Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25554 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. I, 10/10/2019, (ud. 09/09/2019, dep. 10/10/2019), n.25554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31443/2018 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Golametto,

2, presso lo studio dell’avvocato Rossi Sabrina che lo rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei

Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 28/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2019 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Roma, T.S., cittadino della Guinea, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con Decreto n. 13723/2018, depositato il 28 settembre 2018, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice di merito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso T.S., nei confronti del Ministero dell’interno, affidato ad un solo motivo. Il resistente ha replicato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della documentazione prodotta da parte del ricorrente, allegata alla nota del 27 giugno 2019, trattandosi di documenti non rientrante in quelli ammessi dall’art. 372 c.p.c. e non essendo stati detti documenti neppure notificati al controricorrente, ai sensi della norma succitata.

2. Con l’unico motivo di ricorso, T.S., denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14,D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) – non credibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata a lasciare il Paese di provenienza, consistiti nel timore di essere sottoposto ad aggressioni e violenze da parte degli appartenenti al partito governativo RPG, in conseguenza del “tradimento” posto in essere da suo padre, che era passato – dopo avere militato per un certo tempo nell’RPG – al partito di opposizione UFDG. Tale cambiamento sarebbe stato disapprovato dai suoi vecchi compagni di partito, che lo avrebbero minacciato, aggredito e picchiato, fino a determinarne la morte, avvenuta in carcere. Su consiglio di un amico del padre, e temendo anche per la propria personale incolumità, il ricorrente aveva deciso di abbandonare la Guinea.

2.2. L’istante si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, della situazione socio-politica del Paese di origine, e non abbia inteso concedere al richiedente neppure la misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, nonostante che nei fatti allegati fossero ravvisabili evidenti ragioni di vulnerabilità.

2.3. I motivi sono inammissibili.

2.3.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione. Per contro, poichè il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità, il giudizio di fatto circa la credibilità del ricorrente non può essere censurato sub specie della violazione di legge (Cass. 05/02/2019, n. 3340).

In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

2.3.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente, rilevando che il medesimo aveva fornito due diverse versioni dei fatti che lo avevano indotto ad abbandonare il proprio Paese. Alla Commissione territoriale, l’istante aveva, difatti, affermato di non avere subito alcuna minaccia personale e che era stato solo il padre ad essere picchiato ed arrestato per strada, in sede di audizione dinanzi al giudice lo straniero ha dichiarato, invece, di essere stato arrestato anche lui, mentre si trovava in casa con il padre ed il fratello, e di essere stato picchiato in carcere, dove era rimasto per due settimane. Il Tribunale ha, dipoi, rilevato come fosse del tutto inverosimile che il genitore del richiedente fosse stato oggetto di persecuzioni così gravi, benchè non rivestisse alcun ruolo di rilievo all’interno del partito, svolgendo l’attività di mera propaganda tra i giovani, e come non fosse credibile il fatto che eventi traumatici, del tipo di quelli riferiti in sede giudiziale, non fossero stati riportati alla Commissione, fin dal primo momento, laddove fossero stati effettivamente vissuti.

A fronte di tali motivate argomentazioni, la censura in esame inammissibilmente dedotta sotto il profilo della violazione di legge – si traducono, in concreto, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).

Va, pertanto, esclusa in radice – attesa la non credibilità dello straniero – la concessione al medesimo dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

2.3.3. Per quanto concerne, poi, la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) del decreto succitato, va osservato che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c), (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

2.3.4. Nel caso concreto, i fatti allegati nel giudizio di merito non attengono a situazioni di violenze indiscriminate, derivanti da un conflitto armato interno o internazionale, trattandosi di circostanze relative ad una vicenda personale del richiedente, in relazione alla quale, peraltro, il medesimo non è risultato neppure credibile. Sotto tale profilo, il giudice di merito ha comunque accertato – mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate, citate nel provvedimento, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 – che il Paese di provenienza del ricorrente, è immune da situazioni di violenza diffusa ed indiscriminata, per la sussistenza di un conflitto armato interno o internazionale, essendo presenti focolai di violenza nei confronti dei soli attivisti politici, dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani, categoria alle quali il ricorrente non risulta appartenere.

A fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni ed accertamenti di merito.

2.3.5. Quanto alla protezione umanitaria, il giudice di merito ne ha motivato il diniego in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale, e che l’istante non ha allegato nè problemi di salute, nè eventuali esigenze familiari, economiche e sociali, connesse all’integrazione del medesimo in Italia. Del resto l’accertata non credibilità della narrazione dei fatti operata dall’istante, ed il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455).

Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

2.3.6. Il motivo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio.

Essendo stata la parte ammessa al gratuito patrocinio, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 9 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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