Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25532 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 30/11/2011), n.25532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6554/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 67/2004 della COMM. TRIB. REG. di CAMPOBASSO,

depositata il 10/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN, che nell’ipotesi che la

notifica non sia andata a buon fine chiede rinvio a nuovo ruolo per

rinnovare la notificazione, in subordine accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI Pasquale, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio delle Imposte dirette di Isernia notificava nel 1997 a M.G. due avvisi di accertamento con i quali era rettificato in aumento il reddito del contribuente per gli anni 1989 e 1990 a fini IRPEF ed ILOR sulla base di assegni a favore del medesimo reperiti nel corso di un controllo presso altra ditta.

Il contribuente impugnava gli avvisi innanzi la CTP di Isernia sostenendone la illegittimità e la infondatezza nel merito.

La Commissione Provinciale accoglieva il ricorso.

Proponeva appello l’Ufficio e la Commissione Tributaria Regionale del Molise con sentenza n. 67/4/04 in data 22-11-04 depositata il 10-2-05 respingeva il gravame, confermando la decisione impugnata.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, con quattro motivi.

Il contribuente non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la Agenzia deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che omessa motivazione in quanto assume che la CTR ha posto alla base della decisione asserzioni che non trovano riscontro nel ricorso di primo grado del contribuente, quali l’assunto che occorreva ispezionare la contabilità del contribuente, la attribuzione di tutti gli assegni a copertura di titoli emessi per il pagamento di interessi al traente, la mancata notifica degli avvisi di accertamento, con conseguente extrapetzione.

Con il secondo motivo deduce omessa od insufficiente motivazione su un punto essenziale della controversia, in quanto la CTR aveva accettato la tesi del contribuente che gli assegni in questione fossero rilasciati a copertura di cambiali dallo stesso contribuente emesse a favore della stessa ditta traente gli assegni (F.lli Visco s.n.c.) fatto in sè illogico e per nulla spiegato, senza alcun vaglio critico della giustificazione addotta dal contribuente.

Con il terzo motivo deduce violazione del D.P.R n. 600 del 1973, art. 32, n. 4, art. 39, comma 1, lett. c), artt. 2727 e 2697 c.c., esprimendo duplice censura. Con la prima sostiene che contrariamente all’assunto della CTR, secondo cui era necessaria la ispezione della contabilità del contribuente anche nella ipotesi, come la presente, di mancata risposta dello stesso ai questionari mod. 55 inviati dall’Ufficio, l’art. 39 cit., considera come autonomo motivo di accertamento la mancata risposta ai questionari, nè era necessaria alcuna ispezione contabile atteso che il contribuente nemmeno aveva eccepito la contabilizzazione degli assegni.

Con la seconda, che gli assegni erano stati considerati non come titoli astratti, ma come meri strumenti di pagamento che attestavano un passaggio di denaro a favore del contribuente, sul quale pertanto ricadeva, contrariamente a quanto si desumeva dalla sentenza, l’onere della prova della non attribuibilità a reddito della somma incassate.

Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 654 c.p.p., ed omessa motivazione, in quanto la CTR aveva affermato che non poteva ignorarsi la assoluzione del M. in sede penale, senza spiegare il significato ed i limiti della asserzione, in ogni caso errata in quanto il giudicato penale non aveva rilievo nel processo tributario.

Il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non risulta nè riportato nè documentato il ricorso di primo grado del contribuente, sì che la Corte non è in grado di apprezzare la fondatezza delle asserzioni della Agenzia.

Ciò posto, deve osservarsi che la CTR ha assunto in sentenza una pluralità di “rationes decidendi” ed indubbiamente ha espresso affermazioni di cui non è chiara la concludenza ai fini della decisione.

Rimane invece non equivoco dalla lettura del provvedimento che il Giudice di appello ha ritenuto espressamente sufficiente per la reiezione del gravame la mancata notifica degli avvisi di accertamento al contribuente, da cui derivava, ad avviso della CTR, la lesione del diritto alla difesa del medesimo e la nullità di tali avvisi.

Asserzione che indubbiamente è in contraddizione con il fatto assunto in premessa della sentenza che gli avvisi erano stati notificati, e che può intendersi come riferimento non agli avvisi di accertamento impugnati bensì ai PVC della Guardia di Finanza nei confronti del terzo presso cui erano stati reperiti gli assegni.

Deve peraltro rilevarsi che tale autonoma “ratio decidendi” non è stata censurata dalla Agenzia se non come extrapetizione nel primo motivo dichiarato inammissibile, nella epigrafe del quale viene menzionato anche il difetto di motivazione, argomento non sviluppato nel corpo del motivo, nel quale sul punto si rinviene solo la asserzione che la tesi della necessità di notifica al contribuente del PVC diretto al terzo era stata confutata dall’Ufficio nei gradi precedenti di giudizio.

Ne deriva che non esiste in ricorso un valido mezzo di impugnazione contro detta autonoma “ratio” che pertanto rimane immune da censura.

I residui motivi di impugnazione sono pertanto privi di rilievo ed il ricorso deve essere rigettato.

Nulla per le spese, in mancanza di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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