Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25544 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. III, 30/11/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 30/11/2011), n.25544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6297/2010 proposto da:

SOCIETA’ MEDITERRANEA IMPIANTI SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in

persona del Liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NICASTRO

Cristina, SCRIMA ALESSANDRO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO LINEA SRL (OMISSIS) in persona del Curatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 140, presso

lo studio i dell’avvocato LUCATTONI Pierluigi, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MAMBELLI MASSIMO, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 466/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

23.1.09, depositata il 16/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p. 1. La s.r.l. Mediterranea Impianti s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione contro il Fallimento Linea s.r.l. avverso la sentenza del 16 marzo 2009, con la quale la Corte d’Appello di Palermo ha rigettato l’appello da essa proposto contro la sentenza del Tribunale di Palermo, che aveva rigettato l’opposizione proposta da essa ricorrente avverso un precetto intimatole dalla controparte.

p. 2. L’intimata ha resistito con controricorso.

p. 2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c. nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, veniva redatta relazione ai sensi di detta norma, che veniva notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p. 1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si sono svolte le seguenti considerazioni:

“(…) 3. E’ priva di fondamento l’eccezione della resistente circa la non riferibilità espressa della procura a margine del ricorso alla proposizione di esso: è sufficiente rimandare a Cass. sez. un. n. 22119 del 2004.

La lamentata mancata elezione di domicilio in Roma ha, poi, la conseguenza della domiciliazione presso la cancelleria della Corte, del resto espressamente enunciata nell’intestazione del ricorso, mentre non determina alcuna nullità.

p. 4. Il ricorso appare inammissibile perchè i tre motivi su cui si fonda, tutti dedotti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non si presentano rispettosi del requisito di ammissibilità della c.d.

chiara indicazione, previsto dall’art. 366-bis c.p.c., norma abrogata dalla L. n. 69 del 2009, ma ultrattiva riguardo ai ricorsi contro provvedimenti pubblicati – come quello qui impugnato – prima dell’entrata in vigore della legge.

Invero, i tre motivi non presentano il momento di sintesi attraverso il quale il requisito si doveva esprimere, nei termini indicati dalla giurisprudenza della Corte. Si vea, ex multis, Cass. sez. un. n. 20603 del 2007, secondo cui in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. In precedenza: Cass. (ord.9 n, 16002 del 2007, secondo cui nella norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.

Adde, fra tante, Cass. sez. un. n. 1658 del 2008.

Ora, nessuno dei tre motivi si conclude e nemmeno contiene il momento di sintesi ritenuto necessario dalla ricordata giurisprudenza.

E’ da avvertire che esso non si può intravedere nelle espressioni in carattere neretto con cui sono articolate le intestazioni dei tre motivi, atteso che esse indicano solo il fatto controverso, ma omettono qualsiasi specificazione, pur riassuntiva, sulle ragioni di decisività del vizio motivazionale riguardante ciascuno dei fatti stessi.

p. 4.1. Il ricorso, comunque, è affetto anche da altra ragione di inammissibilità, rappresentata dall’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè tutti e tre i motivi si fondano sul contenuto di atti e documenti, riguardo ai quali non si fornisce l’indicazione specifica nei termini richiesti da detta norma e precisati da consolidata giurisprudenza della Corte (si vedano, per tutte, Cass. sez. un. n. 28547 del 2008 e n. 7161 del 2010, fra tantissime)”.

p. 2. Il Collegio rileva che sono condivisibili le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali nulla è necessario aggiungere.

Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro tremilaottocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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