Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25520 del 12/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/10/2018, (ud. 05/07/2018, dep. 12/10/2018), n.25520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20269-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta a difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

NOVENIO BUCCHI 7, presso lo studio dell’avvocato VALERIO CANNIZZARO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ARMANDO LA VIOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 147/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

LATINA, depositata il 10/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2018 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA.

Fatto

MOTIVI IN FATTO

Il fallimento (OMISSIS) s.p.a. impugnava un avviso di rettifica del reddito di impresa con il quale erano state recuperate una maggiore IRPEG ed una maggiore ILOR per l’anno di imposta 1995.

La CTP di Latina accoglieva il ricorso con sentenza n.746/3/02 che veniva notificata in data 6.5.2003.

L’ufficio proponeva appello, applicando la sospensione dei termini biennali L. n. 289 del 2002, art. 16.

La CTR del Lazio, con sentenza n. 853/39/05 dichiarava tardivo l’appello dell’ufficio.

La Corte di Cassazione, con pronuncia n.8180/2008 cassava la sentenza con rinvio ritenendo, nella specie, applicabile l’istituto della sospensione dei termini per il condono.

Riassunto il giudizio la CTR dichiarava nuovamente tardivo l’appello dell’ufficio sul presupposto che la curatela fallimentare non potesse avvalersi delle norme sul condono, perchè in contrasto con il principio della par condicio creditorum e quindi non si applicasse la sospensione dei termini previsti dalla agevolazione fiscale.

L’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi.

Il Fallimento (OMISSIS) resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI IN DIRITTO

1.Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità della impugnazione per intervenuta decadenza.

La sentenza della CTR è stata depositata il 10.6.2010.

Il ricorso per cassazione è stato passato per la notifica all’ufficiale giudiziario in data 26.7.2011, ultimo giorno utile per l’impugnazione. In tema di notificazione, il momento di perfezionamento per il notificante, ai fini della tempestività dell’impugnazione è costituito dalla consegna dell’atto da notificarsi all’ufficiale giudiziario, la cui prova può essere ricavata dal timbro, ancorchè privo di sottoscrizione, da questi apposto sull’atto, recante il numero cronologico, la data e la specifica delle spese, salvo che sia in contestazione la conformità al vero di quanto da esso desumibile, atteso che le risultanze del registro cronologico, che egli deve tenere ai sensi del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 116, comma 1, n. 1, fanno fede fino a querela di falso (tra le altre Cass. 3755/2015).

2.a.Con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., commi 1 e 2 e dell’art. 371 c.p.c.

Lamenta l’ufficio che la CTR avrebbe violato il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione procedendo ad una diversa qualificazione giuridica dello stesso rapporto controverso in contrasto con l’intangibilità della pronuncia.

2.b. Con il secondo motivo l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 288 del 2002, art. 16 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR ritenuto tardivo l’appello dell’ufficio sull’errato presupposto che non potendo avvalersi la curatela fallimentare delle norme sul condono, la proroga dei termini processuali previsti dalla L. n. 289 del 2002, nella specie, non potesse applicarsi.

3. Va preliminarmente esaminata, per motivi di ordine logico, la seconda censura.

3.a. Non vi è alcun dubbio che la procedura fallimentare potesse accedere alla chiusura delle liti fiscali pendenti prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16.

Questa Corte ha più volte affermato che legittimato a proporre istanza di definizione agevolata, a seguito del fallimento del contribuente, non è solo il curatore, ma in caso di inerzia di quest’ultimo, anche il fallito (cass. 6248/2014; 27277/16).

La censura è dunque fondata.

4. Anche la prima censura è fondata.

E’ orientamento giurisprudenziale consolidato che il giudizio di rinvio deve svolgersi entro i limiti segnati dalla sentenza di annullamento e non si può estendere a questioni che siano ormai coperte dal giudicato implicito e interno, poichè il loro riesame verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione. Le Sezioni Unite hanno già avuto occasione di ribadire (Cass. Sez. Un. 22 luglio 2013, n. 17779) che la pronuncia di Cassazione per errore in iudicando, con enunciazione del principio di diritto cui il giudice di rinvio deve uniformarsi, preclude il riesame con riguardo ai fatti che quel principio presupponga come pacifici o già accertati; in sostanza, il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato, e non può rimetterne in discussione il carattere di decisività.

Nella specie questa Corte con la sentenza n.8180/2008 aveva accolto il ricorso dell’Agenzia ritenendo applicabile l’istituto della sospensione dei termini per il condono di cui alla L. n. 269 del 2002, art. 16 sul presupposto che la normativa in materia di condono fosse applicabile al rapporto dedotto, in cui era parte un fallimento. La Corte aveva ritenuto non condivisibile la tesi prospettata dalla parte resistente, secondo la quale la notifica della sentenza di primo grado, che la vedeva vittoriosa dovesse intendersi come rinuncia al condono, in quanto tale adempimento non era ostativo della possibilità di definire la lite in base alla L. n. 289 del 2002, art. 16.

Il Giudice di rinvio ha dunque violato il principio di diritto affermato dalla Corte ritenendo, nuovamente, di dichiarare l’appello dell’Ufficio tardivo per l’impossibilità della procedura fallimentare di accedere al condono, circostanza già esclusa dal giudice di legittimità.

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per esaminare il merito dell’appello. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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