Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25523 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 30/11/2011), n.25523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.M.T., elettivamente domiciliata in Roma, via

Vittorio Bachelet n. 12, presso lo studio dell’avv. Carlo della

Vedova, rappresentata e difesa dall’avv. FRANCO Esposito Ziello;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

ministro pro tempore, e AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del

direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che le

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

centrale, sez. 19^, n. 10.097 depositata il 12 dicembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20.10.2011 dal consigliere relatore dott. Aurelio Cappabianca;

udito, per la ricorrente, l’avv. Riccardo Della Vedova;

udito, per l’Amministrazione controricorrente, l’avvocato dello Stato

Barbara Tidore;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per la declaratoria

dell’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.T., erede di P.G., propose ricorso avverso l’avviso di accertamento di maggior valore di un fondo facente parte della successione.

Costituitasi l’Amministrazione – che, tra l’altro, sottolineava come l’accertamento fosse divenuto definitivo nei confronti della madre e coerede della ricorrente F.P. – l’adita commissione di primo grado accolse il ricorso, riconoscendo la congruità dei valori dichiarati.

In esito all’appello principale dell’Ufficio ed a quello incidentale della P., la commissione di secondo grado, in aderenza all’appello incidentale della contribuente, escluse la definitività dell’accertamento nei confronti della madre della ricorrente F. P., sia perchè questa era qualificabile legataria e non coerede sia perchè la figlia M.T. aveva agito anche per conto suo, disponendo di sua procura generale; disattendendo l’appello principale dell’Agenzia, i giudici di appello riaffermarono, peraltro, l’esattezza del valore dei beni caduti in successione, così come indicati nella correlativa denunzia.

Prestata acquiescenza in merito al capo della sentenza di secondo grado che aveva affermato la correttezza dei valori dichiarati, l’Ufficio propose ulteriore impugnazione davanti alla Commissione tributaria centrale, censurando la decisione dei giudici di secondo grado nella parte in cui aveva ritenuto non definitivo l’accertamento nei confronti di F.P..

Sull’opposizione della contribuente, l’impugnazione fu accolta, sul presupposto che la P. non aveva mai dichiarato di agire anche per conto della madre (mentre l’autonoma notifica alla madre dell’atto di accertamento imponeva la personale reazione della stessa, non potendo la sua eventuale estraneità alla pretesa fiscale essere rilevata dal giudice).

Avverso tale decisione, P.M.T. ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrati anche con memoria.

L’Agenzia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la contribuente deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 637 del 1972, art. 46; violazione e falsa applicazione della L. n. 637 del 1972, artt. 20 e 23” e, ai sensi dell’art. 666 bis c.p.c. formula il seguente quesito di diritto: “1. Dica la Suprema Corte di Cassazione se il soggetto indicato nel testamento come usufruttuario in conto di legittima sia qualificabile come legatario o erede; 2. Qualora venga qualificato come legatario, dica la Suprema Corte di Cassazione se il legatario, ai sensi del D.P.R. n. 637 del 1972, art. 46 sia obbligato in solido all’erede al pagamento dell’imposta di successione principale, ed eventualmente, in caso di avviso di accertamento di maggior valore, dell’imposta di successione complementare; 3. Dica la Suprema Corte di Cassazione se, ai sensi del D.P.R. n. 637 del 1972, artt. 20 e 23 la base imponibile dell’imposta dovuta dall’usufruttuario può essere calcolala solo dopo che è divenuto definitivo l’accertamento del valore dei beni attribuiti dal testatore in nuda proprietà all’erede”.

Con il secondo motivo di ricorso, la contribuente deduce in via subordinata “violazione e falsa applicazione dell’art. 1306 c.c., comma 2” e formula i seguente quesito: “Dica la Suprema Corte di Cassazione se il coobbligato solidale al pagamento dell’imposta di successione complementare, ai sensi dell’art. 1306 c.c., comma 2, possa chiedere alla Amministrazione Finanziaria di beneficiare di un accertamento di valore dei beni caduti in successione più favorevole accertamento divenuto medio tempore definitivo in favore di un altro coobbligato in solido (vd. Cass. 15.02.2000 n. 1681; Cass. 26.05.2003 n. 8295)”.

La decisione impugnata s’impernia sul fatto (oggetto di accertamento del giudice a quo non censurato in questa sede) che P.M. T., introducendo la lite in opposizione all’accertamento, non dichiarò di agire anche in nome e per contro della madre nè allegò procura.

Sulla base di tale rilievo – che, per altro verso, rivela come le censure in questa sede proposte dalla ricorrente non colgano la ratio della decisione impugnata – occorre, prioritariamente, dichiarare d’ufficio (cfr. Cass. 15405/10, 24047/09, 7258/03) l’inammissibità, per difetto d’interesse, dell’impugnazione incidentale, con la quale la P., richiese in appello (v., fgl. 2 della decisione della Commissione centrale) la declaratoria dell’estraneità della madre F.P. all’obbligazione tributaria.

Tale appello risulta, infatti, diretto contro profilo della decisione impugnata (riferita vincolatività e definitività dell’accertamento nei confronti di F.P.) estraneo ai termini soggettivi propri del rapporto processuale e, in proiezione, del relativo giudicato.

La rilevata inammissibilità dell’appello incidentale della P. comporta la nullità degli atti successivi derivati, ivi compresi il capo della decisione della Commissione regionale incidente sulla posizione di F.P. e la decisione della Commissione centrale qui impugnata, cha va, conseguentemente, cassata senza rinvio.

Per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte: decidendo sul ricorso, dichiara l’inainmmissibilità dell’appello incidentale proposto da P.M.T. e la nullità di tutti gli atti successivi derivati, ivi compresa l’impugnata decisione della Commissione tributaria centrale; cassa senza rinvio la decisione medesima; compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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