Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25544 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. III, 12/11/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 12/11/2020), n.25544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32237/2019 proposto da:

I.A., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv.to

Bruno Fedeli, (bruno.fedeli.varese.pecavvocati.it) con studio in

Oggiona con Santo Stefano (VA) via Alessandro Volta 25, giusta

procura speciale allegata al ricorso, e domiciliato in Roma presso

lo studio dell’avv.to Sabrina Belmonte, con studio in Roma, via

Pirandello 67, (sabrinabelmonte.ordineavvocatiroma.org);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4115/2019 della Corte d’Appello di Milano,

depositata il 14.10.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23.7.2020 dal Cons. Dott. Antonella Di Florio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. I.A., cittadino (OMISSIS), ricorre, affidandosi a due motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata la domanda di protezione internazionale richiesta, declinata nel riconoscimento dello stato di rifugiato, della protezione sussidiaria ed, in subordine, del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente aveva narrato di essere omosessuale e di essersi allontanato dal proprio paese a seguito dell’omicidio del padre del quale sospettava fosse responsabile una persona con la quale aveva avuto in precedenza una relazione appartenente ad una setta della quale egli non aveva accettato di far parte; che in ragione di ciò era stato minacciato di morte ma non poteva denunciare il fatto e chiedere tutela in quanto l’omosessualità, nel suo paese, era severamente punita.

2. Il Ministero dell’Interno non si è difeso ma ha chiesto tardivamente di partecipare alla discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’errata interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda nonchè la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g, artt. 3, 14, relativo alla concessione della protezione sussidiaria, anche in relazione al combinato disposto dell’art. 4 par. 3 d) della dir. 2004/83/CE e dell’art. 13 par. 3 lett.a) della direttiva 2005/85/CE.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. La Corte territoriale ha, infatti, fondato la propria decisione confermando la valutazione di inattendibilità del ricorrente formulata nell’ordinanza impugnata, e precisando che non era stata, comunque, dedotta una condizione di pericolo concreto rispetto alla sua condizione personale.

1.3. Al riguardo si osserva che stabilire se la narrazione, resa dall’interessato, delle circostanze che giustificano la concessione della protezione internazionale sia verosimile e credibile o meno è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e, ove si sia svolto nell’osservanza della griglia valutativa prevista dal D.Lgas. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27503 del 30/10/2018, Rv. 651361 – 01), sede nella quale oltretutto, il vizio dedotto non è stato accompagnato dall’indicazione di elementi concreti, idonei a contraddire il percorso argomentativo della Corte territoriale: viene infatti reiterata la generica denuncia dell’esistenza di violenza generalizzata e di instabilità politica nel paese di origine senza tener conto, da una parte, della vastità di esso e delle diverse dinamiche socio politiche che caratterizzano le varie regioni e, dall’altra, della impossibilità di individuare, in mancanza di credibilità, gli esatti presupposti per il riconoscimento della protezione “maggiore” richiesta.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’errata interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda, nonchè la violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, oltre al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6: censura il provvedimento impugnato nella parte in cui era stata rigettata la sua domanda di protezione umanitaria, senza tenere conto del percorso di integrazione da lui intrapreso nel nostro Paese nè la sua condizione di vulnerabilità.

2.1. Il motivo è inammissibile.

La censura proposta, infatti, è del tutto generica e si limita a criticare la pronuncia impugnata – fondata su una motivazione congrua, logica ed al di sopra della sufficienza costituzionale – in modo generico e senza evidenziare specifici errori commessi dalla Corte territoriale.

2.2. Al riguardo, vale solo la pena di rilevare che il paradigma argomentativo affermato dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (cfr. Cass. 4455/2018 e Cass. SU 24960/2019) e cioè la doverosa comparazione fra il livello di integrazione raggiunto in Italia e le condizioni di violazione dei diritti umani al di sotto del nucleo fondamentale della dignità della persona alla quale l’asilante andrebbe incontro nel paese di origine è stato compiuto dai giudici d’appello che hanno esaminato entrambi gli elementi oggetto di valutazione rispetto ai quali, da una parte, hanno ritenuto completamente assente la prova necessaria a dimostrare l’inserimento lavorativo e sociale del ricorrente e, dall’altra, hanno affermato che nella regione di provenienza (sud del paese) non ricorrevano rischi apprezzabili nè situazione di conflitto o di violenza presenti, invece, nella lontanissima zona del nord ovest della Nigeria.

2.3. La censura, quindi, non prospetta alcuno specifico elemento che consenta alla Corte di apprezzare errori nel percorso argomentativo dei giudici d’appello, e si risolve in una generica richiesta di rivalutazione di merito della controversia non consentita in questa sede.

3. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’amministrazione.

4. La circostanza che il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA