dei pagamenti, se effettuati dopo la dichiarazione del fallimento, “è conseguenza automatica dell’indisponibilità del patrimonio del fallito, valevole erga omnes e senza rilevanza dello stato soggettivo” di buona o mala fede di chi il pagamento esegue o riceve (cfr. Cass. n. 19165 del 2007). Come è vero che tale principio opera anche con riferimento alla circolazione dei titoli di credito cambiari (cfr. Cass. n. 18222 del 2008; Cass. n. 14382 del 2005; Cass. n. 5963 del 1994; Cass. n. 334 del 1991). Secondo la prevalente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, infatti, la buona fede non giova neppure al terzo subacquirente dall’immediato avente causa del fallito, risultando inapplicabili sia l’art. 1153 c.c., comma 2, sia l’art. 2913 c.c., sia l’art. 1994 c.c.. Nè può risultare risolutivo, in senso contrario, il riferimento di parte della dottrina alla L. Fall., art. 45, in ragione di un’equiparazione tra acquisto in buona fede del possesso e formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, perchè anche tali formalità sono senza effetto rispetto ai creditori, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento. Sicchè ai creditori concorsuali non è opponibile neppure l’acquisto in buona fede del titolo dall’avente causa del fallito, se sopravviene al fallimento.

5.3.2. Tuttavia, l’inefficacia è, appunto, solo relativa, cioè può essere invocata esclusivamente dalla procedura concorsuale, anche se opera erga omnes, nel senso che il curatore fallimentare può farla valere nei confronti di chiunque sia destinatario o esecutore del pagamento e per il solo fatto che il pagamento sia sopravvenuto alla dichiarazione del fallimento.

5.3.3. D’altro canto, come si desume dal R.D. n. 1736 del 1933, artt. 82 e 83 l’assegno circolare è una promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata, all’ordine della persona indicata come prenditore. La banca che emette un assegno circolare, dunque, adempie un’obbligazione di provvista nei confronti del richiedente, non necessariamente coincidente con la persona indicata come prenditore, ed assume un’obbligazione cambiaria nei confronti di chiunque risulterà legittimo portatore del titolo.

5.3.3.1. Di tali due atti, l’adempimento dell’obbligazione di provvista e l’assunzione dell’obbligazione cambiaria, non vi è dubbio che la prima rientra nell’ambito di applicazione della L. Fall., art. 44, ove il richiedente sia fallito. L’assunzione dell’obbligazione cambiaria da parte della banca emittente, invece, non è, di per sè, un atto del fallito, che sarebbe inefficace a norma della L. Fall., art. 44, comma 1, nè il pagamento di un credito del fallito, che sarebbe inefficace giusta la L. Fall., art. 44, comma 2.

5.3.3.2. Relativamente inefficaci potrebbero certo essere tutti gli atti che determinano la circolazione del titolo cartolare, se compiuti in pagamento di un credito o di un debito del fallito. E, nel caso in esame, potrebbero risultare appunto inefficaci non solo l’adempimento dell’obbligazione di provvista nei confronti del soggetto poi dichiarato fallito, ma anche la successiva girata del titolo da parte di quest’ultimo in favore di un terzo.

5.3.3.3. Nondimeno tale inefficacia potrebbe essere fatta valere solo dalla curatela fallimentare, perchè, come si è chiarito, l’inefficacia, benchè operante erga omnes, è relativa solo ai creditori concorsuali.

5.4. Nella specie, invece, ad agire non è stata la curatela ai sensi della L. Fall., art. 44 (essendo la stessa stata soddisfatta stragiudizialmente), bensì, ed ai sensi dell’art. 2033 c.c., la banca emittente che pretende di ripetere, asseritamente perchè senza titolo, il pagamento di due assegni circolari (costituenti parti di una maggior importo) effettuato in favore di soggetto cui il fallito aveva girato quei titoli.

5.4.1. Deve, però, escludersi, come sostanzialmente sancito dalla già citata Cass. n. 17310 del 2009, che la banca emittente possa sottrarsi al suddetto pagamento, e tanto proprio alla stregua di quanto si è precedentemente detto (cfr. p. 5.3.3. e p. 5.3.3.1.) richiamandosi il R.D. n. 1736 del 1933, artt. 82 e 83.

5.4.2. Proprio perchè l’assegno circolare è una promessa incondizionata di pagare a vista una somma determinata, all’ordine della persona indicata come prenditore, la banca che lo emette adempie, come si è detto, una duplice obbligazione: di provvista nei confronti del richiedente, non necessariamente coincidente con la persona indicata come prenditore; cambiaria nei confronti di chiunque risulterà legittimo portatore del titolo.

5.4.3. Detta obbligazione cambiaria, dunque, che, come si è visto, non può considerarsi, di per sè, come atto del fallito o come pagamento del fallito, costituisce, nella specie, il titolo in forza del quale la banca emittente era tenuta nei confronti di chiunque fosse risultato legittimo portatore del titolo, e dunque, nella concreta vicenda, dell’Avv. P., essendo incontroverso che questi risultava legittimato dalla continuità formale delle girate ivi apposte. Allo stesso, peraltro, nemmeno potevano opporsi eccezioni di natura personale riguardanti i rapporti dell’emittente con precedenti possessori.

6. In definitiva, quindi, respinto il primo motivo di ricorso, ne vanno accolti il secondo ed il terzo, in relazione ai quali la sentenza impugnata – da intendersi, invece, passata in giudicato, giusta quanto si è precisato al p. 3, quanto ai rapporti che hanno coinvolto la Banca di Roma s.p.a. (poi divenuta Unicredit s.p.a.) – deve essere cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può procedersi alla decisione della causa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, respingendosi la domanda della Banca originaria attrice anche nei confronti dell’Avv. P.G..

7. La cassazione con decisione nel merito impone a questa Corte di procedere, di ufficio, quale conseguenza della pronuncia adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali relativamente al rapporto tra la suddetta Banca ed il P., il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poichè la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (cfr. Cass. 11423 del 2016). Esse, pertanto, vanno poste a carico della Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (incorporante la Banca Antonveneta, già Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a., già Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a.) risultata definitivamente soccombente, e liquidate come in dispositivo.

8.1. Quelle, infine, del solo giudizio di legittimità relative al rapporto tra l’Avv. P. e la Unicredit s.p.a. devono porsi a carico del primo, non avendo questi censurato capi della sentenza impugnata riguardanti quest’ultima, pur avendola in questa sede evocata.

PQM

accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, respingendone il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda della Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a. originaria attrice, oggi Monte Paschi di Siena s.p.a., anche contro il P..

Condanna la predetta odierna controricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal P., che si liquidano:

a) quanto al primo grado, in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 100,00 per spese, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.500,00 per onorario, oltre rimborso spese generali (12,5%), IVA e CPA come per legge;

b) per il secondo grado, in complessivi Euro 2.100,00, di cui Euro 170,00 per spese, Euro 530,00 per diritti ed Euro 1.400,00 per onorario, oltre rimborso spese generali (12,5%), IVA e CPA come per legge;

c) per questo giudizio di legittimità, in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna il P. al pagamento delle spese processuali di legittimità sostenute da Unicredit s.p.a., che si liquidano Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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