Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25555 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. III, 30/11/2011, (ud. 27/09/2011, dep. 30/11/2011), n.25555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8867/2009 proposto da:

ALPI ASSICURAZIONI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA

(OMISSIS) in persona del Commissario Liquidatore avv.

CA.WL., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

BRUNO BUOZZI 82, presso lo studio dell’avvocato IANNOTTA Gregorio,

che la rappresenta e difende giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SICILIA, 50, presso lo studio dell’avvocato LABONIA Simone, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SENA PIER FRANCESCO

giusto mandato in atti;

– controricorrente –

e contro

V.S., ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A., D.D.

O.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1790/2008 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata

il 11/07/2008 R.G.N. 2833/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato ALESSANDRA IANNOTTA per delega;

udito l’Avvocato PIER FRANCESCO SENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso con il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’11 luglio 2008 il Tribunale di Salerno confermava, rigettando l’appello principale della Alpi Assicurazioni s.p.a. in l.c.a. e l’appello incidentale di C.C., la sentenza del Giudice di pace di Salerno del 21 luglio 2003, che aveva respinto la eccezione di carenza di legittimazione passiva della Alpi e condannato le Assicurazioni generali s.p.a., quale impresa designata dal F.G.V.S. in solido con V.S. e D.D.O. a versare alla C. a titolo di risarcimento danni da sinistro stradale la somma di Euro 1343,51.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la Alpi Assicurazioni, affidandosi ad un unico e complesso motivo.

Resiste con controricorso la sola C.C., mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

L’esame del ricorso venne assegnato alla Struttura centralizzata ed il consigliere designato redasse la relazione che concludeva per l’inammissibilità del ricorso stesso perchè non erano ritenuti soddisfatti i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c., relazione del 29 novembre 2010).

Fissata l’udienza in camera di consiglio, il Collegio il 5 maggio 2011 disponeva per la trattazione in pubblica udienza, così come richiesto dalla ricorrente con apposita nota in cui si contestava il contenuto della relazione.

La società ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il motivo di ricorso si svolge nella sua logicità attraverso tre profili, che costituiscono varie sfaccettature delle asserite violazioni rinvenibili nella sentenza impugnata, soprattutto ponendo in rilievo che erroneamente il giudice dell’appello avrebbe ritenuto operativo nel caso in esame la L. n. 990 del 1969, art. 7, e, quindi, la responsabilità dell’assicuratore.

Infatti, risulta dalla ricostruzione della vicenda operata dalla sentenza impugnata che vi era in atti il certificato di assicurazione rilasciato dalla Alpi in data 11 novembre 1994, relativo alla polizza n. (OMISSIS), attestante il pagamento del premio per il periodo 11 novembre 1994-11 maggio 1995, comprendente il sinistro che si verificò il (OMISSIS).

Poichè nei rapporti tra terzo danneggiato ed assicuratore trovava e trova applicazione il principio di cui all’art. 7 della legge suindicata, la Alpi doveva ritenersi tenuta al risarcimento avendo la C. agito in via diretta contro di essa.

La Alpi, infatti, non aveva disconosciuto la conformità delle copie fotostatiche dei certificati di assicurazione ex adverso prodotti.

A fronte di questa motivazione, che ritiene erronea, la ricorrente pone in rilievo che essa ha sempre e solo eccepito la inesistenza di ogni contratto assicurativo; che alla data della stipula dell’asserito contratto essa fosse già assoggettata alla l.c.a.

disposta con D.M. 23 maggio 1994, n. 19820 e che i certificati erano falsi, tanto è che vi era stata condanna a carico di Ci.Al., che ebbe a rilasciare i certificati assicurativi depositati dalla C.C., qualificandosi come agente della Alpi, per il reato di truffa.

2.-Queste deduzioni non meritano di essere accolte.

A ben leggere la sentenza impugnata il giudice dell’appello ha valutato i documenti prodotti dall’attrice ed ha avuto modo di affermare che in mancanza di disconoscimento “nè nell’atto di produzione nè nell’udienza di precisazione delle conclusioni” ed in presenza dell’originale del certificato di assicurazione nei rapporti tra assicuratore e danneggiato opera l’art. 7 citato perchè il certificato attesta verso i terzi l’esistenza della garanzia assicurativa e da questa attestazione nasce l’obbligazione risarcitoria che vale limitatamente ai rapporti tra terzo danneggiato e assicuratore quando questi sia stato direttamente convenuto in giudizio, come nel caso di specie (con richiami a giurisprudenza di questa Corte – Cass. n. 10504/06; n. 23313/07).

Osserva il Collegio che questo argomentare (di cui a pag.7-8 sentenza impugnata) è coerente con la previsione normativa, così come interpretata dalla giurisprudenza, la cui ratio affonda le sue radici nel principio dell’affidamento riconosciuto come principio generale dell’ordinamento.

Si può, pertanto, ritenere, con il conforto di autorevole dottrina, che la interpretazione giurisprudenziale di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 7, costituente diritto vivente, è uno dei mezzi tecnici della protezione ed attuazione di tale principio, ai quali il legislatore di solito ricorre onde tutelare una incolpevole opinione del soggetto in merito ad una determinata situazione di fatto e di diritto e per regolare quella situazione, che, confortata da apposita apparenza determina il soggetto ad instaurare un determinato rapporto giuridico.

In altri termini, nella concreta applicazione del principio dell’affidamento, come autorevolmente sostenuto, si armonizza la sicurezza dei diritti soggettivi acquisiti con la sicurezza del traffico giuridico.

Infatti, da una parte, in via immediata, si protegge l’interesse del soggetto affidante a che l’effetto della situazione giuridica e di fatto si produca solo quando egli conosce o è posto in condizione di conoscere tale situazione come esistente, dall’altra, ed in via generale, si viene a rafforzare, ulteriormente specificandolo, il principio della certezza del diritto, quale principio immanente e cogente dell’ordinamento, purchè il rapporto, di cui si tratta, si sia instaurato e si svolga nell’osservanza delle norme per esso prestabilite.

Il che trova ulteriore conferma nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo, che, a più riprese, non ha mancato di definire il principio generale dell’affidamento come fonte dell’ordinamento giuridico comunitario (v. CGCE, Topfer in C.-112/77, sent. 3 maggio 1978, in Racc. 1, p.1019, par.19, in motivazione e più di recente CGCE, Marks & Spencer, in C-62/00, sent. 11 luglio 2002, in Racc. 1, p.6325, par. 43 e seguenti in motivazione).

Ciò posto in rilievo in punto di diritto, il Collegio condivide quanto ritenuto nella sentenza impugnata, ovvero che è solo l’esame del certificato di assicurazione che può consentire di accertare se il sinistro si sia verificato nel periodo di copertura assicurativa o nel periodo di tolleranza di cui all’art. 1901 c.c., comma 2, per cui il terzo danneggiato fa ragionevole affidamento su quanto è riportato nel contrassegno, che comprova, provenendo dall’assicuratore, la esistenza del certificato assicurativo, per cui la autenticità del contrassegno è sola circostanza rilevante ai fini della promovibilità dell’azione in oggetto (Cass. n. 16726/09;

n. 25130/10).

Di vero, proprio il principio dell’affidamento, così come individuato nella sua funzionalità e in quanto connesso con il criterio dell’apparenza del diritto, fa ritenere corretta la decisione sul punto.

Infatti, il Tribunale si è attenuto alle indicazioni del certificato assicurativo depositato in originale, alle testimonianze nonchè al mancato disconoscimento delle copie fotostatiche, ovvero a circostanze di natura sostanziale e processuale, pienamente rispondenti alle regulae juris disciplinanti ipotesi del genere.

Di contro, occorre sottolineare che a nulla rileva la accertata responsabilità in sede penale del Ci. ed avendo, in tal modo, il danneggiato provato che il sinistro si era verificato nel periodo di copertura indicato nel contrassegno apposto sul veicolo (v.

6026/01). Infatti, la vicenda penale rafforza, per così dire, la ragionevole convinzione dell’affidamento in buona fede della C., ma anche è inopponibile alla stessa perchè riguarda i profili interni del rapporto tra il Ci. e la Compagnia assicuratrice.

Così come, contrariamente a quanto deduce la società ricorrente, in virtù del D.L. n. 576 del 1978, art. 8 (all’epoca vigente), come puntualmente fa rilevare la resistente, il certificato assicurativo può essere legittimamente rilasciato anche da Compagnia messa in l.c.a. e coprire i rischi relativi fino alla scadenza del contratto (v. Cass. n. 7153/92).

Pertanto, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente società al pagamento delle spese processuali a favore della parte costituita, che liquida in Euro 900,00, di cui Euro 20,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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