Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25535 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 30/11/2011), n.25535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2015/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

V.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 191/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SASSARI, depositata il 23/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

POLICASTRO Aldo, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero della Economia e delle Finanze e la Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione, con un motivo, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, n. 191/9/04, in data 15-11-2004 depositata in data 23-11-2004, confermativa della sentenza della CTP di Sassari che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio IVA di Sassari nei confronti di V.G., titolare di una impresa di costruzioni e movimento terra, nella parte avente ad oggetto per l’anno 1991 la mancata fatturazione di operazioni imponibili e la indebita applicazione di IVA in misura ridotta, confermandolo invece limitatamente all’addebito di omessa registrazione di fatture.

Il contribuente non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre dichiarare la inammissibilità del ricorso del Ministero della Economia e delle Finanze, che non era parte del giudizio di secondo grado.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

Con l’unico, complesso motivo di ricorso la Agenzia deduce violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 16, 21 e 54, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 2, art. 36, comma 2, n. 4, ed omessa ed insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia.

Rileva, in relazione al punto della mancata fatturazione di operazioni imponibili, che la CTR pur avendo riconosciuto che sulla base dei dati forniti dall’Ufficio la gestione della impresa appariva scorretta con forti dubbi di evasione, e che apparivano incongruenti i dati sui consumi di carburante (elevati) rispetto ai ricavi dichiarati (molto bassi) non riteneva sufficienti tali dati per procedere ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in mancanza di altri elementi indiziari, senza fornire alcuna motivazione in punto alla ritenuta insufficienza degli elementi presuntivi esposti dall’Ufficio per procedere ad accertamento , se non la considerazione che le incongruenze tra consumo di carburante e ricavi potevano essere coerenti al tipo di attività svolta dal V. anche tenendo presente la distanza temporale tra il periodo sottoposto ad ispezione (1989) e quello aggetto di accertamento (1991, alla fine del quale cessò l’esercizio dell’impresa); argomentazioni pure non motivate e che andavano casomai nel senso opposto a quello ritenuto dalla CTR. In ordine al punto della applicazione dell’Iva in misura ridotta la Commissione si era limitata ad avviso dell’Ufficio ad una semplice conferma della sentenza di primo grado tratta “dalla conoscenza diretta dei luoghi e dal controllo dei documenti specifici in atti” violando sia in principio che per agevolazioni tributarie l’onere della prova grava sul contribuente, sia l’onere di motivazione.

Il motivo per entrambi i punti non è fondato sotto il profilo della violazione di legge in quanto nel provvedimento impugnato non vi sono affermazioni contrarie alle norme citate, anche relativamente all’onere della prova per il secondo, in quanto l’assunto dell’Ufficio è teoricamente corretto, ma le asserzioni della sentenza non trattano l’argomento, limitandosi ad affermazioni di puro fatto sulla concludenza od inconcludenza degli assunti dell’Ufficio rispetto alle emergenze di causa.

E’ invece fondato in entrambi i casi sotto il profilo del difetto di motivazione.

Per il primo punto la Commissione di appello espone, ritenendoli fondati, rilievi dell’Ufficio di indubbio significato probatorio in senso favorevole alla pretesa erariale, ovvero la scorretta gestione contabile dell’impresa tale da giustificare “forti dubbi di evasione” nonchè la incongruenza obiettiva dei dati di consumo di gasolio in relazione a quelli dei ricavi, quindi afferma che tali elementi non sono sufficienti a concretare il quadro probatorio necessario ai sensi dell’art. 54 cit., senza spiegare il motivo di tale ritenuta insufficienza; quindi sostiene non la esistenza di elementi probatori di segno contrario ma la semplice possibilità di tale esistenza, citando a sostegno il tipo di attività esercitata dal V. e la distanza temporale tra l’anno oggetto di ispezione (1989) e quello oggetto di accertamento (1991) in relazione alla cessazione della attività alla fine di tale anno, senza illustrare il significato di tali asserzioni in relazione alla fondatezza o meno della pretesa impositiva.

In sostanza, la motivazione è assolutamente insufficiente ed insieme contraddittoria, in quanto gli unici dati asseriti come oggettivamente esistenti e condivisi sono quelli favorevoli all’Ufficio, laddove gli altri di segno contrario o comunque tali da porre in dubbio i primi sono meramente supposti e non spiegati se non con affermazioni apodittiche e meramente apparenti.

Quanto al secondo punto, la motivazione è al limite della inesistenza, risultando fondata su asserite conoscenze di luoghi e documenti che rimangono del tutto ignoti e nemmeno sommariamente illustrati.

Il ricorso deve essere quindi accolto, la sentenza cassata e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Sardegna, che provvedere anche sulle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero; accoglie il ricorso della Agenzia, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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