Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2552 del 04/02/2010

Cassazione civile sez. III, 04/02/2010, (ud. 04/12/2009, dep. 04/02/2010), n.2552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26217-2005 proposto da:

GEOSYNTECH SRL (OMISSIS) in persona del legale rappresentante in

carica pro tempore Dott. M.C.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI 4, presso lo studio

dell’avvocato GIGLI GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CELLOT MIRIAM giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA PER I SERVIZI SANITARI (OMISSIS) FRIULI OCCIDENTALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 782/2005 del TRIBUNALE di TRIESTE, emessa il

19/5/2005, depositata il 19/05/2005, R.G.N. 4161/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2009 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato GIUSEPPE GIGLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PIVETTI MARCO che ha concluso per improcedibilità o in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza del 16 settembre 2004 il Giudice di Pace rigettava la opposizione del 5 dicembre 2003 a decreto ingiuntivo, richiesto ed ottenuto dalla GEOSYNTECH s.r.l nel confronti dell’Azienda per i servizi sanitari n. (OMISSIS) “Friuli Occidentale” e condannava l’azienda al pagamento di euro 1224/00, oltre spese ed accessori.

Avverso questa decisione proponeva appello l’Azienda e il Tribunale di Trieste in composizione monocratica accoglieva l’appello.

Per quel che in questa sede interessa il giudice dell’appello dichiarava non luogo a provvedere sul merito della domanda, trattandosi di controversia soggetta alla cognizione arbitrale.

Contro la sentenza del Tribunale ricorre per cassazione la GEOSYNTECH s.r.l., affidandosi a tre motivi.

Non si è costituita l’intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo (violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con particolare riferimento alla L. n. 109 del 1994) la ricorrente lamenta che il giudice dell’appello abbia ritenuto che la ragione dell’intervento avvenuto nel 2001 (guasto all’impianto del 15 novembre 2001 per cui fu richiesto dall’Azienda l’intervento della società) fosse ricollegabile agli obblighi previsti nel contratto di appalto stipulato tra le parti, che prevedeva la devoluzione agli arbitri in ordine anche alle questioni interpretative di ciascun contratto di affidamento della direzione dei lavori (p. 1 sentenza impugnata).

Assume la ricorrente che l’Azienda denunciò un guasto all’impianto elettrico presso il presidio ospedaliero di (OMISSIS) e ad essa fu richiesto un intervento di consulenza urgentemente richiesto dalla stessa Azienda.

A seguito di questa richiesta, urgentemente formulata dall’Azienda, la ricorrente affidò l’incarico all’ing. C., già direttore dei lavori di adeguamento dell’impianto elettrico etc., per analizzare le origini di un guasto all’impianto stesso verificatosi nella notte del 15 novembre 2001 presso quel presidio.

Il consulente espletò l’incarico e la ricorrente ne pagò il compenso, in virtù del quale richiese ed ottenne il decreto ingiuntivo opposto (p. 2 ricorso).

Assume la ricorrente che la pretesa creditoria da essa avanzata, per la consulenza richiesta all’ing. C., non fosse promanazione degli obblighi contrattualmente assunti in data 1 dicembre 1998 quanto all’espletamento dell’attività di direzione dei lavori a suo carico.

Infatti, applicandosi, nella specie, la normativa sul contratto di appalto di opere pubbliche, il termine finale di esecuzione deve essere individuato nel compimento materiale dell’opera, nel caso che interessa, in data 1 dicembre 2000, con conseguente obbligo di procedere al collaudo nel termine di sei mesi successivi, mentre il collaudo sarebbe avvenuto dopo tre anni (p. 8-9 ricorso).

La stessa natura della prestazione (l’intervento urgentemente richiesto all’ing. C. – direttore dei lavori – in data 15 novembre 2001) sarebbe stata estranea al rapporto invocato dall’Azienda, perchè il C., contrattualmente, era preposto alla verifica tra la fase progettuale e la fase attuativa.

Il guasto operativo denunciato dall’Azienda si era verificato negli impianti già presi in consegna dal committente all’epoca da più di un anno, regolarmente eseguiti oltre che messi in funzione (p. 10-11 ricorso).

2.- Al riguardo, osserva il Collegio che, come è giurisprudenza costante da cui non è il caso di discostarsi, l’interpretazione di una clausola arbitrale si traduce in un apprezzamento di fatto affidato al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità se non per il caso di insufficienza o contraddittorietà di motivazione, tale da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione ovvero per violazione delle norme ermeneutiche espressamente dedotta dalla controparte (Cass. n. 3614/04), che, in questo caso, non sussiste.

Infatti, la censura attiene alla non estensione della clausola compromissoria in riferimento all’intervento del C. per conto della ricorrente.

Il giudice dell’appello, esaminando l’art. 10 di entrambi i disciplinari stipulati tra l’Azienda e la ricorrente, nonchè il contenuto dell’art. 2 (oggetto dell’incarico), pur precisando che lo stesso si presta “a qualche dubbio interpretativo, facendo espresso riferimento anche alla “assistenza al collaudo”, che sembra orientare l’interprete verso l’omnicomprensività dell’incarico (e quindi del compenso al professionista) fino al superamento del collaudo stesso” (p. 2 sentenza impugnata), ha statuito che la volontà negoziale delle parti ha voluto rassegnare al collegio arbitrale il dissipare il dubbio (p. 1-2 sentenza impugnata).

Questa deduzione resiste ad ogni censura, così come formulata, anche perchè, e lo riporta la stessa ricorrente, il collaudo non era stato ancora effettuato, anzi avvenne dopo tre anni (p. 9 ricorso).

Ed è indubbio che fino a quando l’opera non è collaudata permane l’obbligo del direttore dei lavori nonchè dell’appaltatore di porre riparo ad eventuali guasti o inconvenienze che si siano potuti verificare anche a lavori ultimati.

Infatti, l’appalto pubblico, come quello oggetto tra le parti, conosce sul piano della “consegna dell’opera” tutta una serie di atti i quali, partendo dal verbale di ultimazione dei lavori, si rivelano destinati a confluire nel collaudo, solo, a partire dall’esito del quale, prendono corpo e significato gli effetti della ultimazione e della consegna, occorrendo, peraltro, una specifica manifestazione di volontà negoziale del committente per ritenere esonerato, prima di essa, l’appaltatore da ogni responsabilità e da ogni garanzia, anche in relazione al fatto che il guasto lamentato non era conosciuto o non era riconoscibile dal committente.

Ne consegue che l’intervento del C., che, come direttore dei lavori, non poteva limitarsi al riscontro della conformità dell’opera al progetto (adeguamento a norma degli impianti di condizionamento, elettrici e per la prevenzione incendi presso il presidio ospedaliero di (OMISSIS) – p. 2 ricorso) si inserisce nelle controversie relative alla regolare esecuzione dell’appalto, sottoposte per esplicita volontà negoziale delle parti alla clausola arbitrale.

Il rigetto di questo pregnante motivo comporta l’assorbimento degli altri due, che, peraltro, costituiscono il terzo una specificazione del primo sotto la denuncia di vizio della motivazione, mentre il secondo attiene esclusivamente alla fase del merito, in senso stretto, della controversia.

Conclusivamente il ricorso va respinto. Nulla va disposto per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla dispone per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010

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