Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25538 del 13/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 25538 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 23555-2012 proposto da:
VERARDI GIUSEPPE VITTORIO VRRGPP65L29D883N,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO
VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato PETRACCA NICOLA
DOMENICO, che lo rappresenta e difende, giusta procura ad litem
(per sostituzione di difensore), per atto notaio Andrea Fedele di Roma,
in data 29.10.2013, n. rep. 45.539, che viene allegata in atti;

– ricorrente contro
GIACOMINI GIAN CLAUDIO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PONTEFICI 3, presso lo studio dell’avvocato
GIULIANI MARCO, che lo rappresenta e difende, giusta delega a
margine del controricorso;

– controlicorrente –

8651

Data pubblicazione: 13/11/2013

contro
VANNINI SIMON, ANTONELLI LUCIANA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 49, presso lo studio
dell’avvocato CICALA CARLO, che li rappresenta e difende, giusta

– controricorrenti contro
INA ASSITALIA SPA quale impresa designata per la gestione del
Fondo di Garanzia per le vittime della strada nella regione Lazio,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 87, presso lo
studio dell’avvocato SEMINAROTI ALDO, che la rappresenta e
difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controficorrente avverso la sentenza n. 3520/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 14.6.2011, depositata il 05/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI
GIACALONE;
udito per il ricorrente l’Avvocato Fabrizio Pollari Maglietta (per delega
avv. Nicola Petracca) che si riporta al ricorso;
udito per il controricorrente (Giacomini Gian Claudio) l’Avvocato
Giuliani Marco che si riporta agli scritti;
udito per la controricorrente (ma Assitalia SpA) l’Avvocato Seminaroti
Aldo che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. AURELIO
GOLIA che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 23555 sez. M3 – ud. 06-11-2013
-2-

procura speciale a margine del controricorso;

15) R. G. n. 23555/2012
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione:
“1. — La sentenza impugnata (Corte d’Appello Roma, 05/09/2011) ha, per
quanto qui rileva, rigettato l’appello proposto da Giuseppe Vittorio Verardi
avverso la sentenza del Tribunale di Roma, che lo aveva condannato,

Vittime della Strada, al risarcimento del danno in favore di Simon Vannini,
Gian Claudio Giacomini e Luciana Antonelli, rispettivamente conducente,
trasportato e proprietaria del ciclomotore coinvolto nel sinistro stradale,
causato dallo scontro con l’autovettura di proprietà del Verardi e dallo
stesso condotta. La Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza di
primo grado, rigettando la doglianza del Verardi relativa all’eccezione di
prescrizione, applicando l’art. 2947, terzo comma c.c., aderendo
all’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di prescrizione del
risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli,
l’applicazione della seconda parte del terzo comma dell’art. 2947 c.c. esige
che debba trattarsi non di qualsivoglia sentenza penale ma solo di sentenze
che non dichiarano l’estinzione del reato per prescrizione e, cioè, di
sentenze di condanna o di assoluzione per motivi diversi dalla predetta
estinzione; riteneva che le testimonianze rese da Gabriella Acocella e Silvia
Petrillo fossero coincidenti e circostanziate; affermava che l’esito del
procedimento penale non dovesse avere incidenza nel giudizio civile, stante
la loro reciproca autonomia; riteneva totalmente ininfluente, nella
causazione del sinistro, l’illegittimo trasporto, a bordo del ciclomotore, del
Giacomini.
2. — Ricorre per Cassazione il Verardi sulla base di con quattro motivi;
resistono, con rispettivi controricorsi, il Vannini, il Giacomini e l’Ina
Assitalia Spa. Le censure dedotte dal ricorrente sono:
2.1 — Violazione o falsa applicazione dell’art. 2947 c.c. (eccezione di
estinzione del diritto per intervenuta prescrizione) — omessa e/o insufficiente
motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 5 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello si sarebbe limitata ad
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insieme alla Assitalia Spa, quale impresa designata per il Fondo Garanzia

affermare l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione formulata
dall’odierno ricorrente; sostiene che non possa trovare applicazione il terzo
comma dell’art. 2947 c.c., in quanto, a seguito dell’assoluzione in sede
penale del Verardi perché “il fatto non costituisce reato”, sarebbe venuto
meno il presupposto applicativo di una prescrizione più lunga ai sensi della
norma richiamata. In ogni caso, il diritto al risarcimento del danno sarebbe
ugualmente prescritto, in quanto il reato di lesioni colpose (contestato in

scaduto il 14 febbraio 1999;
2.2 — Violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. (valutazione delle
prove) — Contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio
in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (ricostruzione dei fatti),
per avere i giudici di secondo grado definito le deposizioni delle due testi,
Gabriella Acocella e Silvia Petrillo, concordanti, precise ed attendibili,
omettendo, tuttavia, di valutare una serie di elementi determinanti a
screditare la versione offerta da tali testimoni, ma anche quella fornita dal
Vannini e dal Giacomini;
2.3 — Violazione o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. (assenza di colpa del
Verardi) — Omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per
il giudizio in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (rapporto tra
giudicato penale e giudizio civile), per essersi limitata la sentenza
impugnata ad affermare che, alla luce dell’autonomia del procedimento
civile rispetto a quelli penali instaurati a seguito dell’incidente, l’esito di
questi ultimi non aveva alcuna incidenza, così incorrendo in un vizio di
carenza della motivazione oltre che di contraddittorietà, in quanto, da un
lato, afferma che le prove assunte nel giudizio penale possono essere
utilizzate nel procedimento civile, costituendo prova atipica, dall’altro solo
alcune di esse hanno determinato la decisione e non anche altre, che avrebbe
generato un diverso convincimento; così la Corte Territoriale avrebbe
ignorato le risultanze del procedimento penale, nonostante l’accertamento,
con sentenza passata in giudicato, della totale assenza di colpa del
medesimo;
2.4 — Violazione o falsa applicazione dell’art. 170 del Codice della Strada in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. (responsabilità del
conducente del ciclomotore per aver trasportato dei passeggeri), per non
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sede penale) si prescrive in 5 anni e tale termine, nel caso di specie, sarebbe

aver preso in esame la possibile incidenza sul sinistro dell’illegittimo
trasporto del Giacomini, in quanto la presenza di due persone sul
ciclomotore avrebbe influito sulla dinamica del sinistro, perché il peso ed i
movimenti del passeggero non avrebbero consentito al sistema frenante del
ciclomotore di reagire in fretta ed evitare l’urto con l’autovettura.
3. — Il ricorso è manifestamente privo di pregio.
3.1 — Quanto al primo motivo di ricorso, secondo cui le uniche sentenze

quelle di condanna, ciò contrasta con la lettera della legge, che si riferisce
genericamente a tutte le sentenze penali irrevocabili (con esclusione di
quelle che dichiarano non doversi procedere per estinzione del reato per
prescrizione – art. 529 c.p.p.), facendo decorrere il termine della prescrizione
dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile.
A norma dell’art. 648 c.p.p., comma 1, sono irrevocabili le sentenze
pronunziate in giudizio, contro le quali non è ammessa impugnazione
diversa dalla revisione. Conseguentemente l’irrevocabilità di una
sentenza penale non dipende dal contenuto, ma discende solo dal fatto
che essa sia stata pronunziata in giudizio e non sia impugnabile, per cui
la qualità dell’irrevocabilità delle sentenze penali investe sia quelle di
condanna che di proscioglimento (art. 529 c.p.p. sentenze di
proscioglimento e art. 530 c.p.p., sentenze di assoluzione) (Cass. n.
22883/2007, in motivazione).
3.2 – Il secondo e quarto motivo di ricorso, suscettibili di essere trattati
congiuntamente data l’intima connessione, implicano accertamenti di fatto e
valutazioni di merito. Ripropongono, in particolare, un’inammissibile
“diversa lettura” delle risultanze probatorie, senza tenere conto del
consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui, quanto alla
valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di
legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sè, che appartiene
all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n.
12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). Del resto, i vizi
motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella
difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del
merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice
individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove,
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irrevocabili rilevanti ai sensi dell’art. 2947, terzo comma c.c. sarebbero

controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze
istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n.
6064/08; nonché Cass. n. 26886 /08 e 21062/09, in motivazione). L’esame
dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la
valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il
giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di

altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più
idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto
riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria
decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite
che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere
tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni
difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e
circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente
incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 5328/07, in motivazione;
12362/06). Inoltre, in tema di incidenti stradali la ricostruzione della loro
dinamica, come pure l’accertamento delle condotte dei veicoli coinvolti e
della sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e la loro
eventuale graduazione, al pari dell’accertamento della esistenza o esclusione
del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento
dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al
sindacato di legittimità, qualora il procedimento posto a base delle
conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal
punto di vista logico – giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto
specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova
liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. (tra le tantissime, Cass. 5 giugno 2007 n.
15434; 10 agosto 2004 n. 15434; Cass. 14 luglio 2003, n. 11007; Cass. 10
luglio 2003, n. 10880; Cass. 5 aprile 2003, n. 5375; Cass. 11 novembre
2002,n. 15809).
La sentenza impugnata ha fatto piena e puntuale applicazione dei
principi di diritto affermati da questa S.C., affermando che le due ragazze
sentite come testimoni erano state concordi nell’affermare che il semaforo
era rosso per i veicoli provenienti da Via Lago di Lesina, come l’auto del
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(

Verardi; che dette testimonianze erano state confrontate in sede penale con
quelle rese dal Raneri e tenendo conto delle risultanze di una consulenza
sull’impianto semaforico si era pervenuti ad un giudizio di compatibilità tra
la stessa e le prime due. Ha, infine, concluso affermando che non erano
emersi elementi per ritenere una corresponsabilità del conducente e del
trasportato del ciclomotore, nulla provando il fatto che i due fossero sbalzati
a qualche metro di distanza, tenuto conto, da un lato, del fatto che il

dall’altro, che detto balzo in avanti costituisce notoriamente la conseguenza
tipica dell’urto.
3.3 – Per quanto riguarda il terzo motivo di ricorso, occorre precisare che
l’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile di
danno è regolata dall’art. 652 c.p.p.; in virtù degli artt. 652 e 654 c.p.p.
il giudicato penale di assoluzione (rispettivamente nell’ambito del
giudizio civile di danni – nel caso dell’art. 652 c.p.p. – e nell’ambito degli
altri giudizi civili nell’ipotesi di cui all’art. 654 c.p.p.) ha effetto
preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e
specifico accertamento circa l’insussistenza o del fatto o della
partecipazione dell’imputato, e non anche quando l’assoluzione sia
determinata dal diverso accertamento dell’insussistenza di sufficienti
elementi di prova circa la commissione del fatto o l’attribuibilità di esso
all’imputato e cioè quando l’assoluzione sia stata pronunziata a norma
dell’art. 530 c.p.p., comma 2 (Cass. n. 20325/2006; Cass.17401/2004).
3.3.1. – Inoltre l’accertamento contenuto in una sentenza penale
irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non costituisce
reato non ha efficacia di giudicato, ai sensi dell’art. 652 c.p.p., nel
giudizio civile di danno, nel quale, in tal caso, compete al giudice il
potere di accertare autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti
dedotti in giudizio, e di pervenire a soluzioni e qualificazioni non
vincolate all’esito del processo penale.

(Cass. n. 22883/2007, in

motivazione; n. 3193/2006; n. 20751/2004). Del resto, come esposto al
punto 3.2, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono
consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal
giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a
detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento.
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ciclomotore si arrestò davanti all’auto anziché proseguire la sua marcia e,

4. – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai
sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso.”
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti costituite.
La parte ricorrente ha presentato memoria, riproponendo argomentazioni già
illustrate nel ricorso. Secondo il Collegio, le osservazioni di cui alla
memoria non inficiano i motivi in fatto e in diritto posti a base della

ha trovato autorevole conferma nella sentenza delle Sezioni Unite di questa
S.C. n. 8348 del 5 aprile 2013, così come quello espresso al punto 3.3 è
stato ribadito da Cass. 11 febbraio 2011 n. 3376, oltre che dalla
giurisprudenza richiamata al precedente punto 3.3.1.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha
condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente
infondato;
le spese seguono la soccombenza nel rapporto con le parti costituite;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio a favore del Giannini, del Giacomini e di ma Assitalia, che
liquida in favore di ciascuno di essi, in Euro 3800,00=, di cui Euro 3600,00=
per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2013.

relazione, aggiungendo che il principio espresso al punto 3.1 della relazione

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