Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25549 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. III, 12/11/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 12/11/2020), n.25549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31633/2019 proposto da:

K.A.A.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LARA

RATTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2966/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. K.A.A.A., cittadino della (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza il richiedente dedusse di esser fuggito nel 2015 dal paese a causa del proprio schieramento politico, facendo parte del GPP, gruppo che sosteneva l’ex presidente della Costa d’Avorio, in contrapposizione al neo eletto presidente O.. Durante uno scontro con un gruppo politico avversario fu ucciso un ragazzo da parte di una persona con la quale il ricorrente si trovava e per questo fuggì insieme al cugino, temendo ripercussioni da parte dei familiari della vittima e della fazione avversaria. Dopo essere stato per qualche tempo in Ghana, ritornò in Costa d’Avorio, avendo il presidente O. annunciato l’intenzione di cessare la repressione per favorire una conciliazione tra le due fazioni. Giunto nel proprio paese il ricorrente si accorse che le minacce da parte dei familiari del ragazzo persistevano e decise, allora, di lasciare definitivamente il paese, per giungere in Italia e chiedere la protezione internazionale.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento K.A.A.A. propose ricorso D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35, dinanzi il Tribunale di Milano, che con ordinanza del 13 giugno 2018 rigettò il reclamo.

Il Tribunale ritenne che:

a) la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato fosse infondata, non essendoci elementi per ritenere sussistente una persecuzione personale nei confronti del richiedente;

b) la domanda di protezione sussidiaria fosse infondata, essendo alquanto generiche le dichiarazioni rese in ordine alla Costa d’Avorio circa il rischio di un danno grave derivante da una violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale nel paese;

d) la domanda di protezione umanitaria fosse infondata, in quanto non meritevole.

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Milano con sentenza n. 2966/2019 pubblicata il 4 luglio 2019.

4. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione K.A.A.A. con un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno non si costituisce.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1 Il ricorrente lamenta con un unico motivo, articolato in più censure, la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il motivo si articola nei seguenti quattro profili: 1) omessa valutazione dell’appartenenza del richiedente al gruppo politico; 2) omessa valutazione, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, della situazione presente in Costa d’Avorio, che esporrebbe il ricorrente a un danno grave nel caso di rientro; 3) la mancanza di disamina da parte del giudice d’appello del fatto storico come esposto dal ricorrente sia in primo che in secondo grado; 4) la decisività del fatto storico il cui esame è stato omesso.

Il motivo è fondato.

La Corte d’Appello ha errato laddove ha omesso di esaminare il fatto decisivo dell’appartenenza del ricorrente al gruppo politico di oppositori al regime presidenziale al potere e che in virtù di detta appartenenza l’avverso gruppo politico era intenzionato ad ucciderlo come è già era accaduto al cugino. La Corte d’Appello ha invece erroneamente ricondotto la fuga del ricorrente a presunte ragioni di natura strettamente personale.

Infatti il signor K. fin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ha evidenziato che egli era fuggito dal proprio paese per il fondato timore sia di potere subire una detenzione arbitraria in quanto sostenitore del presidente G. e militante del gruppo (OMISSIS) sia di essere ucciso per vendetta dai familiari del ragazzo ucciso nel febbraio 2011 e dai sostenitori della fazione politica opposta al (OMISSIS). Il ricorrente ha evidenziato sin dall’inizio del giudizio (cfr. pag. 7 e 8 del ricorso in linea con i principi di questa Corte di osservanza del 366 n. 6 c.p.c.) il riferimento al costante verificarsi in Costa d’Avorio di arresti arbitrari, detenzione senza processo, abuso dei diritti umani, esecuzioni extragiudiziarie con colpo alla nuca ovvero colpo di machete. Crimini nascosti dietro una martellante propaganda che dipinge il paese in pieno sviluppo economico. I,a diffusione della gravità della violazione dei diritti fondamentali sono attestate anche da organismi indipendenti che riferiscono che le forze di sicurezza si sono resi responsabili di arresti arbitrari, tortura ed esecuzioni extragiudiziali di detenuti.

Pertanto l’errore della Corte territoriale consiste, dopo aver ritenuto credibile il ricorrente, nel non aver considerato che le minacce di morte formulate dei familiari del ragazzo ucciso devono essere valutate nel quadro di violenza endemica del paese e che provengono da esponenti della fazione politica avversa a quella cui appartiene il ricorrente. La Corte d’appello quindi avrebbe dovuto valutare almeno i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria verificando anche la situazione di conflitto esistente tra le opposte fazioni politiche.

La protezione sussidiaria, disciplinata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ha come presupposto la presenza, nel Paese di origine, di una minaccia grave e individuale alla persona, derivante da violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato, il cui accertamento, condotto d’ufficio dal giudice in adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria, deve precedere, e non seguire, qualsiasi valutazione sulla credibilità del richiedente, salvo che il giudizio di non credibilità non riguardi le affermazioni circa lo Stato di provenienza le quali, ove risultassero false, renderebbero inutile tale accertamento (Cass. 8819/2020).

6. Pertanto la Corte accoglie il ricorso cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.

PQM

la Corte accoglie il ricorso cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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