Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2554 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 04/02/2021), n.2554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7103-2019 proposto da:

E.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI,

73, presso lo studio dell’avvocato MARIA MAGGIOLINO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2339/13/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata il 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR della Puglia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello proposto da E.L. avverso la sentenza resa dalla CTP di Bari che aveva respinto i ricorsi proposti dalla detta contribuente, socia della società Emme Group s.r.l. con quota di partecipazione del 100% avverso due avvisi di accertamento notificati alla socia ed alla società per la ripresa a tassazione di IRES, IVA e IRAP per l’anno 2009.

Secondo la CTR non poteva ritenersi viziato l’accertamento emesso senza il rispetto del c.d. contraddittorio endoprocedimentale, in assenza di accesso presso la sede della società contribuente. Aggiungeva che il calcolo del reddito per l’anno 2009 era stato operato dall’Ufficio avendo come logico riferimento i parametri utilizzati per il calcolo del reddito relativo all’anno 2008, non essendo stata nemmeno contestata la percentuale di redditività applicata nell’anno 2008, immediatamente precedente all’annualità in contestazione, nè risultando provati fatti incidenti in maniera negativa sull’esercizio dell’attività d’impresa.

E.L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenza delle entrate si è costituita con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Secondo la ricorrente anche in caso di verifica a tavolino sarebbe necessario il rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12 ult.cit., ricordato comma 7.

La censura è infondata.

Ed invero, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito – cfr. Cass., S.U., n. 24823/2015 -.

A tale principio si è uniformato il giudice di appello, poichè ha correttamente escluso l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale per i tributi IRPEF e add.reg. contestati alla contribuente E., come la stessa ha confermato a pag.1 del suo ricorso per cassazione.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR non avrebbe considerato che rispetto all’anno 2009 l’azienda era stata posta in liquidazione volontaria, sicchè sarebbe errato il metodo di quantificazione operato quanto all’incidenza dei ricavi sulla base dell’annualità precedente, risultando un’anomalia aziendale che non avrebbe giustificato l’emissione dell’accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39. In ogni caso, sarebbe stato necessario tenere in considerazione che ai maggiori ricavi considerati avrebbero dovuto essere correlati i maggiori costi.

La censura è inammissibile.

Per un verso, le doglianze proposte dalla ricorrente si rivolgono non nei confronti della sentenza oggetto di ricorso per cassazione, ma semmai contro l’operato dell’ufficio, così tralasciando di considerare le ragioni giustificative poste a base della decisione e rendendo sotto tale aspetto inammissibile il motivo di censura.

Per altro verso, la ricorrente introduce un elemento, quello della liquidazione volontaria della società nell’anno 2009 che non sarebbe stato considerato per differenziare l’annualità soggetta a ripresa da quella precedente, senza avvedersi che il giudice di appello ha espressamente affermato che la società non aveva provato l’esistenza di fatti incidenti in maniera negativa sull’esercizio dell’impresa. Da qui il rilievo che la censura avrebbe semmai dovuto prospettare il vizio di omesso esame di fatti decisivi e controversi per il giudizio al fine di sovvertire le valutazioni del giudice di merito che questa Corte, come è noto, non può sindacare se non nel limitato ambito della censura inquadrabile nello stigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

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