Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25557 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. I, 10/10/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 10/10/2019), n.25557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22232/2018 proposto da:

K.S., rappresentato e difeso dall’avvocato Gaetano Venco,

presso cui è elettivamente domiciliato in Roma Via Carlo Mirabello

n. 14 giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano, n. 2569 depositato il

12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

GIOVANNA SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con Decreto 12 giugno 2018, il Tribunale di Milano ha rigettato le istanze volte in via gradata al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, avanzate da K.S.i cittadino del (OMISSIS), il quale aveva dichiarato di essere espatriato perchè, quale mediatore per la compravendita di terreni, era accusato di aver venduto “un terreno inesistente” a due persone. Il Tribunale ha ritenuto il racconto non credibile, e comunque insussistenti i presupposti per le tutele richieste. Lo straniero ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di due motivi. L’Amministrazione non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce la “violazione di legge con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, per l’omessa motivazione sulle doglianze espresse nel ricorso di primo grado”. Il ricorrente deduce che l’affermazione secondo cui il giudizio proposto non costituisce un’impugnazione in senso tecnico del provvedimento amministrativo, non esime il giudice dalla verifica della correttezza dell’iter seguito dall’autorità amministrativa, e ciò il Tribunale non aveva fatto. Sotto altro profilo, prosegue il ricorrente, il decreto non aveva motivato circa le condizioni di carattere soggettivo, erroneamente desunte da fonti non legislative ignote al destinatario del provvedimento.

Col secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non avere il Tribunale applicato l’onere della prova attenuato, per non aver valutato la credibilità di esso richiedente alla luce dei parametri stabiliti nel D.Lgs. n. 251, art. 3, comma 5 e per non aver riconosciuto l’esistenza della violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato nè altra forma di protezione. Il ricorrente lamenta, inoltre, la mancata valutazione dell’asilo costituzionale, in riferimento alla sua situazione di vulnerabilità.

3. I motivi vanno congiuntamente esaminati e rigettati.

4. Va, anzitutto, rilevato che se è vero che le lacune probatorie del racconto del richiedente asilo non comportano necessariamente inottemperanza al regime dell’onere della prova, potendo essere superate dalla valutazione che il giudice del merito è tenuto a compiere delle circostanze indicate alle lett. da a) ad e) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. n. 15782 del 2014, n. 4138 del 2011), è pure vero che l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude che egli abbia l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati (Cass. n. 27503 del 2018).

5. Nella specie, il giudizio di non credibilità è stato assunto dal Tribunale in base alle rilevate intrinseche incongruenze dell’intero racconto: la decisione di espatriare per non affrontare una questione di assai basso profilo è stata ritenuta del tutto sproporzionata, non mancando, peraltro i giudici a quibus di evidenziarne l’irrilevanza ai fini della tutela richiesta. Va, quindi, rilevato, da una parte, che la valutazione di non credibilità del racconto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, ed insindacabile in sede di legittimità, e che la valutazione di credibilità soggettiva costituisce una premessa indispensabile perchè il giudice debba dispiegare il suo intervento: le dichiarazioni che, come nella specie, siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedono alcun approfondimento istruttorio officioso (Cass. n. 5224 del 2013; n. 16925 del 2018), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente, ma non è questo il caso, dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. n. 871 del 2017).

6. Sotto altro profilo, va rilevato che il ricorrente confonde l’onere di allegazione con quello della prova, e questa Corte ha di recente ribadito (Cass. n. 3016 del 2019) che solo quando colui che richieda il riconoscimento della protezione internazionale abbia adempiuto l’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel suo Paese straniero di origine si registrino fenomeni tali da giustificare l’accoglimento della domanda, in altri termini, la cooperazione istruttoria si colloca non sul versante dell’allegazione, ma esclusivamente su quello della prova. Nella specie, il racconto del richiedente -incentrato sulla mediazione di una compravendita di un terreno non andata a buon fine- non fa alcun cenno alle ipotesi di cui alla lett. c) dell’art. 14, e del resto, il Tribunale, in ottemperanza al disposto di cui all’invocato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ha rinviato a fonti internazionali per escludere specifiche criticità, il che esclude, a sua volta, l’esistenza della violenza generalizzata in situazione di conflitto armato.

7. Deve evidenziarsi, ancora, che il ricorrente omette del tutto di indicare sue specifiche ragioni di vulnerabilità, condizione, che deve riguardare la persona del singolo richiedente e non anche la situazione generale del Paese di origine.

8. Il Collegio intende, quindi, ribadire che, in materia di protezione internazionale, il ricorso giurisdizionale proposto dal richiedente, all’esito negativo della fase amministrativa nell’ambito della quale un collegio di esperti esamina la domanda previa sua audizione- non è un giudizio d’impugnazione del provvedimento della Commissione territoriale, ma ha ad oggetto il diritto soggettivo dell’istante alla protezione invocata. Conseguentemente esso non può concludersi con il mero annullamento del diniego amministrativo della protezione, in tesi illegittimo, ma deve pervenire alla decisione sulla spettanza o meno del diritto alla stessa e ciò in quanto la legge (prima D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 10, D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9, ed oggi art. 35 bis, comma 13 stesso Decreto, quale inserito dal D.L. n. 13 del 2017, convertito nella L. n. 46 del 2017) stabilisce che la sentenza del Tribunale può contenere, alternativamente, il rigetto del ricorso ovvero il riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria o umanitaria e non prevede il puro e semplice annullamento del provvedimento della Commissione (cfr. Cass. 26480 del 2011; n. 18632 del 2014; n. 7385 del 2017; n. 23472 del 2017; cfr. pure, Cass. n. 12273 del 2013).

9. Del tutto criptica è, infine, la censura riferita alla mancata valutazione della domanda di asilo costituzionale, in quanto lo stesso ricorrente riconosce che questa Corte di legittimità (Cass. 26 giugno 2012, n. 10686; n. 13362 del 2016; n. 18439 del 2019), ha affermato che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei codificati istituti.

10. Non va provveduto sulle spese, data la mancata costituzione della parte intimata. Essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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