Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25545 del 10/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 10/10/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25545
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – rel. Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1673-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
C.M.F., elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato TIMI CARLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2034/26/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della PUGLIA, depositata il 07/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 15/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI
MAURO.
Fatto
RILEVATO
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che aveva accolto l’appello di C.M.F. contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Foggia. Quest’ultima aveva invece respinto il ricorso del contribuente, in ordine ad un avviso di accertamento per IRPEF, IRES e IVA, relativo all’anno 2009.
Diritto
CONSIDERATO
che il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è articolato in due motivi;
che, attraverso il primo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4;
che la sentenza impugnata avrebbe accolto un motivo di invalidità, mai proposto nel ricorso originario del contribuente; che, mediante il secondo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 58 e 60, nonchè artt. 158 e 160 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la CTR avrebbe erroneamente tratto gli elementi relativi al domicilio fiscale del contribuente da un dato diverso rispetto al modello unico della dichiarazione dei redditi;
che l’intimato ha resistito con controricorso;
che la prima censura è fondata;
che il termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributario ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo, ha natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto tale decadenza non concerne diritti indisponibili dello Stato alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del fisco, sicchè è riservata alla valutazione del contribuente stesso la scelta di avvalersi o no della relativa eccezione, che ha natura di eccezione in senso proprio e non è, quindi, rilevabile d’ufficio (Sez. 5, n. 27562 del 30/10/2018; Sez. 6-5, n. 31224 del 29/12/2017);
che, in particolare, la CTR non avrebbe potuto escludere la sanatoria invocata dall’Ufficio sulla scorta “del decorso del termine di decadenza del potere di accertamento della A.F.”, giacchè tale eccezione non era stata sollevata in primo grado; che anche il secondo rilievo è fondato;
che, in tema di accertamento delle imposte dei redditi, in caso di originaria difformità tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi, è valida la notificazione dell’avviso perfezionatasi presso quest’ultimo indirizzo, atteso che l’indicazione del comune di domicilio fiscale e dell’indirizzo, da parte del contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, va effettuata in buona fede e nel rispetto del principio di affidamento dell’Amministrazione finanziaria, la quale non è tenuta a controllare l’esattezza del domicilio eletto (Sez. 5, n. 25680 del 14/12/2016; Sez. 6-5, n. 15258 del 21/07/2015);
che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Puglia, in diversa composizione, affinchè si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019