Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2554 del 02/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 2554 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: FASANO ANNA MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 26328-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
GUGLIELMETTI MICHELANGELO;

intimato

avverso la sentenza n. 234/2009 della COMM.TRIB.REG.
di ANCONA, depositata il 25/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 05/10/2017 dal Consigliere Dott. ANNA
MARIA FASANO.

Data pubblicazione: 02/02/2018

R.G. N. 26328/10

RITENUTO CHE:

A seguito di indagini svolte dalla G.d.F. di Pesaro-Urbino nei

Michelangelo”, esercente attività di commercio all’ingrosso di
prodotti di consumo non alimentari, emergevano elementi
significativi di evasione fiscale con riferimento agli anni oggetto di
controllo (2000, 2001, 2002, 2003, 2004) ed, in particolare, che la
Eram Trading aveva emesso fatture per operazioni
“soggettivamente inesistenti”, acquistando telefoni cellulari da
imprese sanmarinesi per il tramite della società Habitat Trading
S.r.l., società cartiera, la quale, pur dovendo assolvere agli obblighi
IVA, ex art. 17 d.P.R. n. 633 del 1972, non adempiva ad alcun
obbligo fiscale. A seguito di questa prima indagine veniva effettuata
una attività di controllo, che si concludeva con il P.V.C. del 9
maggio 2006, in cui venivano riscontrate movimentazioni bancarie
non giustificate dalla contribuente, per un importo complessivo di
euro 998.278,00. Sulla base delle suddette verifiche venivano
notificato l’avviso di accertamento n. R9P013600780 per IVA,
IRPEF ed IRAP, relativo all’anno di imposta 2003, impugnato dalla
società contribuente innanzi alla CTP di Pesaro, che rigettava il
ricorso. La società contribuente proponeva appello, che veniva
accolto dalla CTR delle Marche con riferimento alla detraibilità dei
costi per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini delle imposte
dirette, rideterminando così il reddito induttivo in euro 916.440,00
e affermando l’indetraibilità dell’IVA sugli acquisti documentati da
fatture soggettivamente false, stante la piena consapevolezza della
contribuente del meccanismo fraudolento. L’Agenzia delle entrate

confronti della ditta individuale “Eram Trading di Guglielmetti

propone ricorso per la cassazione della sentenza, svolgendo un solo
motivo. La parte intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO CHE:

1.Con l’unico motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata
denunciando la violazione degli artt. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986,

violazione dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.., atteso che la CTR è
incorso in ” error juris” in quanto rilevando la piena consapevolezza
della contribuente circa la falsità soggettiva delle fatture, e
comunque in assenza di ogni allegazione e prova circa l’estraneità
alla frode, ha nondimeno ritenuto la deducibilità ai fini delle
imposte dirette dei costi documentati nelle stesse fatture, ed ha, in
via del tutto consequenziale, rideterminato la percentuale di costi
accertata in via induttiva dall’Ufficio tenendo conto anche dei costi
relativi a operazioni soggettivamente inesistenti.

1.1.Le censure sono infondate. L’Ufficio ricorrente lamenta il vizio
denunciato, sostenendo che la CTR erroneamente, pur rilevando la
piena consapevolezza della società contribuente circa la falsità
soggettiva delle fatture, ha comunque ritenuto la deducibilità ai fini
delle imposte dirette dei costi documentati nelle stesse fatture.
A tale riguardo, questa Corte ha affermato che:”In tema di imposte
sui redditi, la partecipazione alla frode carosello o la mera
consapevolezza della stessa, da parte del concessionario, non
determina ex se il venire meno dell’inerenza all’attività di impresa
del bene di cui all’operazione soggettivamente inesistente e non ne
esclude, pertanto, la deducibilità, dovendosi tenere distinti gli
effetti della condotta del contribuente in relazione alla disciplina
dell’IVA e a quella delle imposte dirette, atteso che, nel primo caso,
la condotta dolosa o consapevole del concessionario, a cui è
2

nonché 2, 8 e 14 del d.lgs. n. 74 del 2000, e conseguenziale

parificata l’ignoranza colpevole, impedisce l’insorgenza del diritto
alla detrazione per mancato perfezionamento dello scambio, non
essendo l’apparente cedente l’effettivo fornitore, mentre, ai fini
delle imposte dirette, l’illecito o la mera consapevolezza di esso non
incide sulla realtà dell’operazione economica e sul pagamento del
corrispettivo in cambio della consegna della merce, per cui il costo
dell’operazione, ove imputato al conto economico, può concorrere

dirette nella misura in cui il bene o servizio acquistato venga
reimpiegato nell’esercizio dell’attività di impresa e sempre che non
venga utilizzato per il compimento di un delitto non colposo “(Cass.
n. 13803 del 2014; Conf. n. 16719 del 2016).

2.Da siffatti rilievi consegue che nessuna censura merita la
sentenza impugnata, pertanto il ricorso va rigettato. Nulla per le
spese in mancanza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Così è deciso, in Roma, il 5.10.2017.

nella determinazione della base imponibile ai fini delle imposte

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