Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25503 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25503 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 22648-2007 proposto da:
DE LUCA TRE SPA in persona dell’Amministratore e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA CASETTA MATTEI 239, presso lo
studio dell’avvocato TROPEA SERGIO, rappresentato e
difeso dagli avvocati MIRONE GIUSEPPE, RECCA ANTONINO
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI
CATANIA in persona del Direttore pro tempore,

Data pubblicazione: 13/11/2013

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li
rappresenta e difende ope legis;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 87/2006 della

15/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO
che si riporta al controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricor

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Ufficio IVA di Catania notificava alla De Luca Tre spa un avviso di rettifica parziale per
l’anno di imposta 1989 sulla base della verifica compiuta presso la ditta Askin di Tuti Giovanni,
dalla quale era emerso che la società contribuente aveva acquistato beni senza fatture per un
imponibile di £.53.628.000. In relazione a tali verifiche, l’Ufficio aveva accertato l’omessa
fatturazione di vendite da parte della contribuente pari a £.98.127.000, disponendo così la ripresa a

2. La società contribuente proponeva ricorso avverso tale avviso innanzi alla CTP di Catania che
dichiarava l’illegittimità del provvedimento impugnato.
3. L’Ufficio proponeva quindi appello avverso tale decisione innanzi alla CTR della Sicilia,
sez.staccata di Catania, che, con sentenza n.87117/06 del 15 giugno 2006, ha accolto
l’impugnazione, respingendo l’originario ricorso della parte contribuente.
3.1 La CTR, dando atto che con ordinanza del 7.7.2005 aveva chiesto all’Ufficio di produrre il
P.V.C. del 4.11.1991 e che l’Agenzia delle Entrate, in data 2.3.2006, aveva prodotto i processi
verbali dell’1.2.1990, del 4.11.1991 e del 18.1.1993 ha ritenuto, per quel che qui ancora rileva, che
il pvc del 4.11.1991 era stato regolarmente portato a conoscenza della società contribuente,
risultando siglato in ogni pagina e sottoscritto in chiusura dalla stessa società.
3.2 Aggiunge che l’eccezione di non utilizzabilità della verifica effettuata presso terzi non poteva
essere esaminata in ragione della sua novità, non essendo stata proposta nel corso del procedimento
di primo grado.
3.3 Sottolinea che lo svolgimento di una pregressa verifica generale nei confronti della società
contribuente non impediva all’Ufficio un nuovo accertamento alla stregua di quanto previsto dagli
artt.54 comma 5 e 57 comma DPR n.633/72 e che il caso posto al suo vaglio era inquadrabile nelle
ipotesi normative appena indicate.
3.4 Evidenzia, ancora, in ordine all’eccezione circa la mancanza di inventario fisico della merce ed
alla conseguente impossibilità di provare l’acquisto senza fattura dei beni, che gli acquisti in
evasione erano emersi dai dati riassuntivi rilevati dalla Guardia di Finanza presso la società Askin,
sui quali la società contribuente non aveva eccepito alcunchè.
3.5 Peraltro, essendo stata acquistata la merce in assenza di fattura, si doveva ritenere che la stessa,
alla data della prima verifica, fosse già stata venduta, proprio al fine di evitare ogni traccia
dell’operazione.
4. La società contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidato a sette motivi, al quale ha
resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

tassazione di IVA.

5. Con il primo motivo la ricorrente prospetta alternativamente il difetto di motivazione della
sentenza o la nullità della stessa, in relazione all’art.360 comma 1 nn.5 e 4 c.p.c. La CTR, invece di
esaminare i motivi di appello, aveva scrutinato i motivi del ricorso introduttivo. E’ stato formulato il
seguente quesito:”Dica codesta ecc.ma Corte se il giudice tributario d’appello, nel decidere una
controversia, possa prescindere totalmente dai motivi di appello analizzando i motivi del ricorso
originario e se in tale operato possa eventualmente individuarsi un difetto di motivazione ovvero un

6. L’Agenzia ha dedotto l’infondatezza della censura, avendo la CTR puntualmente esaminato
l’appello ed i suoi motivi, ritenendoli meritevoli di accoglimento.
7. La doglianza è inammissibile e comunque infondata.
7.1 Ed invero, la ricorrente avrebbe dovuto, per consentire alla Corte l’esame della censura,
specificamente indicare i motivi di ricorso in appello proposto dall’Agenzia che la CTR aveva
tralasciato di esaminare, specificamente confutando quanto riportato nella parte espositiva della
sentenza impugnata ove la CTR sintetizzò i motivi di appello proposti dall’Agenzia- legittimità
dell’atto impugnato alla stregua dell’art.57 comma 3 DPR n.633/72, alienazione dei beni non
rinvenuti nell’inventario prima del 29.11.1989- che pure sono stati esaminati nella parte motiva
della decisione e condivisi dal giudice di appello, ad onta di quanto diversamente prospettato dalla
parte ricorrente.
7.2 Senza dire che la parte ricorrente, pure sfornita di specifico interesse all’accoglimento delle
censure per come formulate, non ha nemmeno specificato, all’interno del quesito o nel corpo della
motivazione della censura, il fatto controverso e decisivo per il giudizio al quale riferire le censure.
7.3 D’altra parte, sembra essere sfuggita alla ricorrente la tecnica motivazionale utilizzata dal
giudice di appello il quale, nel disattendere le eccezioni prospettate dalla contribuente in sede di
appello, ha poi compiutamente motivato in ordine alle ragioni che giustificavano la fondatezza
dell’impugnazione proposta dall’Agenzia con motivazione scevra dai profili di insufficienza o
addirittura di assenza di motivazione erroneamente prospettati dalla ricorrente.
8. Con il secondo motivo la parte ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art.32
DPR n.546192, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che l’Ufficio, rispetto alla
dedotta carenza di motivazione dell’avviso di rettifica contenente un rinvio per relationem al p.v.c.
dei 1.2.1990, 4.11.1991 e 18.1.1993, avrebbe dovuto produrre i documenti in suo possesso entro i
termini fissati dall’art.32 cit., aventi natura perentoria.
9. L’Agenzia ha dedotto l’infondatezza della doglianza, essendo già la contribuente in possesso dei
p.v.c.
10. La censura è infondata.

vizio della sentenza o del procedimento”.

10.1 Ed invero, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere la piena legittimità degli atti
impositivi che si fondino su processi verbali di constatazione già conosciuti dal contribuente, inoltre
ammettendo la produzione di documenti nel processo tributario anche in fase di appello-cfr., quanto
al rinvio per relationem compiuto dall’atto impositivo Cass. n. 4523/2012,Cass. n.261/2005,
Cass.n.19019/2005, Cass. n.8690/2002,Cass. n.11669/2002, Cass. n.2780/2001 e, con riferimento
temporale successivo all’entrata in vigore dell’art.7 1.n.212/2000, Cass. n. 13110/2012; v., poi, Cass.

giudizio svoltosi in primo grado-.
10.2 Orbene, la CTR, nel rilevare che la contribuente aveva sottoscritto i p.v.c. acquisiti su impulso
dello stesso giudice ex art.7 d.lgs.n.546/92, si è uniformata ai principi giurisprudenziali sopra
evocati.
11. Con il terzo motivo la parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art.7
d.lgs.n.546/92, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che il giudice di appello,
utilizzando i poteri istruttori conferitigli dall’art.7 cit., aveva chiesto all’Ufficio l’acquisizione dei
p.v.c. che l’Agenzia aveva depositato con grave ritardo. Evidenzia che la CTR aveva
illegittimamente disposto la produzione della detta documentazione, sopperendo alle lacune
probatorie delle parti, ben potendo – e dovendo- l’Ufficio che era nel possesso dei documenti
produrli spontaneamente.
12. L’Agenzia ha dedotto l’infondatezza della censura poichè il contribuente, nel possesso dei
documenti per averli sottoscritti, avrebbe potuto produrli egli stesso.
13. La censura è infondata.
13.1 Questa Corte ha avuto modo di chiarire come l’art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,
laddove attribuisce al giudice il potere di disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova,
dev’essere interpretato alla luce del principio di terzietà sancito dall’art. 111 Cost., il quale non
consente al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri
probatori. Tale potere, pertanto, può essere esercitato soltanto ove sussista un’obiettiva situazione di
incertezza, al fine d’integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti e non anche nel caso in cui
il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversiacfr.Cass. n. 24464 del 17/11/2006;Cass. n. 14960/2010-.
13.2 Ma nel caso di specie, non può revocarsi in dubbio che a fronte di un avviso di rettifica da
parte dell’amministrazione che indicava espressamente l’esistenza delle indagini della Guardia di
Finanza svolte presso la ditta -terza- Askin di Tuti Giovanni, l’onere di dimostrare l’illegittimità
della pretesa fiscale ricadeva in capo al contribuente. Sicché la decisione della CTR di acquisire i
pvc, poi risultati pienamente conosciuti dalla contribuente per averli la stessa sottoscritti, non si è

n. 7714/2013 in ordine alla produzione in fase di appello dei documenti anche preesistenti al

affatto sostituito all’Ufficio nell’acquisizione di elementi probatori, semmai integrando la
documentazione agli atti sulla base delle risultanze già esposte nell’avviso di rettifica.
14. Con il quarto motivo di ricorso la parte contribuente deduce violazione e falsa applicazione
dell’art.7 comma 3 d.lgs.n.546/92, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Deduce che
l’acquisizione dei p.v.c. operata dalla CTR, pure disposta prima dell’abrogazione del comma 3
dell’art.7 cit., era materialmente avvenuta dopo l’eliminazione di detto comma. Ciò che rendeva

15. L’Agenzia ha dedotto l’infondatezza della censura in ragione dell’epoca in cui fu adottata
l’ordinanza di acquisizione, anteriore alla modifica legislativa.
16. La censura è infondata.
16.1 Ed invero, la parte contribuente non ha sollecitato a questa Corte la verifica della legittimità
dell’ordinanza di acquisizione della documentazione, ma si è limitata a prospettare l’inutilizzabilità
dei documenti per effetto dell’abrogazione del comma 3 dell’art.7 d.lgs.n.546/92 disposta dal D.L.
30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla 1. 2 dicembre 2005, n. 248.
16.2 In questa prospettiva la censura è sicuramente destituita di giuridico fondamento, risultando
l’acquisizione documentale ritualmente disposta in esecuzione di un provvedimento interlocutorio
adottato dal giudice di appello quando era pienamente in vigore il ricordato comma 3, senza che sia
possibile affermare l’inutilizzabilità di documenti, ancorchè materialmente acquisiti in epoca
successiva all’abrogazione del comma 3 e senza che la parte abbia sollecitato alla CTR la revoca del
provvedimento istruttorio disposto in precedenza.
17. Con il quinto motivo la ricorrente deduce il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza,
in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che la CTR aveva ritenuto tardiva l’eccezione in
ordine alla possibilità di utilizzare ai fini dell’accertamento la verifica disposta presso terzi,
omettendo di considerare che tale eccezione era già stata formulata nel ricorso introduttivo.
18. La censura è inammissibile, prospettando sotto il profilo del difetto o della contraddittoria
motivazione, un vizio di violazione di legge, correlato specificamente alla erronea applicazione
dell’art.57 d.lgs.n.546/92.
19. Con il sesto motivo la contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.54 comma
5 dpr n.633/72, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Deduce che l’Ufficio, per giustificare
l’adozione di una rettifica parziale, aveva indicato la conoscenza di nuovi elementi, sostenendo
l’irrilevanza dell’intestazione(totale o parziale) dell’avviso. Tale posizione contrastava con l’art.54
ult.cit., il quale postulava uno o più atti amministrativi di tipo provvisorio o parziale che potevano
essere seguiti da un accertamento ulteriore complessivo, ma non il contrario.
20. L’Agenzia ha dedotto l’infondatezza della censura, ricorrendo i presupposti per il compimento di

inutilizzabili i documenti anzidetti.

nuova verifica alla stregua degli artt.54 c.5 dpr n.633172 e 57 dpr n.633172.
21. La censura è inammissibile, rivolgendosi non ad un vizio della decisione impugnata ma,
direttamente, alla posizione assunta dall’ufficio che viene dalla ricorrente esplicitamente contestata
e ritenuta illegittima, senza tuttavia evidenziare l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la CTR.
22. Con il settimo motivo la contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art.53 dpr
n.633/72, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.Lamenta che la CTR aveva ritenuto destituita di

che la giurisprudenza di questa Corte richiedeva, quale condizione legittimante della presunzione
di cessione, l’esecuzione dell’inventario fisico delle merci che nella specie non era stato eseguito.
22.1 Aggiunge che nel corso della verifica generale conclusa con il p.v.c. dell’1.2.1990 l’inventario
fisico era stato compiuto e non erano emersi nè acquisti nè vendite senza fattura.
23. L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’infondatezza della censura, evidenziando che proprio dal
raffronto degli elementi acquisiti in sede di verifica con l’inventario del 29.11.1989 era risultata
l’assenza della merce, da ciò inferendo l’avvenuta vendita prima del detto inventario. Chiariva,
infine, che le violazioni contestate avevano trovato giustificazione nelle verifiche compiute presso
terzi e nel successivo confronto con i dati della precedente verifica.
23. La censura è inammissibile e comunque infondata.
23.1 La parte contribuente, per vero, non ha contestato il cuore della motivazione che la CTR ha
posto a base del rigetto dell’eccezione spiegata dalla contribuente in ordine all’assenza di inventario
ed all’asserita impossibilità di considerare provati gli acquisti senza fatture, tutta incentrata
sull’esistenza di plurimi elementi emersi nel corso della verifica compiuta dalla Guardia di Finanza
presso la Askin di Tuti Giovanni e sul raffronto fra tali elementi e quelli risultanti dalla precedente
verifica svolta presso la società contribuente.
23.2 E per tale ragione la censura sarebbe già inammissibile, non avendo colto la ratio decidendi
posta a base della decisione.
23.3 D’altra parte, la censura sarebbe in ogni caso infondata nel merito, avendo l’Ufficio posto a
base dell’accertamento, compiuto alla stregua dell’art.54 dpr n.633/72, proprio “altri documenti” o
“scritture contabili”(diverse da quelle previste dalla legge) o “altri dati e notizie” raccolti secondo
quanto previsto dal comma 3 dell’art.54 cit.-cfr., ex plurimis, Cass. n. 7184 del 25/03/2009-. Ciò
che esclude di potere ritenere l’illegittimità della rettifica per il solo fatto della mancanza di
inventario fisico della merce, avendo peraltro la CTR congruamente valorizzato, ai fini della
legittimità della pretesa, il mancato rinvenimento della merce al momento della prima verifica in
ragione della vendita della stessa finalizzata ad eliminare le tracce stesse della merce.
24. Il ricorso va quindi rigettato.

fondamento l’eccezione sulla mancanza di inventario fisico delle merci, omettendo di considerare

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25. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro

2 s’o ,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso il giorno 8 ottobre 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

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