Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2552 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. I, 04/02/2020, (ud. 25/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25266/2015 proposto da:

Banca Monte Dei Paschi Di Siena Spa, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Antonio Bosio 2, presso lo studio dell’avvocato Luconi Massimo, che

la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.V., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Delle

Milizie 38, presso lo studio dell’avvocato De Luca Giovanni, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cocco Fabio, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2403/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/11/2019 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 30.10.2014, la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Vicenza aveva accertato l’illegittimità dell’operato dell’istituto di credito in relazione alla levata del protesto dell’assegno bancario n. (OMISSIS) dell’importo di Euro 8.280,00, tratto dal sig. D.G.V. sul conto corrente n. 257/78, ed aveva ordinato la cancellazione della segnalazione effettuata dalla Banca alla Centrale Rischi Interbancaria con riferimento al medesimo assegno.

Il giudice di secondo grado ha evidenziato che, in virtù degli artt. 7 e 15 del regolamento contrattuale, alla data in cui l’assegno poi protestato era stato presentato per l’incasso (27.9.2005), la convenzione assegni era ancora in essere tra le parti, nonostante la banca avesse comunicato, con raccomandata ricevuta dal cliente in data 26.9.2005, il proprio recesso dalla predetta convenzione. Ciò in relazione alla previsione contrattuale di un termine di preavviso, pari ad un giorno, per il perfezionamento del recesso.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. affidandolo ad unico articolato motivo.

D.G.V. si è costituito in giudizio con controricorso.

La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1366,1375,1845 e 1855 c.c., nonchè della L. n. 386 del 1990, art. 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta la Banca che l’interpretazione strettamente letterale delle clausole contrattuali, operata dai giudici di merito, fosse incompatibile con i principi di interpretazione ed esecuzione del contratto secondo buona fede, canonizzati agli artt. 1366 e 1375 c.c., avendo, peraltro, la Corte d’Appello omesso una qualsivoglia motivazione a supporto della propria decisione.

Ad avviso della ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto statuire l’immediata efficacia della revoca dalla convenzione assegni, non appena comunicata in data 26.9.2005, e, conseguentemente, la legittimità del rifiuto opposto dalla Banca di pagare l’assegno emesso dal sig. D.G. dopo aver ricevuto la comunicazione di revoca.

La Corte d’Appello avrebbe dovuto compiere una valutazione complessiva del comportamento delle parti, e, segnatamente, di quello del De Girone, che aveva emesso un secondo assegno addirittura in data 18.11.2005, qualche mese dopo la revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni.

2. Il ricorso è infondato.

Va osservato che la Corte d’Appello di Venezia, con un percorso argomentativo articolato ed immune da vizi logici, ha statuito che la revoca della convenzione ad emettere assegni disposta dalla banca nei confronti del De Girone non poteva ritenersi operante se non dopo decorso il termine di preavviso stabilito dall’art. 7 del contratto (un giorno), dalla comunicazione di tale revoca, a favore di entrambe le parti. Pertanto, la Banca non poteva rifiutarsi di pagare l’assegno emesso dal cliente dato che, essendo tuttora in corso il termine di preavviso, la convenzione di assegni non aveva ancora perso efficacia.

Il giudice di secondo grado ha, altresì, evidenziato come l’art. 15 del contratto di conto corrente – secondo cui l’azienda di credito non era tenuta ad onorare gli assegni emessi in data posteriore a quella in cui il recesso era divenuto operativo a norma dell’art. 7, comma 7 – completasse la previsione contenuta in quest’ultima clausola, confermando la liberazione della banca dagli obblighi connaturati alla convenzione assegni solo dopo il completamento del preavviso disciplinato dal citato art. 7.

Non vi è dubbio che la Corte d’Appello abbia fatto una corretta applicazione dei principi di interpretazione contrattuale, sia di quello letterale, sia di quello sull’interpretazione complessiva delle clausole di cui all’art. 1363 c.c., analizzando il contenuto delle clausole contrattuali, sia singolarmente sia in combinazione tra loro. Peraltro, l’accertamento di tale contenuto, costituendo apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità.

Nè è in alcun modo persuasiva l’affermazione della ricorrente secondo cui l’interpretazione della Corte di merito sarebbe contraria a buona fede.

Il giudice di secondo grado ha avuto anche cura di precisare che l’impostazione della banca – secondo cui la stessa sarebbe legittimata a non onorare più gli assegni emessi dal cliente dal momento della semplice comunicazione a quest’ultimo della revoca della convenzione di assegni, indipendentemente dal decorso del preavviso – non trova in alcun modo giustificazione nel timore dello stesso istituto di credito di essere esposto al pericolo di dover pagare gli assegni nonostante la mancanza di provvista: la mancanza di autorizzazione ad emettere assegni è cosa ben diversa dall’assenza di provvista, e pertanto, nel periodo di preavviso necessario ai fini del perfezionamento della revoca ad emettere assegni, la banca può comunque ben rifiutare il pagamento dei titoli per mancanza di fondi e, in questo caso, il protesto sarà elevato con tale diversa causale.

Dunque, l’affermazione della ricorrente secondo cui l’interpretazione della Corte d’Appello sarebbe contraria a buona fede si configura come apodittica, non confrontandosi minimamente con il preciso percorso argomentativo del giudice di merito.

Infine, non censurabile è l’affermazione del giudice di secondo grado di ritenere irrilevante, ai fini della interpretazione del contratto, la circostanza che nel novembre 2005 il D.G. avesse emesso un altro assegno: essendo in quel periodo già venuta meno da tempo la convenzione assegni, non si poneva una questione – come per il primo assegno – di interpretazione del momento di perfezionamento della revoca ad emettere assegni.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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