Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25532 del 21/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/09/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 21/09/2021), n.25532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35109-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

LINEA COLORE SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 468/5/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE delle MARCHE, depositata il 13/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

Considerato che:

La CTR delle Marche accoglieva, con sentenza nr 468/2018, l’appello proposto dalla Linea Colore s.r.l. in liquidazione avverso la pronuncia della CTP di Ancona che aveva rigettato il ricorso della contribuente avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nell’ambito di una verifica della Guardia di Finanza e con cui erano state contestate ai fini Ires, Irap ed Iva maggiori imposte per l’anno 2006.

Il giudice di appello rilevava che l’azione di recupero posta in essere dall’Agenzia delle Entrate non era suffragata da valida prova.

Osservava in questa prospettiva che le dichiarazioni di chiamata in correità della Linea di Colore sulle quali l’Ufficio aveva essenzialmente basato la sua verifica dovevano ritenersi da un lato non genuine in quanto lo stesso aveva tutto l’interesse a sostenere di aver percepito proventi inferiori a quelli effettivi documentati da bonifici bancari e dall’altro inattendibili poiché il medesimo aveva riferito alla Guardia di finanza che, al fine di creare costi fittizi, formava documentazione fiscale inesistente, avvalendosi di un timbro di una ditta croata, il cui rappresentante in Italia aveva dichiarato ai militari di non aver emesso le fatture in questione.

Sottolineava inoltre i che dall’attività di indagine era emerso che l’attività di sponsorizzazione veniva procacciata e segnalata alla Mediaplus da parte di V.G., direttore sportivo delle scuderie di Fabriano, il quale aveva riferito che l’attività di sponsorizzazione è stata sempre una fondamentale fonte di finanziamento per lo svolgimento dell’attività stessa chiarendo che il legale rappresentante della Linea Colore, A.C., aveva riferito ai militari che era il V. a proporre le modalità e i costi delle sponsorizzazioni e a consegnare i relativi contratti

Evidenziava infine che tale chiamata in correità era priva di riscontro oggettivo dovuto verosimilmente all’incompleta attività di indagine da parte degli accertatori che non hanno eseguito accertamenti bancari sulle movimentazioni dei conto correnti delle società interessate e del V..

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato ad un unico motivo.

La parte intimata non si è costituita.

Diritto

Ritenuto che:

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione Media e e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 19 e art. 21, comma 7 nonché degli art. 2697 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si lamenta che la CTR a fronte di circostanze fattuali non controversi (la società Mediaplus s.r.l. che aveva emesso le fatture contestate era una cartiera,le prestazioni pubblicitarie era state rese come affermato dallo stesso contribuente ed accertato dalla CTR, da V.G., direttore della Scuderia di Fabriano) e le fatture contestate dall’Ufficio erano relative ad operazioni soggettivamente inesistenti ed in parte oggettivamente inesistenti in quanto su dette fatture veniva caricato il 75%/85% di maggiorazione che veniva restituito in contanti al committente e quindi all’odierna contribuente) avrebbe ritenuto non adeguatamente dimostrato la fondatezza dell’azione di recupero promossa dall’Agenzia delle Entrate.

Si duole l’Amministrazione finanziaria che la CTR non avrebbe fatto buon governo dei principi in tema di operazioni soggettivamente ed oggettivamente inesistenti.

Si sostiene che la pronuncia impugnata pur riconoscendo la sussistenza di una interposizione fittizia ben nota al contribuente tanto da aver affermato che i contratti di sponsorizzazione li negoziava con il V., aveva annullato la ripresa a tassazione non solo ai fini Ires e Irap ma anche ai fini Iva che nella specie non poteva essere detratta.

Si osserva che le fatture erano tutte pacificamente soggettivamente inesistenti erano anche parzialmente oggettivamente inesistenti in quanto gli importi fatturati erano superiori del 75%/85% superiori a quelli reali e la differenza veniva restituita ai vari committenti come affermato dal legale rappresentante della società cartiera, Mediaplus s.r.l., C.L..

Si afferma pertanto che una volta dimostrato che la società emittente le fatture contestate è una ” cartiera”, come è pacifico nella specie, questo era elemento sufficiente a fondare l’accertamento senza necessità di ulteriore prova da parte dell’Ufficio spettando al contribuente dimostrare che l’operazione vi è stata e che le relative somme siano state effettivamente versate.

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.

Giova ricordare che in tema della distribuzione, tra Amministrazione finanziaria e contribuente, dell’onere probatorio, in materia di operazioni oggettivamente inesistenti, recentemente questa Corte (Cass. 5/07/2018, n. 17619; 04/07/2019, n. 17981) ha avuto modo di precisare che, poiché la fattura, di regola, costituisce titolo per il contribuente, ai fini del diritto alla detrazione dell’IVA e alla deducibilità dei costi, spetta all’Ufficio dimostrare il difetto delle condizioni per l’insorgenza di tale diritto.

Detta dimostrazione può ben consistere in presunzioni semplici, poiché la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa, alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. 6/06/2012, n. 9108).

Nel caso in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, cioè sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, e quindi contesti l’indebita detrazione dell’IVA e/o deduzione dei costi, ha l’onere di fornire elementi probatori del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata (ad esempio, provando che la società emittente la fattura è una “cartiera” o una società “fantasma”) e a quel punto passerà al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. 30/10/2013, n. 24426).

Quest’ultima prova non può consistere, però, nell’esibizione della fattura, né nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (ex multis: Cass. 3/12/2001, n. 15228, 10/06/2011, n. 12802).

Va ricordato che “In tema d’I.V.A., l’Amministrazione finanziaria, che contesti la cd. “frode carosello”, deve provare, anche a mezzo di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, gli elementi di fatto attinenti al cedente (la sua natura di “cartiera”, l’inesistenza di una struttura, autonoma operativa, il mancato pagamento dell’I.V.A.) e la connivenza da parte del cessionario, indicando gli elementi oggettivi che, tenuto conto delle concrete circostanze, avrebbero dovuto indurre un normale operatore a sospettare dell’irregolarità delle operazioni, mentre spetta al contribuente, che ha portato in detrazione I’I.V.A, la prova contraria di aver concluso realmente l’operazione con il cedente o di essersi trovato nella situazione di oggettiva impossibilità, nonostante l’impiego della dovuta diligenza, di abbandonare lo stato d’ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni, non essendo a tal fine sufficiente la mera regolarità della documentazione contabile e la dimostrazione che la merce sia stata consegnata o il corrispettivo effettivamente pagato, trattandosi di circostanze non concludenti” (Cass. n. 17818 del 09/09/2016; R.v. 640767 -0; Cass. 2021 nr 1448).

La CTR marchigiana ha assunto una decisione in chiaro contrasto con più aspetti tali principi di diritto ed in particolare ha dato rilievo determinante alle dichiarazione di chiamata in correità resa dal C. svalutando la pacifica natura di “cartiera” della società emittente le fatture la società Mediaplus s.r.l.. In conclusione il ricorso va accolto la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR delle Marche affinché, attenendosi agli enunciati principi di diritto, proceda a nuovo esame della controversia e provveda anche relativamente alle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

 

 

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