Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2551 del 10/02/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 2551 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 16158-2012 proposto da:
CAPUTO FRANCESCO C.F. CPTFNC46R15F839Q, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 123, presso lo
studio dell’avvocato SANDRO FRANCIOSA, rappresentato
e difeso dall’avvocato EUFRASIA CANNOLICCHIO, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2014
3552

contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A. C.F. 00799960158, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA VIRGILIO 8, presso lo studio

Data pubblicazione: 10/02/2015

,

_
dell’avvocato ENRICO CICCOTTI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati PIETRO ICHINO,
MARGHERITA COVI, giusta delega in atti;
– controxicorrente –

avverso la sentenza n. 5781/2011 della CORTE

9141/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/11/2014 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato CICCOTTI ENRICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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————–

t

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/12/2011 R.G.N.

Svolgimento del processo
Con sentenza del 14.11.06 il Tribunale di Napoli condannava la
Banca Intesa s.p.a. al pagamento in favore di Caputo Francesco,
a titolo di risarcimento del danno biologico e morale per
dequalificazione professionale, della complessiva somma di E.
50.000,00 in moneta attuale oltre interessi legali sulla suddetta
somma, devalutata all’aprile 2003 ed annualmente rivalutata.

medico legale e l’ammissione di consulenza grafologica volta ad
accertare la reale epoca di redazione dei certificati medici datati
dal 1991 al 1995.
Resisteva il lavoratore, proponendo altresì appello incidentale
circa il quantum del risarcimento liquidato in sentenza.
Con sentenza depositata 11 12 dicembre 2011, la Corte d’appello
di Napoli accoglieva parzialmente l’appello principale,
condannando la società al pagamento della minor somma di
E.21.000,00 rivalutata all’attualità e comprensiva di interessi
legali, oltre interessi legali dalla sentenza, rigettava l’incidentale.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Caput°,
affidato a due motivi.
Resiste la Intesa S.Paolo s.p.a. (succeduta a Banca Intesa s.p.a.)
con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memoria
ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 474 (rectius: 414) c.p.c. (art. 360, comma
1, n. 3, c.p.c.).
Lamenta che la Corte di merito ritenne erroneamente che il
lavoratore non avesse proposto una domanda di risarcimento dei
danni da demansionamento, quanto piuttosto di quelli (in tesi)
derivanti da una pretesa condotta persecutoria. Evidenzia di
avere invece chiesto i danni da demansionamento individuato
nella mancata consegna del tesserino magnetico necessario per

3

Proponeva appello la Banca, chiedendo il rinnovo della c.t.u.

..

-a

l’accesso ai dati della Banca; che comunque il danno morale,
disconosciuto dal giudice d’appello, doveva ritenersi compreso nel
più lato concetto di danni non patrimoniali che, quanto al danno
biologico, alla carriera ed all’immagine, il Caputo aveva richiesto.
2.- Con il secondo motivo il Caputo denuncia una omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
:

controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n.5
c.p.c.).
Lamenta che la Corte distrettuale rideterminò senza adeguata
motivazione la percentuale del 20% di invalidità stabilita dal c.t.u.
senza peraltro considerare che eventuali patologie preesistenti o
extralavorative (nella specie di carattere personale) non
escludevano nella sua interezza il danno non patrimoniale ove
esse costituiscano una concausa del danno accertato.
3.- I motivi, che per la loro connessione possono congiuntamente
esaminarsi, sono in parte inammissibili e per i! resto infondati.
Inammissibile in larga parte il primo avendo il ricorrente
denunciato solo una generica violazione dell’art. 414 c.p.c.
(erroneamente indicato come art. 474 c.p.c.) senza sviluppare le
ragioni per cui tale norma del codice di rito sarebbe stata violata
(al più potendosi ipotizzare una erronea interpretazione dei
ricorso, rimessa comunque al giudice di merito ed implicante, in
assenza di più specifiche censure, un giudizio di fatto
inammissibile in questa sede, Cass. ord. 27.3.12 n. 4919; Cass.
27.2.09 n. 4851; Cass. 18.4.08 n. 10203; Cass. n. 17323\04;
Cass. n. 219\04).
Nella specie la Corte di merito ha peraltro ritenuto, come del
resto esposto dallo stesso ricorrente, che egli avesse richiesto
solo il risarcimento dei danni biologico, alla carriera ed
all’immagine derivanti dalla mancata consegna del tesserino
magnetico.
Quanto al danno morale, non richiesto nel ricorso di primo grado,
non

può

ritenersi

nella sola

implicito

4

denuncia

di

VG

w

A

dernansionamento (art. 2103 c.c.), o di atti vessatori (art. 2087
c.c.), in larga parte esclusi dal giudice d’appello, non potendo
esso derivare semplicemente dalla pretesa violazione di tali
norme (cfr. da ultimo Cass. n. 20620\12), stante comunque il
carattere autonomo e distinto del danno morale rispetto a quello

,

biologico (Cass. n.30668\11, Cass. n. 20292\12) che pertanto,
pur risarcibile, deve essere comunque richiesto.
Nella fattispecie la Corte di merito ha motivatamente parametrato
alla misura del 17% di invalidità il danno non patrimoniale
richiesto, tenendo conto delle indicazioni del c.t.u. e delle cause
di danno extralavorative, del cui carattere concausale del danno
complessivo non è stata fornita alcuna prova.
Anche al riguardo è comunque evidente un profilo di
inammissibilità del ricorso, per non avere il ricorrente prodotto la
c.t.u.
4.- Il ricorso deve pertanto rigettarsi.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in
€.100,00 per esborsi, €.3.500,00 per compensi, oltre spese
generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 novembre
2014

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