Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25510 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 10/10/2019, (ud. 27/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9881-2013 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. STACCI

4, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VOGLINO, rappresentato

e difeso dall’avvocato FABIO BENINCASA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 02/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO BERNAZZANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.G. propone ricorso, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza della CTR della Campania n. 55/23/12, pronunziata in data 1.3.2012 e depositata il 2.3.2012, che ha rigettato l’appello proposto dal contribuente in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento ai fini Irpef per l’anno 2005 con cui era ripreso a tassazione il maggior imponibile, pari ad Euro 295.108,00, derivante dalla cessione, da parte dell’impresa di costruzioni edili del contribuente, di otto unità immobiliari facenti parte di uno stabile sito in Marcianise (appartamenti, box auto e locali accessori); l’accertamento, in particolare, si fondava sulla discordanza fra i corrispettivi dichiarati ed i valori desumibili dalle stime O.M.I. e, altresì, con specifico riferimento ad una unità immobiliare ad uso abitativo, fra il prezzo di vendita dichiarato ed il maggior ammontare del mutuo ipotecario stipulato dall’acquirente.

Si è costituita l’A.d.e. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce nullità della sentenza per omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.1. In tale prospettiva, il ricorrente ha premesso che l’accertamento in esame riguarda l’accertamento di maggiori ricavi riferibili a n. 8 atti di compravendita immobiliare e per i quali l’Ufficio aveva riscontrato discordanze fra i prezzi dichiarati ed i valori O.M.I. nonchè, in un solo caso, anche fra il prezzo dichiarato nell’atto (Euro 64.935,00) e l’importo del mutuo erogato all’acquirente ò(Euro 104.000,00) e, di conseguenza, aveva ricondotto il valore di ciascuno dei quattro atti di vendita relativi ad abitazioni all’importo del mutuo contratto da uno solo degli acquirenti e, negli altri casi, applicato sic et simpliciter i valori O.M.I..

Nel delineato quadro ricostruttivo, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, oltre a fraintendere l’oggetto del contendere, facendo riferimento ad un inesistente avviso di accertamento in materia di imposte di registro, non ha fornito alcuna motivazione sulla circostanza fondamentale dedotta dal contribuente, ossia che, in forza della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 265 e della L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 24, i c.d. valori O.M.I. costituiscono mere presunzioni semplici inidonee a sorreggere l’attività accertatrice, e che la CTR neppure ha spiegato per quale motivo potesse assurgere al rango di prova del maggiore valore delle otto compravendite accertate l’importo del mutuo contratto da uno solo degli acquirenti rispetto ad una singola unità immobiliare, così superando l’obiezione che tale dato era palesemente non estensibile alle altre compravendite ed, a fortiori, a quelle per le quali non era stato stipulato alcun mutuo.

2. Il motivo appare fondato.

2.1. Va premesso che, in subiecta materia, alla disciplina del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, convertito in L. n. 248 del 2006 – che, integrando il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, lett. d) ed il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, aveva attribuito valore di presunzione legale al c.d. valore normale dell’immobile risultante dalle quotazioni O.M.I. al fine della determinazione del corrispettivo di cessione del cespite immobiliare – è seguita la disciplina introdotta dalla L. n. 244 del 2007, che, per le fattispecie negoziali insorte in epoca anteriore alla normativa del 2006, ha disposto, all’art. 1, comma 265, che “In deroga alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, per gli atti formati anteriormente al 4 luglio 2006 deve intendersi che le presunzioni di cui al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, commi 2 e 3 e art. 23 – bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, valgano, agli effetti tributari, come presunzioni semplici”.

Infine, la L. n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008) con l’art. 24, comma 5 è intervenuta di nuovo in subiecta materia, eliminando la presunzione legale introdotta dal cit. art. 35 ed ogni riferimento al valore normale quale strumento di accertamento automatico sulle compravendite immobiliari.

2.2. In tale quadro interpretativo, questa Corte, con orientamento consolidato, ha affermato che, a seguito delle modifiche apportate ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, ha eliminato la citata presunzione legale relativa ex art. 35, comma 3, D.L. n. 223/06, è stato ripristinato il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti” (cfr. Sez. 5, n. 9474 del 12/04/2017, Rv. 643928 – 01; Sez. 5, n. 11439 del 11/05/2018, Rv. 648075 – 02).

In tal senso (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 2155 del 25/01/2019, Rv. 652213 01), si è precisato che la soppressione della presunzione legale (relativa) di corrispondenza del prezzo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, “non impedisce al giudice tributario di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purchè dotato dei requisiti di precisione e di gravità, elemento che non può, tuttavia, essere costituito dai soli valori OMI, che devono essere corroborati da ulteriori indizi, onde non incorrere nel divieto di “presumptio de presumpto”.

Ciò posto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è legittima, nel settore immobiliare, la rettifica dei corrispettivi dichiarati qualora si registri uno scostamento tra l’importo dei mutui e i minori prezzi indicati dal venditore (Cass. n. 26485/2016), ovvero qualora l’esito del raffronto con i valori O.M.I. si combini con altri elementi, fra i quali la descritta difformità fra il prezzo e il maggiore importo del mutuo (Cass. n. 7857/2016), essendo, peraltro, obbligo indefettibile del giudice di merito, laddove – come nella specie – l’elemento indiziario ulteriore rispetto ai valori O.M.I. sia costituito dall’importo del mutuo immobiliare relativo ad una soltanto delle unità immobiliari compravendute, verificare ed esplicitare le ragioni per cui il raffronto operato dall’Ufficio fra prezzo dichiarato, valori O.M.I. e valore unitario ricavato sulla base del mutuo accordato in relazione ad una di tali vendite possa essere esteso anche alle altre sette operazioni immobiliari e giustificare, in tal modo, l’accertamento nel suo complesso.

2.3. Nella specie, la CTR non si è attenuta a tali principi, posto che, dopo aver rilevato che “l’avviso di accertamento di maggior valore imposte di registro” riferimento nella specie non pertinente, in quanto del tutto estraneo all’oggetto del contendere – “soddisfa l’obbligo della motivazione allorchè indichi il “petitum” e la “causa petendi””, attraverso i quali l’Ufficio enuncia i criteri di determinazione del maggior valore, onde, in caso di contestazione da parte del contribuente “spetta poi allo stesso provare la sussistenza degli elementi di fatto che giustificano il quantum accertato”, ha aggiunto che “nel caso in parola, il ricorrente non ha posto esplicite domande atte a richiedere gli elementi certi e concreti, in possesso dell’Ufficio, non (sic) limitandosi ad impugnare l’atto di accertamento per assoluta mancanza di un valido supporto probatorio in virtù dello specifico disposto della L. n. 244 del 2007”.

In tale prospettiva, la CTR, con uno scarno apparato motivazionale – che risulta, altresì, obiettivamente poco lineare e di non agevole comprensione nei suoi passaggi argomentativi – ha fatto riferimento alla circostanza (propugnata dalla difesa del contribuente) che “la divergenza tra i valori di mutuo ed il corrispettivo indicato in rogito costituisce, a norma del cit. D.L. n. 223 del 2006, art. 23 bis e art. 35, una mera presunzione semplice applicabile, peraltro, ad uno solo degli appartamenti ceduti, mentre l’Ufficio fiscale resistente poi sostiene di essersi avvalso dei valori dell’Osservatorio Mercati Immobiliari e dei mezzi istruttori previsti in materia di imposte sui redditi”, limitandosi, di seguito, ad osservare che il contribuente “avrebbe potuto provvedere, anche in questa fase contenziosa, a rappresentare i costi, diretti ed indiretti, sopportati per la costruzione degli otto appartamenti di cui si discorre dimostrando così l’economicità dell’intera operazione. Per quanto sopra considerato si ritiene di non accogliere la domanda proposta”.

2.4. Risulta, pertanto, evidente, che la CTR si è sostanzialmente limitata ad imputare al contribuente di non aver dimostrato l'”economicità” delle operazioni di compravendita immobiliare, rappresentando i costi, diretti ed indiretti, affrontati per la costruzione delle unità immobiliari oggetto di accertamento, senza avere prima rappresentato – a fortiori in presenza di una specifica contestazione da parte del contribuente – per quali motivi gli elementi posti dall’Ufficio a fondamento dell’attività accertativa integrassero ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti ai fini della determinazione dei maggiori ricavi riferiti a tutti gli immobili in contestazione, ivi compresi quelli rispetto ai quali non erano direttamente ed immediatamente riferibili le risultanze dell’unico mutuo risultante agli atti, relativo ad una singola unità immobiliare, ma soltanto le risultanze 0.M.I.; invero, soltanto all’esito di tale iter argomentativo e dimostrativo può prospettarsi la valutazione in ordine all’eventuale prova contraria gravante sul contribuente.

3. Con il secondo mezzo, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, della L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 24, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo l’avviso di accertamento richiamato il D.L. n. 223 del 2006, cit. art. 35, commi 2 e 3, secondo cui la dichiarazione di un corrispettivo inferiore al valore normale del bene fa prova dell’esistenza di operazioni imponibili non dichiarate, ed avendo la CTR violato le norme indicate avendo attribuito legittimità ad un accertamento fondato esclusivamente sulle stime OMI (quantomeno per la maggior parte degli otto immobili), senza considerare le vicende della norma successive alla sua emanazione, e non potendo applicarsi in via analogica ed ulteriormente presuntiva estensiva il parametro del mutuo stipulato per un solo appartamento, peraltro giustificato dalla necessità di far fronte ad ulteriori spese connesse all’immobile, alle quali il venditore era completamente estraneo.

Il motivo in esame risulta, all’evidenza, assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo.

4. In conclusione, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo. La decisione impugnata deve essere, conseguentemente, annullata con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, alla quale si demanda anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania, in diversa composizione, cui demanda, altresì, di provvedere sulla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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