Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25534 del 21/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/09/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 21/09/2021), n.25534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35267-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

MARGHERITA DISTRIBUZIONE SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIAN GIACOMO

PORRO, 8 presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALCITTELLI che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE CAMOSCI;

– controricorrente –

contro

AUCHAN SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1676/12/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata l’11/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

Con sentenza n. 1676/2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 4683/2017 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da Auchan s.p.a. (di seguito solo Auchan) nei confronti del silenzio rifiuto formatosi a seguito di istanza di rimborso di un credito IVA vantato dalla società e relativo all’anno d’imposta 2013.

Come emerge anche dalla sentenza impugnata: a) nella prospettazione della società contribuente, la richiesta di rimborso del era conseguenza di un errore di calcolo, per avere Auchan determinato l’IVA sugli acquisti effettuati dai clienti con i cd. buoni Nectar Italia s.r.l. (di seguito solo Nectar) con riferimento al valore nominale di detti buoni (Euro 5,00) e non già con riferimento al prezzo effettivamente pagato da Nectar ad Auchan, sulla base degli accordi intervenuti tra le due società (Euro 4,37); b) a fronte della richiesta di rimborso l’Amministrazione finanziaria restava silente e il silenzio-rifiuto veniva impugnato da Auchan.

La CTR motivava il rigetto dell’appello dell’Agenzia delle entrate osservando che: a) il giudice di prime cure aveva correttamente applicato alla fattispecie la sentenza della CGUE del 24/10/1996, in causa C-288/94, dalla quale si evinceva che la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio era costituita dal corrispettivo realmente ricevuto; b) ne conseguiva che, nel caso di utilizzo di buoni in pagamento del prezzo di acquisto, “il reale controvalore in denaro rappresentato dal Buono va desunto dall’operazione iniziale di vendita del Buono stesso ed è pari al valore nominale del Buono diminuito dello sconto eventualmente praticato in quella fase”; c) non sussisteva la denunciata violazione dell’onere probatorio, essendo pacifico tra le parti (e quindi non contestato) che “Auchan ha determinato l’importo richiesto a rimborso sulla base di un calcolo non già analitico ma presuntivo, ottenuto scomputando dagli incassi, IVA compresa, riferibili allo sconto praticato sui Buoni (…) un’aliquota media di IVA, desunta dal complesso delle aliquote praticate su tutti i vari beni commercializzati” e la correttezza di tale modalità di computo non era stata specificamente contestata né messa in discussione; L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Margherita Distribuzione s.p.a. resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 2002 c.c.; del D.P.R. n. 430 del 2001, artt. 3 e 4, del D.Lgs. n. 449 del 1997, art. 19; del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 2, n. 4 e comma 3, lett. a), artt. 13, 18 e 19, della Dir Cee nr 77/388/Cee, art. 11 e della Dir 2006/112/CE, art. 74, come interpretato dalla Giurisprudenza comunitaria in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3.

Si critica in particolare il richiamo operato dalla CTR alla decisione comunitaria che non sarebbe dirimente atteso che Auchan non praticava alcuno sconto o abbuono nei confronti dei consumatori finali ma applicava normali prezzi di mercato anche nei confronti di soggetti che pagavano con i buoni Nectar mentre dall’altro- qualora la base imponibile delle vendite effettuate a fronte della presentazione dei buoni dovesse essere costituita dalla somma riconosciuta dalla società Nectar Italia, e non già al valore nominale dei buoni-l’emissione del buono dovrebbe qualificarsi a fronte del riconoscimento del corrispettivo di Euro 4,37 come negozio a titolo oneroso imponibile ai fini di Iva con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di fatturazione nonché di esercizio di

obbligo di rivalsa e del diritto di detrarre l’imposta ad essa relativa.

Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 2697 e 2969 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’Agenzia evidenzia, sotto il profilo dell’error in procedendo: l’erronea applicazione del principio di non contestazione da parte della CTR, non potendo ritenersi, sulla base delle difese dell’Amministrazione finanziaria, la non contestazione del conteggio effettuato da Auchan.

Il primo motivo è infondato.

Va premesso in punto di fatto, come emerge dalle difese delle parti e dal contratto stipulato tra Auchan e Nectar, che: a) Auchan, in qualità di venditore, partecipa, insieme ad altri imprenditori, ad un programma promozionale a punti avente la finalità di fidelizzare la propria clientela, programma realizzato con l’ausilio di Nectar, che ne è il gestore; b) ai clienti di Auchan vengono rilasciate, da parte di Nectar, delle carte magnetiche sulle quali vengono accreditati dei punti in misura proporzionale all’entità della spesa effettuata presso gli esercizi commerciali del venditore; c) al raggiungimento di un certo numero di punti, i clienti hanno diritto a scegliere dei premi, tra i quali figurano anche i buoni Nectar, ciascuno del valore nominale di Euro 5,00, che danno diritto ad acquisti presso il venditore per un controvalore corrispondente; d) Nectar corrisponde ad Auchan per ciascun buono distribuito la somma di Euro 4,37, versamento esente IVA ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 2, n. 4.

La CTR, in conformità a quanto enunciato da CGUE del 24/10/1996, in causa C-288/94, Argos Distribution, sostiene che “la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto a tal fine” e che, pertanto, “in caso di utilizzo di Buoni in pagamento del prezzo di acquisto, il reale controvalore in denaro rappresentato dal Buono va desunto dall’operazione iniziale di vendita del Buono stesso ed è pari al valore nominale del Buono diminuito dello sconto eventualmente praticato in quella fase”.

Ne consegue che, avendo Auchan erroneamente conteggiato VIVA da versare all’Erario con riferimento al valore nominale del buono (Euro 5,00) e non all’effettivo prezzo di cessione a Nectar (Euro 4,37), ha diritto al rimborso dell’IVA indebitamente versata sulla differenza.

La difesa erariale rileva che l’interpretazione della CTR non terrebbe conto delle peculiarità della fattispecie rispetto a quella esaminata dalla Corte di giustizia della UE e omette di considerare che non sussisterebbe alcun nesso diretto tra la somma versata da Nectar per l’acquisto dei buoni spesa e l’acquisto di prodotti presso Auchan, per i quali quest’ultima non pratica alcuno sconto, limitandosi ad accettare il buono per il suo valore nominale. Le vendite effettuate da Auchan ai terzi portatori di buoni spesa dovrebbero, pertanto, essere qualificate come cessioni gratuite di beni, come tali imponibili a fini IVA.

Orbene, secondo quanto chiarito da CGUE del 24/10/1996, in causa C-317/94, Elida Gibbs, “Il principio di base risiede nel fatto che il sistema dell’IVA mira a gravare unicamente il consumatore finale. Di conseguenza la base imponibile dell’IVA che deve essere riscossa dalle autorità fiscali non può essere superiore al corrispettivo effettivamente pagato dal consumatore finale e sul quale è stata calcolata l’IVA dovuta in definitiva da tale consumatore” (punto 19). Pertanto, “tenuto conto in ogni caso del meccanismo dell’IVA, del suo funzionamento e del ruolo degli intermediari, l’amministrazione fiscale non può in definitiva riscuotere un importo superiore a quello pagato dal consumatore finale” (punto 24).

Poiché, pertanto, la base imponibile dell’IVA è rappresentata, per le forniture di beni, da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore da parte dell’acquirente (art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, peraltro recepito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13), il produttore che ha venduto i propri prodotti ad un prezzo successivamente decurtato dallo sconto praticato ha diritto a versare l’IVA in percentuale di quanto effettivamente percepito, corrispondente al prezzo originario del prodotto detratto lo sconto praticato a mezzo buoni sconto (CGUE del 26/10/1996, Elida Gibbs, cit., punto 29; le conclusioni della menzionata sentenza sono riprese anche da CGUE del 15/10/2002, in causa C-427/98, Commissione c/o Repubblica Federale di Germania).

Ad analoghe conclusioni giunge CGUE del 24/10/1996, Argos Distribution, cit., che decide una fattispecie per larga parte analoga a quella oggetto della presente controversia: Argos, come Auchan, compie un’operazione promozionale volta a fidelizzare i propri clienti, cede i buoni acquisto ad altro soggetto per un valore inferiore a quello nominale e accetta di cambiare detti buoni per un controvalore in merci pari al valore nominale di questi titoli.

In tale ipotesi la Corte di giustizia ha ritenuto che il buono, per sua natura, non costituisce altro che un documento nel quale è incorporato l’obbligo assunto dalla Argos di accettare lo stesso al posto del denaro al suo valore nominale (si veda, altresì, CGUE del 27/03/1990, in causa C-126/88, Boots Company, punto 21). Orbene, “per verificare il reale controvalore in denaro rappresentato per la Argos dall’incasso del buono, occorre riferirsi alla sola operazione pertinente al riguardo, ossia l’operazione iniziale di vendita del buono, con o senza sconto. Da tale operazione risulta che, al momento dell’incasso del buono, esso rappresenta per la Argos un controvalore reale in denaro pari alla somma percepita all’atto della sua cessione, ossia al valore nominale del buono, diminuito dello sconto eventualmente accordato” (punto 20).

Fattispecie similare è quella affrontata da CGUE del 24/01/2002, in causa C-62/00, Marks & Spencer (la Marks & Spencer vendeva a varie società buoni acquisto ad un prezzo inferiore al loro valore nominale; i buoni acquisto venivano poi venduti o donati a terzi, i quali potevano utilizzarli restituendoli alla Marks & Spencer al fine di riceverne in cambio prodotti di prezzo equivalente al valore nominale dei buoni stessi) e che, sebbene si pronuncia su questione differente, sembra accreditare una soluzione uguale a quella di CGUE del 24/10/1996, Argos Distribution, cit.

I rilievi dell’Agenzia delle entrate non colgono nel segno: da un lato, Auchan, accettando, a fronte della consegna dei buoni, di cedere merce per un valore superiore a quanto effettivamente percepito da Nectar, finisce con il praticare un vero e proprio sconto sul prezzo finale, non avendo incassato un importo corrispondente al valore nominale della merce ceduta; dall’altro, non può ragionevolmente sostenersi che non vi sia un nesso diretto tra la somma versata da Nectar e l’acquisto dei prodotti, avuto conto del fatto che questi ultimi vengono acquistati proprio con i buoni, in relazione ai quali Nectar riconosce ad Auchan un corrispettivo in denaro.

Ne’ può ragionevolmente ritenersi che si tratti, da parte di Auchan, di una cessione a titolo gratuito, assimilabile ad una cessione a titolo oneroso. In proposito, CGUE del 27/04/1999, in causa C48/97, Kuwait Petroleum, ha effettivamente ritenuto tali le cessioni dei premi conseguiti dai consumatori con i punti acquisiti a seguito della vendita di carburante, ma in tale ipotesi i premi erano stati acquistati e, quindi, ceduti ai clienti dalla stessa società che aveva organizzato la promozione, la quale non si era, dunque, limitata a “scontare” il prezzo di vendita dei propri prodotti.

Ne consegue la conferma della sentenza impugnata in parte qua.

Il secondo motivo merita accoglimento nei limiti di seguito esposti.

La CTR ha affermato che: a) in tema di rimborso d’imposta, l’onere della prova della sussistenza dei presupposti per la ripetizione dell’indebito grava sul contribuente; b) il principio di non contestazione e’, comunque, applicabile anche in sede tributaria; c) l’indicazione presuntiva dell’IVA da restituire proposta da Auchan non è stata specificamente contestata da parte dell’Agenzia delle entrate.

Come da ultimo evidenziato da Cass. n. 7127 del 13/03/2019, questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. n. 29613 del 29/12/2011; Cass. n. 6550 del 27/04/2012; Cass. n. 15026 del 02/07/2014) che quando si controverta su una domanda di rimborso del contribuente, quest’ultimo riveste la qualità di attore in senso non soltanto formale – come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo – ma anche sostanziale.

Ciò significa, in primo luogo, che l’onere di allegare e provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato in domanda grava sul contribuente; secondariamente, che le argomentazioni con le quali l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o contesta che i medesimi siano qualificabili giuridicamente nei termini proposti dal contribuente, costituiscono “mere difese”, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva l’ipotesi del formarsi di un giudicato interno o, ricorrendone i presupposti, l’applicazione del principio di non contestazione.

Con riferimento a tale ultimo principio, certamente applicabile anche nel processo tributario (Cass. n. 1540 del 24/01/2007; Cass. n. 7827 del 31/03/2010), è stato chiarito, proprio in relazione ad una fattispecie similare, che esso non può operare nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria neghi in radice l’esistenza del credito, sicché il difetto di specifica contestazione dei conteggi funzionali alla quantificazione del credito oggetto della pretesa del contribuente può avere rilievo solo quando si riferisca a fatti non incompatibili con le ragioni della contestazione dell’an debeatur.

Invero, il principio di non contestazione opera sul piano della prova e non contrasta, né supera, il diverso principio per cui la mancata presa di posizione sul tema introdotto dal contribuente non restringe il thema decidendum ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell’intera domanda (Cass. n. 9732 del 12/05/2016; Cass. 2020 nr 20832).

Applicando i superiori principi al caso di specie, deve evidenziarsi che l’Amministrazione finanziaria ha negato in radice l’esistenza del credito IVA vantato da Auchan e, quindi, non può ragionevolmente parlarsi di non contestazione della correttezza dei conteggi eseguiti dalla società contribuente; in tal modo si alterano i principi afferenti all’onere della prova che, in ipotesi, grava sicuramente su chi agisce per il rimborso del credito d’imposta. La CTR non avrebbe, pertanto, potuto fondare il proprio convincimento unicamente sulla pretesa non contestazione dei conteggi effettuati da Auchan, ma avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali detti conteggi siano corretti e attendibili.

La sentenza va, pertanto, cassata in parte qua.

PQM

La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA