Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25554 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. III, 12/11/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 12/11/2020), n.25554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29104/2019 proposto da:

N.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LORENZO TRUCCO;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE SUPREMA CASSAZIONE;

– intimata –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 315/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. N.A., cittadino del (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, domandando:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza il richiedente dedusse di esser fuggito dal proprio paese per il timore di essere arrestato a causa del suo orientamento sessuale. Fu colto dalla madre in atteggiamenti intimi con il proprio partner, con cui aveva una relazione da 8 anni, decidendo così di fuggire. In Gambia infatti l’omosessualità è un reato punito con pene severe. Giunse quindi in Senegal, dove venne a conoscenza dell’arresto del compagno e apprese che la propria foto era diffusa ovunque. Dopo un lungo viaggio giunse in Italia, dove presentò domanda di riconoscimento della protezione internazionale.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento N.A. propose ricorso D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, dinanzi il Tribunale di Torino, che con ordinanza del 20 aprile 2017 rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) il richiedente non credibile, avendo dato una versione della storia inconsistente e contraddittoria, essendo precluso così il riconoscimento dello status di rifugiato;

b) la domanda di protezione sussidiaria infondata, in quanto non fu fornita alcuna prova circa la violenza generalizzata presente nel paese d’origine;

d) la domanda di protezione umanitaria infondata, non sussistendo gravi motivi di carattere umanitario o rischi di natura persecutoria;

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Torino con sentenza n. 315/2019, pubblicata il 18 febbraio 2019.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da N.A. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione c/o erronea applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7, 8, 1, in combinato disposto con D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, anche in relazione alla mancata audizione”. I giudici, dubbiosi circa l’attendibilità del racconto, avrebbero dovuto dar seguito alla richiesta di nuova audizione avanzata dal richiedente, in ossequio al potere dovere del giudice di cooperazione istruttoria.

Il motivo è fondato.

La motivazione della Corte laddove non ritiene credibile il ricorrente in relazione alla sua condizione di omosessuale è contraddittoria ed apodittica. Il giudice del merito non tiene conto della documentazione fornita in relazione alla condizione omosessuale del ricorrente da parte dell’associazione LGBT, nè del parere rilasciato del pubblico ministero che chiedeva espressamente la concessione dello status di rifugiato.

La corte di giustizia nella sentenza del 2 dicembre 2014, cause da C-148/13 a C-150/13 ha posto dei limiti in relazione alla modalità di valutazione dell’orientamento sessuale, stigmatizzando le nozioni stereotipate concernenti la condizione omosessuale, pena la violazione di quei principi di tutela della dignità umana salvaguardati dalla carta dell’unione.

La corte territoriale non ha tenuto conto di tali principi e non ha considerato la gravissima situazione concernente la situazione degli omosessuali in Gambia, ove tale condizione viene punita con pene severissime. A tal proposito si consideri che nell’agosto 2014 l’assemblea nazionale ha approvato un emendamento al codice penale che ha introdotto il reato di omosessualità aggravata, passibile addirittura di essere punita con l’ergastolo.

5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e/o erronea applicazione del D.Lgs n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in combinato disposto con D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8”. La Corte di appello di Torino avrebbe dovuto considerare la sussistenza di un grave danno nel caso di rientro in Gambia, paese in cui vi sarebbe una sistematica violazione dei diritti umani.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente.

5.3. Il ricorrente con il terzo motivo lamenta la “violazione e/o erronea applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, ed in relazione all’art. 10 Cost., comma 3”. I giudici di merito avrebbero omesso di effettuare il giudizio di comparazione tra la situazione del soggetto nel paese di provenienza e quella nel territorio nazionale, “essendo evidente la devastante differenza nella fruizione dei diritti umani nei due Paesi”.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo e il giudice del merito nell’esaminarlo si atterrà ai principi espressi da questa Corte “In tema di protezione umanitaria, alla luce dell’insegnamento di cui a Cass. S.U. n. 29459 del 2019, i presupposti necessari ad ottenerne il riconoscimento devono valutarsi autonomamente rispetto a quelli previsti per le due protezioni maggiori (Cass. 1104/2020), non essendo le due valutazioni in alcun modo sovrapponibili, di tal che i fatti funzionali ad una positiva valutazione della condizione di vulnerabilità ben potrebbero essere, gli stessi già allegati per le protezioni maggiori (contra, Cass. 21123/2019; Cass. 7622/2020)”.

“Il giudizio in ordine ai presupposti richiesti per il riconoscimento della protezione umanitaria va condotto alla luce di valutazioni soggettive ed individuali, condotte caso per caso – onde impedire che il giudice di merito si risolva a declinare valutazioni di tipo “seriale”, improntate ai più disparati quanto opinabili criteri, altrettanto seriali, a mò di precipitato di una chimica incompatibile con valori tutelati dalla Carta costituzionale e dal diritto dell’Unione)”.

“Il giudizio di bilanciamento funzionale al riconoscimento della protezione umanitaria, come cristallinamente scolpito dalle sezioni unite della Corte di legittimità, che ne sottolineano il rilievo centrale, ha testualmente ad oggetto la valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, sub specie della mancata tutela, in loco, del nucleo essenziale dei diritti fondamentali della persona”.

“In tema di protezione umanitaria, quanto più risulti accertata in giudizio una situazione di particolare o eccezionale vulnerabilità, tanto più è consentito al giudice di valutare con minor rigore il secundum comparationis, costituito dalla situazione oggettiva del Paese di rimpatrio, onde la conseguente attenuazione dei criteri rappresentati “dalla privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale” (principio affermato, con riferimento ad una peculiare fattispecie di eccezionale vulnerabilità, da Cass. 1104/2020)”.

6. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il terzo, rigetta il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il terzo, rigetta il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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