Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25508 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25508 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 21613-2007 proposto da:
REVERBERI STEFANO in qualità

di

curatore della

Società PRAGMA INVESTIGAZIONI E SICUREZZA S.R.L.,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA QUINTINO SELLA
41, presso lo studio dell’avvocato SCAVONE ANGELO,
che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente –

2013
contro

2886

CONCESSIONARIO RISCOSSIONE TRIBUTI PROV. DI BOLOGNA
GEST LINE SPA in persona del Direttore pro tempore,
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BOLOGNA 3 in persona
del

Direttore pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE,

Data pubblicazione: 13/11/2013

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 34/2007 della COMM.TRIB.REG.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/10/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato SCAVONE che nel
richiamare gli scritti difensivi e gli atti
depositati insiste nell’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto dell’istanza di connessione con altro
ricorso, inammissibilità del ricorso e in subordine
accoglimento per guanto di ragione con riferimento al
rimborso.

di BOLOGNA, depositata 1’08/05/2007;

Svolgimento del processo

Romagna ha rigetto l’appello proposto dal Fallimento della PRAGMA Investigazioni e
Sicurezza s.r.l. e confermato la decisione di prime cure con la quale erano stato dichiarati
legittimi gli avvisi di mora emessi a seguito di notifica di cartelle di pagamento aventi ad
oggetto l’importo non versato dalla società a titolo IVA per gli anni 1992 e 1993,
sebbene esposto nella relativa dichiarazione annuale.

I Giudici di appello rilevavano che alcuna impugnazione era stata proposta dalla società
contribuente avverso le cartelle di pagamento che risultavano notificate in data 6.2.1996
e pertanto la debenza della imposta non poteva essere rimessa in discussione mediante la
opposizione agli avvisi di mora che non era stati impugnati per vizi propri. Essendosi
resi definitivi i provvedimenti presupposti, non poteva poi essere invocato il giudicato
formatosi nel distinto processo definito, a favore della società, con pronuncia della CTP
di Bologna n. 604/2003 in quanto concernente domanda di rimborso relativa ad annualità
d’imposta diverse da quelle (1992 e 1993) per cui gli atti presupposti (processi verbali di
constatazione, avvisi di irrogazione sanzione, cartelle di pagamento) si erano resi
definitivi, avuto riguardo al principio di autonomia delle obbligazioni tributarie afferenti
a diversi anni d’imposta. Concludevano ritenendo inammissibile il ricorso proposto in
primo grado non essendo stati impugnati gli avvisi di mora per vizi propri e dichiaravano
altresì inammissibile l’atto di appello per aver dedotto il Fallimento ricorrente nuovi
motivi non proposti in primo grado.

1
RG n. 21613/2007
ric. Fai!. PRAGMA lnv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

C1 est.
livieri
Stef

Con sentenza in data 8.5.2007 n. 34 la Commissione tributaria della regione Emilia-

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Fallimento PRAGMA
Investigazioni e Sicurezza s.r.l. deducendo due motivi corredati di quesito di diritto ex
art. 366 bis c.p.c., ai quali ha controdedotto l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Con il primo motivo la parte ricorrente deduce il vizio di violazione di norme di
diritto (art. 10 n. 26 Dpr n. 633/72 in relazione agli artt. 46 e 14 lett. b) Dpr n. 602/73,
artt. 23 e 97 Cost.; artt. 1 e 21 septies legge 7.8.1990 n. 241) sostenendo che
– diversamente da quanto affermato dalla CTR “gli atti di accertamento del tributo”
(atti impositivi presupposti) erano stati impugnati nel diverso giudizio definito
dalla CTP di Bologna con sentenza 21.4.2003 n. 604, divenuta irrevocabile, con
il riconoscimento del diritto al rimborso delle somme indebitamente versate a
titolo IVA per gli anni 1989-1991 e parte 1992, avendo accertato detto Giudice
che l’attività commerciale era esente da imposta ai sensi dell’art. 10 n. 26 Dpr n.
633/72
– ne seguiva che essendo stata accertata la carenza assoluta di potestà impositiva,
tutti gli atti conseguenti, compresi gli avvisi di mora impugnati, dovevano
ritenersi nulli e tale vizio era stato fatto valere dalla società che fin dal primo
grado aveva motivato la opposizione agli avvisi di mora in quanto emessi in
carenza di potere impositivo.

Con il secondo motivo il Fallimento della società deduce la violazione e falsa
applicazione del’art. 2909 c.c. ribadendo che la decisione assunta dalla CTP nel diverso
giudizio concluso con l’accertamento del diritto al rimborso dell’IVA indebitamente
versata copriva con efficacia di giudicato anche il rapporto dedotto nel presente giudizio,
in quanto determinava il venir meno della “potestà di accertamento” della PA che gli
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RG n. 21613/2007
ric. Fai!. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Co est.
Stefan Olivieri

Motivi della decisione

avvisi di mora presupponevano, tenuto conto del principio affermato da questa Corte
(SU n. 13916/2006) secondo cui il diverso periodo di imposta non costituiva limite alla
estensione dell’accertamento compiuto con efficacia di giudicato in relazione alla
medesima imposta.

Il difensore della parte ricorrente alla udienza di discussione ha chiesto la riunione per

fissazione della udienza avente ad oggetto la impugnazione della sentenza della CTR
pronunciata Un sede di giudizio di ottemperanza al giudicato esterno la cui efficacia
viene eccepita in questo giudizio con il secondo motivo di ricorso.
La istanza va rigettata in quanto a) non supportata da idonei argomenti dimostrativi
della esigenza di un “simultaneus processus”; b) dalla assoluta irrilevanza dell’esito del
giudizio di legittimità relativo alla sentenza di ottemperanza in ordine alla eccezione di
giudicato proposta nel presente giudizio.

I motivi di ricorso sono entrambi infondati, rifluendo, peraltro, il primo nel secondo in
quanto entrambi imperniati sull’asserita estensione alla presente controversia degli effetti
del giudicato esterno relativo a rapporto tributario inerente un diverso periodo di
imposta.

Il Fallimento della società ritiene:
a) che l’art. 21 septies comma 1 della legge n. 241/1990, introdotto dall’art. 14 comma 1
della legge 11.2.2005 n. 15, troverebbe applicazione anche agli atti impugnati nel
presente giudizio (avvisi di mora)
b) che la categoria della nullità del provvedimento amministrativo, trasferita sul piano
dei rapporti tributari, consentirebbe la deduzione di tale vizio invalidante senza alcun
limite di stato e grado nel presente giudizio, venendo a coincidere con la carenza di
potestà impositiva della Amministrazione finanziaria già accertata nel giudizio (avente ad

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RG n. 21613/2007
ric. Fai!. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Cst est.
Stefanb blivieri

connessione del presente procedimento a quello prendente avanti la Corte ed in attesa di

oggetto il diritto di rimborso dell’Iva indebitamente versata) definito con pronuncia passata in

giudicato.

Appare evidente, pertanto, come la questione dedotta con il primo motivo trovi il suo
logico fondamento nell’assunto -posto a base del secondo motivo- secondo cui il
giudicato relativo al distinto giudizio di accertamento del diritto alla restituzione della
somme indebitamente versate a titolo IVA per gli anni precedenti, in quanto fondato sul
riconoscimento della esenzione di imposta di cui all’art. 10 n. 26 Dpr n. 633/72,
travolgerebbe anche gli “atti presupposti” degli avvisi di mora impugnati nel presente
giudizio (gli avvisi di mora sarebbero quindi affetti da vizi di invalidità derivata dalla
nullità dei presupposti atti impositivi adottati in carenza di potestà impositiva).

Ne segue che la verifica della eccezione di giudicato relativo al diritto di rimborso
d’imposta riconosciuto per gli anni precedenti deve ritenersi preliminare rispetto alla
questione della nullità (per carenza di potere) degli atti presupposti e conseguenziali
concernenti la pretesa fiscale vantata dalla Amministrazione finanziaria per gli anni
d’imposta 1992 e 1993.

Non appare ostativa all’esame del motivo concernente la questione del giudicato, la
pronuncia della CTR di inammissibilità dell’appello per violazione del divieto di “jus
novorum”, atteso che il principio di rilevabilità di ufficio delle eccezioni, salvo quelle la
cui rilevabilità è rimessa specificamente alla iniziativa di parte, consente anche al
Giudice di legittimità di pronunciare -anche “ex officio”- sulla esistenza di un giudicato
qualora essa emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio di merito (cfr.
Corte cass. SU 25.5.2001 n. 226) ovvero anche dai documenti prodotti avanti il Giudice di

legittimità qualora il giudicato si sia formato successivamente alla definizione dei gradi
di merito (cfr. Corte cass. SU n. 13916/2006), e comunque, nel caso di specie, la questione
è stata oggetto di espressa pronuncia da parte del Giudice di merito nel senso del rigetto

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RG n. 21613/2007
ric. Fai!. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Cons est.
Stefano livieri

della eccezione, e tale pronuncia ha costituito specifico motivo di impugnazione per
cassazione (cfr. Corte cass. SU n. 226/2001 cit.; id. 1 sez. 7.2.2007 n. 2721, in motivazione).

Tanto premesso la società individua il “presupposto logico-giuridico comune ad
entrambe le vertenze” nella disposizione tributaria (art. 10 n. 26 Dpr n. 633/72 nel testo
vigente ratione temporis) che esenta da IVA lo svolgimento dell’attività svolta in forma
regio decreto

legge 26 settembre 1935,n. 1952, ritenendo che la efficacia vincolante del giudicato,

formatosi nella diversa causa avente ad oggetto il rimborso dell’indebito, non potrebbe
essere impedita dal fatto che il diniego di rimborso e le pretese tributarie -oggetto
rispettivamente di ciascun giudizio- si riferiscano a differenti periodi di imposta, tanto
alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cass. SU 16.6.2006 n. 13916, al
quale si sono uniformate le successive sentenza delle sezioni semplici, secondo cui
l’accertamento giudiziale del modo di essere di una obbligazione relativa ad un singolo
periodo di imposta fa stato con forza di giudicato nel giudizio relativo alla obbligazione
sorta in un periodo d’imposta successivo.

La sentenza delle SS.UU. appare, tuttavia, richiamata a sproposito dalla società,
avendo omesso di considerare la parte ricorrente che la invarianza dell’elemento
“preliminare” costitutivo della fattispecie tributaria (ovvero dell’elemento che costituisca il
referente per l’applicazione della specifica disciplina del tributo),

si caratterizza per il

collegamento ad una situazione fattuale che (nella sua qualificazione giuridica) deve
presentarsi “tendenzialmente permanente” (e dunque durevole, costante nel tempo
entrando “a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta”)e
deve essere correlata, pertanto, ad un interesse protetto che abbia il carattere della
durevolezza. Tali condizioni si realizzano nella ipotesi di “tributi periodici” o di
fattispecie quali le “esenzioni od agevolazioni pluriennali” (ipotesi in concreto esaminata
nella sentenza delle SS.UU.)

in cui la specifica disciplina normativa assume la

pluriennalità come elemento costitutivo della fattispecie,

venendo ad essere

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RG n. 21613/2007
ric. Fai!. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

ConKJest.
Stefan Olivieri

di impresa le prestazioni dei servizi di vigilanza o custodia di cui al

sostanzialmente trattati i diversi periodi di imposta “come una sorta di mamperiodo”
(cfr. motiv. sent. SU paragr. 4.1).
Orbene nessuna di tali condizioni è riscontrabile nel caso di specie atteso che in
relazione alla specifica fattispecie impositiva il tempo non è considerato dalla disciplina
normativa come “elemento caratteristico essenziale” del rapporto tributario, né è
possibile ritenere che lo svolgimento in concreto dell’attività di impresa assunto come

una situazione fattuale connotata dal carattere della durevolezza, bene potendosi
atteggiare in modo diverso nel corso del tempo l’esercizio in concreto dell’attività da
parte di un determinato soggetto economico, tanto in relazione ai requisiti oggettivi
dell’attività, quanto alle condizioni soggettive richieste ex lege.

Indipendentemente dalle oggettive differenze, evidenziate anche dai Giudici di
appello, tra il petitum formale e sostanziale delle due cause (quella decisa con efficacia di
giudicato concerneva, infatti, il diritto della società contribuente alla restituzione dell’indebito ed
aveva ad oggetto la impugnazione del diniego opposto al rimborso dall’Ufficio; quella oggetto della
presente controversia ha invece ad oggetto l’adempimento della obbligazione tributaria ed è stata
introdotta mediante impugnazione delle cartelle quali atti conseguenziali della pretesa impositiva)

osserva il Collegio che, anche ad individuare il “presupposto logico-giuridico comune
ad entrambe le vertenze” nella disposizione tributaria dell’art. 10 n. 26 del Dpr n. 633/72
(che al tempo prevedeva la esenzione dall’imposta per “le prestazioni di servizi di vigilanza
effettuati direttamente da istituti autorizzati ad esercitare esclusivamente tale attivita’ “) ed anche

a sostenere che la estensione della efficacia vincolante del giudicato esterno, attinente ai
precedenti periodi d’imposta 1989-1991 e parte 1992, non potrebbe essere impedita dal
fatto che i rapporti tributari oggetto del presente giudizio, si riferiscono ai successivi
anni d’imposta 1992 e 1993 -alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cass.
SU 16.6.2006 n. 13916-, osta tuttavia all’applicazione dell’effetto espansivo del

giudicato esterno l’intervenuta “definitività”,

anteriormente alla formazione del

giudicato, delle pretese impositive relative agli anni 1992 e 1993, per mancata
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RG n. 21613/2007
ric. Fall. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. st.
Stefano (ivieni

elemento determinate per la esenzione, possa correlarsi alla qualificazione giuridica di

tempestiva impugnazione degli “atti presupposti” ai quali è seguita la notifica degli
avvisi di mora (a tal fine non appare rilevante individuare la natura di tali atti -se trattavasi cioè di
atti di accertamento o in rettifica, ovvero di atti irrogativi di sanzione, o ancora di iscrizione a ruolo
di somme dovute in base alla stessa dichiarazione presentata dal contribuente-. Al proposito, sia la
sentenza di appello che il ricorso principale appaiono gravemente lacunosi nella descrizione dei
fatti, non specificando il tipo di atto impositivo: dal controricorso sembrerebbe, invece, evincersi

n. 633/72 delle dichiarazioni IVA presentate dalla società contribuente da cui risultava un debito
d’imposta non assolto e che aveva dato luogo ad emissione di ingiunzioni fiscali ai sensi dell’art.
62 Dpr n. 633/73 nel testo vigente ratione temporis. Dalla sentenza di appello emerge inoltre che
erano state notificate alla società anche altre cartelle di pagamento, relative alla iscrizione a ruolo
delle somme dovute a titolo di sanzione pecuniarie irrogate per omesso versamento dell’IVA
relativa agli anni 1992 e 1993, che erano state opposte e decise in altri giudizi, con sentenze della
CTP di Bologna in data 25.3.2003 n. 222 e n. 223 che, accertando l’illecito tributario, aveva ridotto
la entità delle sanzioni pecuniarie: cfr. sentenza CTR).

Osserva al riguardo il Collegio che il principio di certezza del diritto che trova attuazione
attraverso le fattispecie normative volte a riconoscere a determinati fatti l’effetto della
intangibilità ed irretrattabilità delle situazioni giuridiche, rappresenta una esigenza
imprescindibile di tutti gli ordinamenti giuridici e costituisce il limite invalicabile entro
il quale i rapporti giuridici non possono più essere rimessi in discussione tra le parti.

Tale principio resiste finanche nella ipotesi:

di eliminazione, con effetto ex tunc, della norma di legge, regolativa del rapporto
giuridico, a seguito di pronuncia di illegittimità costituzionale, il cui effetto
retroattivo opera “con il limite dei rapporti già esauriti al momento della
pubblicazione della decisione, intendendosi per tali non solo quelli che, a tale
data, hanno trovato sul piano giudiziale soluzione definitiva con sentenza passata
in giudicato , ma altresì quelli rispetto ai quali sia decorso il termine di
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RG n. 21613/2007
ric. Fall. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Corél
Stefano
vieri

che le cartelle di pagamento erano state notificate a seguito di “controllo formale” ex art. 54 bis Dpr

prescrizione o di decadenza per l’esercizio dei diritti ad essi relativi” (cfr. Corte
cass. Sez. 3, Sentenza n. 6486 del 19/05/2000; id. Sez. L, Sentenza n. 3745 del 14/03/2002;
Id. Sez. U, Ordinanza n. 3046 del 13/02/2007; id. Sez. U, Sentenza n. 19495 del
16/07/2008. Cfr. Corte costituzionale ord. n. 330/1995 con riferimento al limite di

operatività della retroattività della norma di legge di depenalizzazione del reato quando
“ricorra una sufficiente ragione giustificativa, quale certo deve ritenersi, nella specie, la

ormai esauriti”. Cfr. la esigenza di stabilità dei rapporti giuridici è stata più volte ribadita

anche dal Giudice comunitario che, in materia fiscale, ha ritenuto pienamente compatibili
con l’ordinamento comunitario la fissazione, da parte degli Stati membri, di termini di
ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia
del contribuente sia dell’amministrazione interessata: Corte giustizia sentenze in data 16
dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, punto 5; in data 10 luglio 1997, causa C-261/95,
Palmisani, punto 28; in data 17 luglio 1997, causa C-90/94, Haahr Petroleum, in data
17.11.1998 , causa C-228/96, Aprile s.r.1.; in data 21.1.2010, causa C.472/08, Alston
Power Hydro)

di mutamento radicale di indirizzo giurisprudenziale in ordine alla ritenuta
vigenza e quindi, invece, intervenuta abrogazione della norma regolatrice del
rapporto giuridico (cfr. Corte costituzionale sentenza 12.10.2012 n. 230 -in tema di
overruling concernente fattispecie normativa penale determinante abolitio criminis-)

di incompatibilità originaria della norma regolatrice del rapporto, con il diritto
comunitario, come interpretato dalla Corte di giustizia UE : ed infatti se pure alle
sentenze pregiudiziali deve riconoscersi efficacia non costitutiva bensì puramente
dichiarativa, con la conseguenza che i loro effetti risalgono alla data di entrata in
vigore della norma interpretata (cfr. Corte giustizia sentenza 19 ottobre 1995, causa
C-137/94, Richardson, punto 33; Corte giustizia sentenza 12.2.2008, causa C-2/06, Willy
Kempter, punto 35), tuttavia lo stesso Giudice di Lussemburgo ha ribadito il

carattere fondamentale del “principio della autorità della cosa giudicata”anche
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RG n. 21613/2007
ric. Fai!. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. t.
Stefano C1vieri

esigenza di salvaguardare, attraverso l’intangibilità del giudicato, la certezza dei rapporti

nell’ordinamento comunitario, tale per cui deve essere salvaguardata la esigenza
di garanzia della stabilità del diritto e dei rapporti giuridici assicurando che “le
decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di
ricorso disponibili, o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi, non
possano più essere rimesse in discussione” (cfr. Corte giustizia sent. 30.9.2003 ,
causa C- 224/01 Kobler, punto 38; id. sent. 16.3.2006, causa C- 234/04, Kapferer, punto

perentoriamente puntualizzato che “il diritto comunitario non impone al giudice
nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità
di cosa giudicata ad una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre
rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione” (cfr.
Corte giustizia, Kapferer, cit. punto 22; id. Olimpiclub, cit, punto 23), rimanendo

invece escluso, con specifico riferimento ai giudizi tributari, che il vincolo di tale
giudicato (violativo del diritto comunitario) possa esplicare effetto oltre la causa
decisa, estendendosi anche ad altri giudizi in cui si controverta delle medesime
questioni di diritto ma in relazione a differenti anni d’imposta ed a differenti atti
impositivi (cfr. Corte giustizia, Olimpiclub, cit., punti 29-32).

Ne segue che, definitivamente cristallizzatosi il rapporto avente ad oggetto la pretesa
impositiva relativa agli anni 1992 e 1993 (per mancata impugnazione ai sensi degli artt. 19 e
21 del Dlgs n. 546/1992 dei relativi atti impositivi), il giudicato favorevole alla contribuente

formatosi soltanto successivamente alla definitività dei provvedimenti impositivi (qualora
infatti si intenda riferire la fattispecie controversa ad ipotesi in cui deve individuarsi nella cartella di
pagamento il primo atto del procedimento tributario volto a portare a conoscenza del contribuente la
pretesa fiscale, risulta dagli atti che le cartelle sono state notificate in data 6.2.1996 e non sono state
opposte dalla società, mentre il giudicato esterno di cui viene invocata la applicazione è intervenuto
soltanto diversi anni dopo, riferendosi a sentenza pubblicata in data 21.4.2003) non potrebbe

evidentemente fornire una “regula juris” volta ad esplicare effetti retrattivi sul rapporto
tributario ormai esaurito in seguito all’inutile decorso del termine di decadenza per la
proposizione del ricorso giurisdizionale.
9
RG n. 21613/2007
ric. Fall. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Cons.
Stefano

vieri

20, id. sent. 3.9.2009 , causa C-2/08, Olimpiclub, punto 22), essendo stato in proposito

Deve in conseguenza ritenersi esente da vizi di “error in judicando” la statuizione del
Giudice di merito che ha ritenuto che il giudicato successivamente intervenuto (sulla
domanda di rimborso delle somme versate nei precedenti anni d’imposta) non spiega alcuna

efficacia nel giudizio avente ad oggetto la impugnazione di avvisi di mora relativi a
pretese fiscali oggetto di atti impositivi presupposti ormai consolidati per mancata

Non può condividersi il contrario assunto della parte ricorrente secondo cui il “vizio di
nullità” dei provvedimenti impositivi presupposti, potrebbe essere fatto valere in sede di
impugnazione degli atti conseguenziali (nella specie gli avvisi di mora).

Premesso che l’argomento difensivo appare equivoco, atteso che, il richiamo all’art. 21
septies della legge n. 241/1990 (che prevede talune specifiche ipotesi di nullità del
provvedimento amministrativo) viene riferito alla carenza di potestà impositiva, senza
tuttavia che venga chiarito se, nella specie, tale carenza debba essere riferita alla
mancanza di una norma attributiva del potere di accertamento impositivo, ovvero alla
assenza dei presupposti in concreto ai quali la norma tributaria ricollega la insorgenza
della obbligazione, tenuto conto altresì che il quesito di diritto formulato in calce al
motivo sembrerebbe ricollegare tale “carenza assoluta di potere” all’accertamento
compiuto con la sentenza passata in giudicato nel diverso giudizio relativo al rimborso
d’imposta, osserva il Collegio:

a) che l’art. 21 septies della legge n. 241/1990 è collocato all’interno del Capo IV bis
“Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo, revoca e recesso” introdotto
dall’art. 14 della legge 11.2.2005 n. 15 entrato in vigore il successivo 8.3.2005, e dunque
trattasi di norma non applicabile in virtù della ordinaria disciplina della efficacia delle
legge nel tempo, agli atti amministrativi -affetti da vizi di legittimità ricondotti, al

10
RG n. 21613/2007
ric. Fall. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Co
Stefan

st.
vieri

impugnazione.

momento della adozione degli atti, nella categoria della annullabilità- emanati e divenuti
irrevocabili per omessa impugnazione anteriormente alla entrata in vigore di detta legge

b) che anche a voler riconoscere operante nel diritto amministrativo la categoria della
nullità anteriormente alla riforma legislativa del 2005, occorrerebbe, da un lato, superare
la obiezione della irriducibilità della nullità dell’atto amministrativo alla nullità degli atti

amministrativo è correlata al termine di decadenza stabilito per la impugnazione
dell’atto, e tale disciplina -che caratterizza il giudizio amministrativo di annullamento, di tipo
impugnatorio- confiigge con la azione di accertamento imprescrittibile e con la rilevabilità

ex officio del vizio di nullità (“ciò in ragione delle note esigenze di certezza dell’azione
amministrativa, che mal si conciliano con la possibilità che questa possa restare esposta ad
impugnative non assoggettate a termini di decadenza o prescrizione”: Cons. Stato V sez. 16.2.2012
n. 792, che rileva appunto come l’art. 31 comma 4 del Dlgs 2.7.2010 n. 104 —TU del processo

amministrativo- stabilisce un termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di nullità; id. Cons.
Stato V sez. 15.3.2010 n. 1498); dall’altro occorrerebbe individuare le ipotesi di nullità

dell’atto amministrativo configurabili nella disciplina normativa previgente alla riforma
della legge n. 15/2005, tenuto conto in particolare dal ristretto ambito cui veniva ad
essere relegata la figura della cd. “carenza di potere in concreto” (corrispondente alla
assenza dei presupposti cui la norma condiziona la esistenza del potere della PA) e delle ipotesi di

scuola della “usurpazione di potere” e della “carenza di potere in astratto” (che si
verificano quando colui che adotta l’atto amministrativo non è investito della titolarità dell’ufficio
pubblico, ovvero quando il soggetto titolare di ufficio pubblico adotta un atto amministrativo in
materia del tutto estranea alle attribuzioni di qualsiasi Pubblica Amministrazione, e dunque in
mancanza di una norma attributiva del potere: in quest’ultimo caso è stato precisato che, in materia
tributaria, deve intendersi ” per carenza di potere impositivo….soltanto i casi in cui la pretesa
dell’amministrazione sia manifestamente insuscettibile di ricollegarsi a un rapporto di natura
tributaria, sia perché la legge non prevede il tributo in via generale, sia perché le norme che
istituiscono il tributo sono state dichiarate incostituzionali ovvero sono state disapplicate perché
contrarie al diritto comunitario”: Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 15108 del 09/10/2003) nonchè
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RG n. 21613/2007
ric. Fai!. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Co»s est.
livieri
Stefan

e dei negozi in diritto civile, tenuto conto che la stabilità del provvedimento

della “inesistenza” dell’atto amministrativo in quanto carente degli elementi essenziali
idonei a riconoscerlo all’esterno come espressione di attività svolta dalla PA: la parte
ricorrente non si premura di fornire specificazioni al riguardo, sembrando limitarsi a
sostenere che la nonna tributaria che contempla la esenzione IVA (art. 10 n. 26 Dpr n.
633/72) determinerebbe la “carenza di potere impositivo” di cui all’art. 21 septies legge

n. 241/1990 e che tale nullità, se pure riferibile al provvedimento impositivo

atti meramente conseguenziali, quali gli avvisi di mora)

c) che il vizio di nullità dell’art. 21 septies legge n. 241/1990, come dedotto dal
Fallimento della società ricorrente deve essere coordinato con la disciplina normativa
tributaria (che costituisce un sottosistema del diritto amministrativo, con il quale è in rapporto di
“species ad genus”, trovando applicazione le norme che regolano il procedimento amministrativo
nei limiti in cui non siano derogate od incompatibili con le norme di diritto tributario che
disciplinano il procedimento impositivo) che, pur prevedendo il vizio di nullità dell’atto ( es.
le nullità per violazione dell’obbligo di motivazione del provvedimento impositivo, introdotte dal
Dlgs n. 32/2001 nei corpus legislativi della diverse imposte, in attuazione della legge n. 212/2000),

lo configura tuttavia come vizio di legittimità che deve essere dedotto dal contribuente
soltanto mediante impugnazione da proporsi entro il termine di decadenza di cui all’art.
21 Dlgs n. 546/1992, in difetto della quale il provvedimento tributario “nullo” si
consolida, legittimando l’Amministrazione finanziaria alla riscossione coattiva della
imposta: ne segue che si pone in oggettivo conflitto con tale sistema normativo l’assunto
difensivo, che pertanto non può essere condiviso, secondo cui in difetto di impugnazione
dell’atto impositivo affetto da “nullità”, tale vizio possa comunque essere fatto valere per
la prima volta con la impugnazione dell’atto conseguenziale;

d) che l’art. 21 septies legge n. 241/1990 ricollega il vizio di nullità dell’atto
amministrativo alla figura del “difetto assoluto di attribuzione” che la giurisprudenza
amministrativa prevalente identifica con il vizio cd. di “incompetenza assoluta” ossia
12
RG n. 21613/2007
ric. Fall. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

C
Stefano Jivieri

presupposto, sarebbe deducibile in ogni tempo (e dunque anche mediante la impugnazione di

con la invasione di settori attribuiti ad altri poteri dello Stato e del tutto estranei alle
attribuzioni della PA che ha emanato l’atto: trattasi, pertanto, di ipotesi del tutto avulsa
dalla fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, atteso che gli avvisi di mora
concernenti le imposte dovute per gli anni 1992 e 1993 nella specie trovando
fondamento nella norma tributaria che 1-istituisce la imposta (IVA) disciplinando la
insorgenza della obbligazione tributaria al ricorrere dei presupposti specificamente

potere di accertamento impositivo (artt. 51 ss. Dpr n. 633/1972), venendo a risolversi
pertanto la contestazione della società contribuente nell’illegittimo esercizio della
potestà impositiva essendo stata azionata la pretesa fiscale dalla PA in violazione della
norma di legge di cui all’art. 10 n. 26 Dpr n. 633/1972: trattasi pertanto di un tipico vizio
di legittimità dell’atto amministrativo (e tributario) che ne comporta l’annullabilità e che,
comunque, sfugge del tutto alla diversa ipotesi del vizio di nullità considerato dall’art. 21
septies legge n. 241/1990. Deve escludersi, peraltro, che l’atto impositivo adottato in
violazione della predetta norma di legge possa ricondursi alla ipotesi di nullità
determinata dalla “carenza di potere in concreto” (che postula un vizio dell’atto che “è
rappresentato dalla carenza di potere dell’autorità che ha emanato l’atto, ed è quindi estraneo
all’area di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo, non sostanziando una domanda
di annullamento, ma di nullità radicale e/o di inesistenza del provvedimento”: cfr. Corte cass. Sez.
1, Sentenza n. 22492 del 19/10/2006) atteso che tale figura va riferita stricto sensu alla

mancanza originaria o successiva dei presupposti esterni all’atto amministrativo ai quali
la norma di legge condiziona non solo l’esercizio ma la stessa attribuzione del potere alla
PA, ipotesi all’evidenza diversa da quella oggetto del presente giudizio.

In conclusione entrambi i motivi di ricorso debbono ritenersi infondati ed il ricorso deve
in conseguenza essere rigettato, con la condanna della parte soccombente alla rifusione
delle spese di lite che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.
13
RG n. 21613/2007
ric. Fall. PRAGMA Inv. e Sic. S.r.l. c/Ag.Entrate

Co
Stefano

t.
vieri

indicati (art. 1 Dpr n. 633/72), ed 2-attribuisce alla Amministrazione finanziaria il relativo

ESENTE DA REGIST?tAZIoNE
AI SENSI DEL D.?.:::”..Ym ,’•Y =,06
N. 131 TA3.1LL. – N. 5
MATERIA ‘TRIBUTARIA

La Corte :
– rigetta il ricorso proposto dal Fallimento PRAGMA Investigazioni e Sicurezza s.r.l. e
condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in
€ 8.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso nella camera di consiglio 21.10.2013

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