Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25506 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 10/10/2019, (ud. 17/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13667/2017 R.G. proposto da:

Totalerg S.p.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Agostino

Depetris n. 86, presso lo Studio degli Avv.ti Pietro Cavasola,

Beatrice Fimiani, Marco Iannacci, che la rappresentano e difendono,

anche disgiuntamente, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 7733/14/16, depositata il 30 novembre 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 maggio 2019

dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Paola Mastroberardino, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

udito l’Avv. Pietro Cavasola, per la ricorrente;

udito l’Avv. dello Stato Vitale Stefano, per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con l’impugnata sentenza la Regionale del Lazio confermava la prima decisione che aveva rigettato il ricorso promosso da Totalerg S.p.A. contro l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Dogane aveva recuperato tasse portuali di imbarco e sbarco merci 2002 2003 2004 2005 in relazione a prodotti petroliferi pompati da piattaforme al largo del porto di Civitavecchia.

2. La Regionale, dopo aver respinto l’eccezione di decadenza dell’amministrazione dal potere impositivo, sulla base rilievo che la tassa portuale prevista dalla L. 9 febbraio 1963, n. 82, art. 33, applicabile ratione temporis non era un’imposta doganale assoggettata al più breve termine di prescrizione triennale stabilito dal D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 84; dopo aver respinto le eccezioni di nullità dell’avviso, sia perchè il preventivo contraddittorio non era per questa imposta da ritenersi obbligatorio, sia perchè il recupero era stato adeguatamente motivato; rigettava, nel merito, il ricorso, osservando che, già in relazione alla L. 28 gennaio 1994, n. 84, art. 28, comma 6, che aveva esteso la tassa di imbarco e sbarco a tutti i porti, viepiù alla luce dell’interpretazione autentica contenuta nella L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 986, anche i pompaggi effettuati dalla contribuente dalle piattaforme off-shore avrebbero potuto ricomprendersi nell’area portuale di Civitavecchia Fiumicino, al fine di realizzare il presupposto territoriale del tributo; e non ravvisando, a riguardo, la Regionale, alcuna questione di costituzionalità che fosse non manifestamente infondata o alcuna situazione che fosse contrastante con l’ordinamento unionale.

3. La contribuente ricorreva per cinque motivi, ulteriormente illustrati da memoria, mentre l’ufficio resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente deduceva che erroneamente la Regionale non aveva applicato, alla tassa, i più brevi termini di prescrizione e di decadenza stabiliti, per le imposte doganali, dal D.P.R. n. 43 cit., art. 84 e dal D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, comma 5; questo perchè, secondo la contribuente, indipendentemente dalla natura doganale o meno del tributo, per le tasse di imbarco e sbarco merci, sulla scorta del rinvio “mobile” alla abrogata L. doganale 25 settembre 1940, n. 1424, contenuto nel tutt’ora vigente D.P.R. 30 agosto 1966, n. 1340, art. 6, comma 2, dovevano trovare applicazione i termini di prescrizione e decadenza fissati dalle attuali leggi doganali.

1.1. Il motivo è infondato; come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, le tasse di imbarco e sbarco non sono tributi doganali, dovendosi per tale ragione escludere l’applicazione della disciplina della prescrizione e della decadenza prevista per i dazi e i diritti di confine, trovando invece applicazione il termine ordinario di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. (Cass. sez. trib. n. 20018 del 2017); il rinvio operato dal D.P.R. n. 1340 cit., art. 6, comma 2, alla previgente disciplina della prescrizione doganale, deve difatti intendersi abrogato a seguito della abrogazione della anteriore L. doganale n. 1424 cit.; e non avendo, il legislatore, quando ha con la L. n. 82 cit., art. 33, introdotto la tassa di imbarco e sbarco, poi generalizzata con la L. n. 84 cit., art. 28, comma 6, espressamente previsto di dover fare applicazione delle nuove e non del tutto identiche regole doganali, in tema di prescrizione e decadenza, stabilite dal D.P.R. n. 43 cit., art. 84 e dal D.Lgs. n. 374 cit., art. 11, comma 5; del resto, che la volontà del legislatore della tassa di imbarco e sbarco sia stata questa, emerge anche dalla circostanza che sia stata soltanto ribadita, dal D.P.R. 28 maggio 2009, n. 107, art. 2, comma 3, la vecchia regola contenuta nel D.P.R. n. 1340 cit., art. 36, per cui per l’accertamento e la riscossione dei diritti marittimi debbono trovare applicazione le procedure doganali; senza, invece, appunto, ribadire l’applicazione delle regole doganali di prescrizione.

2. Con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciata la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, la contribuente rimproverava alla Regionale di non aver dichiarato la nullità dell’avviso, perchè quest’ultimo non era stato preceduto dal preventivo contraddittorio amministrativo, con la conseguente lesione del proprio diritto difensivo.

2.1. Il motivo è però infondato, bastando a riguardo rammentare la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato il principio, con esclusivo riferimento alle imposte domestiche, com’è quella qui in discussione, che non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale a cui, in assenza di specifica previsione, sia tenuto l’ufficio (Cass. sez. un. 24823 del 2015).

3. Con il terzo articolato motivo, formulato sia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denunciando dapprima la violazione della L. n. 84 cit., art. 28, comma 6, oltrechè della stessa L. n. 84 cit., art. 4, comma 4; art. 6, comma 7, lamentando altresì l’omesso esame di un fatto decisivo, la contribuente sosteneva che la Regionale aveva erroneamente ritenuto sussistente il “presupposto geografico territoriale”; e questo perchè i terminali marini di pompaggio off-shore sarebbero stati, in modo “evidente”, al di fuori dell’area portuale di Civitavecchia Fiumicino.

3.1. La doglianza in diritto assume che manchi del tutto il presupposto territoriale previsto per l’applicazione della tassa di imbarco e sbarco, in thesi della contribuente perchè le piattaforme di pompaggio, essendo poste al largo del porto di Civitavecchia, mai avrebbero potuto comprendersi in un’area portuale; ma ciò infondatamente, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, che è da tempo giunta alla diversa conclusione secondo la quale già dalla L. n. 84 cit., art. 28, comma 6, che aveva generalizzato la tassa portuale, poteva ricavarsi la regola, poi confermata dalla lata interpretazione autentica resa dal legislatore a mezzo della L. n. 296 cit., art. 1, comma 986, per cui debbono essere assoggettati all’imposta anche gli scali di merci ubicati fuori del porto, quando gli stessi fanno parte dell’area portuale individuata in base ad apposita determinazione adottata con decreto del Ministro dei Trasporti con procedimento disciplinato dalla L. n. 84 cit., art. 4 e seguita dalla ulteriore determinazione del piano regolatore portuale ai sensi della L. n. 84 cit., ex art. 5 (Cass. sez. trib. 20018 cit.; Cass. sez. trib. n. 3528 del 2012; Cass. sez. trib. n. 7651 del 2006; Cass. sez. trib. n. 1961 del 2005).

3.2. Con il quarto motivo, la contribuente lamentava sia l’incostituzionalità, in particolare, della L. n. 296 cit., art. 1, comma 986, sia la contrarietà delle sopra vedute disposizioni alla CEDU; ritenendo, nella sostanza, che l’interpretazione autentica non sarebbe stata tale, bensì avesse in realtà introdotto retroattivamente un’imposta prima non esistente; con il quinto motivo, la contribuente deduceva la contrarietà al Trattato unionale del tributo; e, questo, perchè, secondo la contribuente, la tassa sull’imbarco e sbarco sarebbe stata restrittiva della libera circolazione delle merci.

3.3. I motivi, logicamente connessi alla prima doglianza del terzo motivo, che per economia possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati; essendo sufficiente rilevare, in primo luogo, come non si sia trattato della retroattiva introduzione di una nuova imposta, bensì della lineare interpretazione, tra quelle possibili, della L. n. 84 cit., art. 28, comma 6; tanto è vero, che la giurisprudenza era giunta alla medesima larga spiegazione in epoca precedente la L. n. 296 cit., art. 1, comma 986, che ha reso l’interpretazione autentica (Cass. sez. trib. n. 1961 cit.); e che, infine, la Corte unionale ha già considerato legittima un’imposta, come quella in discussione, istituita per il finanziamento dei servizi portuali, poichè la stessa non si traduce, sic et simpliciter, in un tributo sul transito delle merci (Corte giust. EU n. 266 del 1983).

4. La censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contenuta nella seconda parte del terzo motivo, è invece fondata, giacchè la contribuente ha omesso del tutto di stabilire l’effettiva estensione geografica dell’area portuale di Civitavecchia Fiumicino, costituente il presupposto territoriale dell’imposta; accertamento, sempre richiesto dalla contribuente.

5. La sentenza deve essere pertanto cassata e rinviata per gli ulteriori accertamenti.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo del ricorso; rigettate tutte le altre censure; cassa l’impugnata sentenza; rinvia alla Commissione Regionale del Lazio che, in diversa composizione, nel decidere la controversia, dovrà uniformarsi ai superiori principi, oltrechè regolare le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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