Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25551 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. III, 12/11/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 12/11/2020), n.25551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28704/2019 proposto da:

O.O.B., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANNA ROSA ODDONE;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 391/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 28/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. O.O.B., cittadino della (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, domandando:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza il richiedente dedusse quanto segue. Raccontò di aver vissuto a (OMISSIS) per venticinque anni e di essersi poi trasferito con la famiglia nel (OMISSIS). Qui un gruppo di fanatici musulmani uccise i genitori, la sorella e il fratello e distrusse la casa domestica. Rimasto solo, per la paura di essere a sua volta in pericolo praticando la religione cristiana, decise di fuggire e giunse in Italia dove presentò domanda di protezione internazionale.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento O.O.B. propose ricorso D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, dinanzi il Tribunale di Torino, che con ordinanza del 16 ottobre 2017 rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) la richiedente non credibile;

b) la domanda di protezione internazionale comunque infondata perchè il richiedente non aveva dedotto alcun fatto di persecuzione;

c) la domanda di protezione sussidiaria infondata, perchè nella regione di provenienza della richiedente non era presente un conflitto armato;

d) la domanda di protezione umanitaria infondata poichè l’istante non aveva provato nè allegato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quella posta a fondamento delle domande di protezione maggiore, di per sè dimostrativa di una situazione di vulnerabilità;

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Torino con sentenza n. 391/2019, pubblicata il 28/02/ 2019.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da O.O.B. con ricorso fondato su due motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), o comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Si duole della omessa valutazione, da parte dei giudici di merito, delle doglianze difensive le quali metterebbero in luce pesanti problematiche della Nigeria, dovute a forti condizioni di arretratezza della mentalità e delle costumanze di vita.

Il motivo è infondato. I giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione insindacabile in questa sede, la mancanza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale sussidiaria, per quanto rileva nella doglianza, senza che il ricorrente abbia prodotto argomentazioni tali da poter inficiare il giudizio di secondo grado.

5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta “l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. I giudici di merito avrebbero interamente soprasseduto alla valutazione circa la vulnerabilità del richiedente, necessaria ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

Il motivo è fondato.

La Corte d’appello non ha effettuato alcuna autonoma valutazione in merito al riconoscimento della protezione umanitaria, ritenendo peraltro l’istituto abolito in seguito alla L. n. 132 del 2018 e giudicando il caso di specie non rientrante in alcuno dei casi speciali per i quali la nuova normativa prevede il rilascio del permesso di soggiorno. Così facendo, i giudici di merito hanno disatteso i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 29460/2019. Risolvendo un conflitto giurisprudenziale circa l’applicabilità della nuova normativa, le Sezioni Unite hanno stabilito che la disciplina indicata non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) delle nuove norme, nel rispetto del principio di irretroattività della legge, stabilito dall’art. 11 preleggi. La domanda del richiedente è stata presentata prima della data in questione, dovendo essere giudicata secondo i principi e le regole applicabili in base alla disciplina vigente in quella data.

Pertanto il giudice del rinvio dovrà attenersi nella valutazione della protezione umanitaria ai seguenti principi “In tema di protezione umanitaria, alla luce dell’insegnamento di cui a Cass. S.U. n. 29459 del 2019, i presupposti necessari ad ottenerne il riconoscimento devono valutarsi autonomamente rispetto a quelli previsti per le due protezioni maggiori (Cass. 1104/2020), non essendo le due valutazioni in alcun modo sovrapponibili, di tal che i fatti funzionali ad una positiva valutazione della condizione di vulnerabilità ben potrebbero essere gli stessi già allegati per le protezioni maggiori (contra, Cass. 21123/2019; Cass. 7622/2020)”.

“Il giudizio in ordine ai presupposti richiesti per il riconoscimento della protezione umanitaria va condotto alla luce di valutazioni soggettive ed individuali, condotte caso per caso – onde impedire che il giudice di merito si risolva a declinare valutazioni di tipo “seriale”, improntate ai più disparati quanto opinabili criteri, altrettanto seriali, a mò di precipitato di una chimica incompatibile con valori tutelati dalla Carta costituzionale e dal diritto dell’Unione)”.

“Il giudizio di bilanciamento funzionale al riconoscimento della protezione umanitaria, come cristallinamente scolpito dalle sezioni unite della Corte di legittimità, che ne sottolineano il rilievo centrale, ha testualmente ad oggetto la valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, sub specie della mancata tutela, in loco, del nucleo essenziale dei diritti fondamentali della persona”.

“In tema di protezione umanitaria, quanto più risulti accertata in giudizio una situazione di particolare o eccezionale vulnerabilità, tanto più è consentito al giudice di valutare con minor rigore il secundum comparationis, costituito dalla situazione oggettiva del Paese di rimpatrio, onde la conseguente attenuazione dei criteri rappresentati “dalla privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale” (principio affermato, con riferimento ad una peculiare fattispecie di eccezionale vulnerabilità, da Cass. 1104/2020)”.

6. Pertanto la Corte rigetta il primo motivo accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

PQM

la Corte rigetta il primo motivo accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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