Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25528 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/11/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 12/11/2020), n.25528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16595-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.E., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato FABIO LIOTTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 194/2012 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA,

depositata il 31/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 dal Consigliere Dott. ARMONE GIOVANNI MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 194/28/12, depositata il 31 dicembre 2012, che ha confermato la sentenza di primo grado, con cui era stato accolto l’originario ricorso del contribuente, signor G.E., proposto avverso una cartella di pagamento in materia di IVA, relativa all’anno 2007;

2. il ricorso è affidato a quattro motivi;

3. resiste con controricorso il contribuente, il quale ha depositato memoria integrativa ex art. 380.bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vecchio testo, l’omessa e/o insufficiente motivazione in relazione a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dal fatto che il contribuente non ha presentato la dichiarazione IVA relativa all’anno 2006 e ha tuttavia visto riconosciuto un credito IVA relativo allo stesso anno d’imposta;

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nuovo testo, l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, costituito sempre dalla circostanza che il contribuente non ha presentato la dichiarazione IVA relativa all’anno 2006 e ha tuttavia visto riconosciuto un credito IVA relativo allo stesso anno d’imposta;

3. con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 1, 7, 8 e 8-bis, art. 3, commi 1, 2, 8 e 10, art. 8 e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis;

4. con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19, 28, 30, 38-bis e 54-bis, nonchè degli artt. 17 della dir. C.E.E. n. 77/388/CE, 167 della dir. C.E.E. n. 2006/112/CE e del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17;

5. il primo motivo è inammissibile, in quanto con esso si censura la motivazione sotto un profilo di insufficienza e contraddittorietà, secondo il vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonostante che il ricorso sia stato proposto avverso una sentenza depositata il 31 dicembre 2012, quando era dunque già applicabile (del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, ex art. 54, comma 3, conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) il nuovo testo dell’art. 360 e il semplice vizio logico della motivazione non era più invocabile;

6. i restanti motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro intima connessione, sono inammissibili o infondati;

7. la cartella esattoriale originariamente impugnata era finalizzata a recuperare un credito IVA relativo all’anno 2006, che il contribuente aveva portato in detrazione nell’anno 2007 e che l’Agenzia delle entrate riteneva non spettante, in ragione del fatto che nell’anno 2006 il contribuente non aveva presentato alcuna dichiarazione;

8. la CTR, con motivazione invero molto stringata, ha riconosciuto l’esistenza del credito, desumendola dal fatto che lo stesso era stato liquidato dal contribuente nelle dichiarazioni mensili dell’anno 2007, per poi affermare che, in presenza di tali dichiarazioni periodiche e nonostante le irregolarità concernenti la dichiarazioni annuali, detto credito potesse legittimamente essere portato in detrazione;

9. l’Agenzia censura la sentenza della CTR, facendo discendere dalla omessa dichiarazione annuale due conseguenze: in primo luogo, l’insussistenza del credito; in secondo luogo, l’impossibilità di portare comunque tale ipotetico credito in detrazione, in quanto la prima dichiarazione annuale in cui il credito era stato esposto era stata presentata sotto forma di dichiarazione integrativa il 30 settembre 2009, oltre i termini previsti del D.P.R. 22 luglio 1988, n. 322, art. 2, commi 1, 7 e 8-bis, art. 3 e art. 8;

10. sostiene inoltre l’Agenzia che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, non sia consentito al contribuente presentare una dichiarazione integrativa;

11. il Collegio ritiene che i due profili, della sussistenza del credito e della possibilità di recuperarlo mediante il trasferimento della correlativa detrazione al periodo d’imposta successivo, debbano essere tenuti distinti, soprattutto in considerazione della tipologia di censure che contro ciascuno di essi sono state mosse;

12. quanto al primo profilo, la CTR ha accertato l’esistenza del credito sulla base del fatto che lo stesso era stato liquidato dal contribuente nelle dichiarazioni periodiche: “per la parte del credito portato in compensazione dal contribuente, e ritenuto comportamento legittimo dai giudici di primo grado, si rileva la sua documentazione dalle liquidazioni mensili dell’anno. Anche se non correttamente dichiarato dal contribuente nelle dichiarazioni annuali, detto credito si ritiene esistente e quindi utilizzabile in compensazione di debiti d’imposta” (pag. 3 della sentenza);

13. rispetto a tale accertamento, la censura della ricorrente si muove nell’alveo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nuovo testo, e si sostanzia nella seguente critica (pag. 14 del ricorso per cassazione): “se la Commissione Tributaria Regionale di Milano avesse esaminato il fatto controverso e decisivo del giudizio rappresentato dalla possibilità di compensare un credito IVA (relativo ad un’annualità per la quale era stata, pacificamente, omessa la presentazione della relativa dichiarazione annuale) la cui esistenza era contestata dall’Amministrazione finanziaria con i debiti Iva relativi all’annualità successiva (per la quale, parimenti in modo pacifico, era stata omessa la presentazione della dichiarazione annuale) – certamente, non avrebbe potuto ritenere illegittima la cartella esattoriale con cui detta compensazione era stata disconosciuta”;

14. tale censura si profila inammissibile per molteplici ragioni;

15. in primo luogo, il “fatto decisivo per il giudizio”, il cui omesso esame vizia la sentenza impugnata davanti alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nuovo testo, deve intendersi come un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” (v. Cass. 8/10/2014, n. 21152, Cass. 3/10/2018, n. 24035);

16. pertanto, non può considerarsi un fatto, secondo tale accezione, quello evidenziato dall’Agenzia, ossia “la possibilità di compensare un credito IVA… la cui esistenza era contestata dall’Amministrazione finanziaria con i debiti Iva relativi all’annualità successiva”, trattandosi, all’evidenza, di una questione di carattere giuridico e non di un fatto storico;

17. in secondo luogo, anche a voler considerare come fatto storico la mancata presentazione della dichiarazione annuale, va rilevato che la sentenza impugnata mostra, sia pure in termini assai stringati, di aver preso in considerazione tale circostanza della irregolare dichiarazione annuale del contribuente, salvo poi negarne la decisività ai fini della decisione adottata (“anche se non correttamente dichiarato dal contribuente nelle dichiarazioni annuali, detto credito si ritiene esistente”);

18. in terzo luogo, la censura si profila carente anche sotto il profilo della decisività, non avendo l’Agenzia spiegato con sufficiente chiarezza perchè la circostanza della mancata presentazione della dichiarazione annuale, se considerata, avrebbe portato con certezza o elevato grado di probabilità a escludere l’esistenza del credito, se è vero che la dichiarazione annuale è solo uno dei modi, come meglio si vedrà, attraverso i quali un determinato credito d’imposta viene posto all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria;

19. in conclusione, il secondo motivo si risolve in una critica alla adeguatezza logica della motivazione, critica come noto non più ammessa dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

20. pertanto, sull’esistenza del credito deve dirsi formato il giudicato interno;

21. le restanti censure per violazione di legge (terzo e quarto motivo) non riguardano invece l’esistenza del credito, ma le modalità con cui il contribuente ha inteso farlo valere, appunto mediante il trasferimento in detrazione d’imposta nell’anno successivo;

22. è noto al riguardo che un credito d’imposta IVA può essere fatto valere nei confronti dell’Amministrazione in due modi: mediante il meccanismo della detrazione d’imposta oppure chiedendone il rimborso dopo aver versato le somme dovute;

23. la prima modalità, più favorevole per il contribuente, è però soggetta a due condizioni: il credito deve essere esposto in una dichiarazione rivolta all’Amministrazione e ciò deve avvenire entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto;

24. l’Agenzia ritiene che tali condizioni non siano state rispettate, in quanto il contribuente non solo ha omesso la dichiarazione annuale relativa all’anno 2006, ma anche quella degli anni successivi, salvo presentare una dichiarazione integrativa in data 30 settembre 2009, oltre il termine biennale sopra citato;

25. ritiene il Collegio che l’assunto di partenza dell’Agenzia sia inesatto, in quanto legato a un orientamento della giurisprudenza di legittimità già in passato non unanime e comunque ormai superato;

26. come precisato dalle Sezioni Unite della S.C. in sede di risoluzione di un contrasto interpretativo sul tema e come costantemente ribadito dalla giurisprudenza successiva, “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione” (Cass., Sez. Un., 8/9/2016, nn. 17757 e 17758, Cass. 23/2/2018, n. 4392, Cass. 3/4/2018, n. 8131, Cass. 13/6/2018, n. 15459);

27. secondo tale insegnamento, corroborato da un’approfondita analisi della giurisprudenza Eurounitaria, “il fatto costitutivo del rapporto tributario col fisco nazionale è ravvisato dalla effettività e liceità dell’operazione, mentre obblighi di registrazione, dichiarazione e consimili hanno una diversa funzione meramente illustrativa e riepilogativa dei dati contabili, finalizzata ad agevolare i controlli dell’Amministrazione finanziaria per l’esatta riscossione dell’imposta. L’esercizio del diritto di detrazione dell’eccedenza IVA, che deve essere tutelato in modo sostanziale ed effettivo, va dunque riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento equivalente, come, ad esempio, la documentazione contabile, essendo, invece, a tal fine poco rilevante l’osservanza degli obblighi dichiarativi” (p. 3.7. di Cass. n. 17757 del 2016);

28. pertanto, quando, come accaduto nella specie, pur in assenza di dichiarazione annuale, vi sia stata un’esposizione del credito vantato nelle dichiarazioni periodiche mensili IVA dell’anno successivo (dunque nel rispetto del termine biennale), la detraibilità mediante compensazione non può essere negata;

29. il terzo e il quarto motivo sono invece imperniati sulla violazione delle disposizioni relative alla dichiarazione annuale, nonchè sulla giurisprudenza, ormai superata, che poneva in esponente il dato formale della presentazione della dichiarazione annuale ed escludeva la rilevanza della presentazione di dichiarazioni periodiche, rilevanza che l’Agenzia aveva peraltro negato in radice già in sede di analisi della questione dell’esistenza del credito (v. pag. 14 del ricorso);

30. detti motivi sono pertanto infondati;

31. il ricorso va in conclusione rigettato;

32. le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 3.000,00, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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