Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25503 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 12/11/2020), n.25503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35101-2018 proposto da:

L.O., L.N., L.V., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ALESSANDRO FARNESE 7, presso lo studio

dell’avvocato BERLIRI CLAUDIO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BUSSANI MAURO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1986/25/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA, depositata

il 26/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

 

Fatto

RILEVATO

che i contribuenti L.V., L.O. e L.N. propongono ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, la quale, riformando una sentenza della CTP di Brescia, aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate, ritenendo legittimi gli avvisi di accertamento emessi nei loro confronti per maggior IRPEF 2010, quali redditi di partecipazione ad essi imputato, per maggiori redditi accertati nei confronti della s.r.l. ” L.”, società a ristretta base partecipativa, cancellata dal registro delle imprese il 31 gennaio 2013, di cui i ricorrenti erano soci.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano falsa applicazione art. 2495 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto il credito tributario nei confronti di una società cancellata dal registro delle imprese ed estinta intanto poteva essere fatto valere nei confronti dei soci ex art. 2495 c.c., comma 2 in quanto il credito sussisteva prima della cancellazione ed i soci avevano riscosso delle somme in base al bilancio finale di liquidazione; nella specie, al momento della cancellazione della s.r.l. ” L.” dal registro delle imprese, non sussisteva alcun credito erariale riferito al 2010; inoltre non era contestato che il bilancio di liquidazione della società si era chiuso con l’indicazione di una perdita e che nessun importo era stato distribuito ai soci;

che, con il secondo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano violazione art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la sentenza impugnata riconfigurato l’accertamento, ponendosi al di fuori del perimetro tracciato dall’Agenzia delle entrate; invero la CTP aveva evidenziato che la questione preliminare da decidere era quella della retroattività o meno del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, alla stregua del quale ai soli fini della liquidazione, accertamento e riscossione di tributi e contributi, l’estinzione di una società di capitali aveva effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese; e la CTP, avendo ritenuto detta norma irretroattiva, aveva annullato l’accertamento nei confronti della s.r.l. ” L.”; la CTR, pur avendo condiviso la tesi dell’irretroattività della norma di cui al D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, ha ritenuto legittimo l’accertamento anzidetto, fondandolo giuridicamente sull’art. 2945 c.c., comma 2, qualificandolo come accertamento emesso nei confronti dei soci, quali successori della società cancellata; in tal modo la CTR aveva destrutturato l’accertamento e lo aveva riconfigurato nei suoi fondamenti giuridici, in tal modo ponendosi al di fuori del perimetro tracciato dall’atto di accertamento;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che i ricorrenti hanno altresì presentato memoria difensiva;

che il primo motivo di ricorso proposto dai contribuenti è manifestamente infondato;

che, invero, non è condivisibile il riferimento fatto dai contribuenti all’art. 2495 c.c., comma 2, dettato in tema di cancellazione delle società dal registro delle imprese, dovendosi al contrario nella specie applicare i diversi principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di rapporti fra soci e società di capitali a ristretta base partecipativa;

che, infatti, in tema di accertamento delle imposte sui redditi conseguiti dalle società di capitali a ristretta base partecipativa, al cui novero pacificamente appartiene la s.r.l. ” L.”, di cui gli odierni ricorrenti sono soci, opera la presunzione di distribuzione di eventuali utili extracontabilì accertati a carico della società; e l’accertamento di tali utili costituisce la base per presumere che i soci li abbiano percepiti, secondo le rispettive quote di partecipazione al capitale sociale; la presunzione è relativa, con inversione dell’onere della prova a carico dei soci, tenuti a provare non solo di non aver percepito utili in nero accertati nei confronti della società, ma altresì che i maggiori ricavi accertati nei confronti di quest’ultima non abbiano formato oggetto di distribuzione in loro favore, ma siano stati accantonati dalla società, ovvero dalla medesima reinvestiti;

che, in quest’ottica, una sentenza definitiva di accertamento negativo dell’utile extracontabile sociale, emessa in un contezioso fra una società di capitali a ristretta base sociale e l’amministrazione finanziaria, fa certamente stato anche nei confronti del socio, in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, che si estende anche ai soggetti estranei al processo, ma titolari di diritti dipendenti o subordinati alla situazione giuridica in essa definita; ed in tali ipotesi è da ritenere giustificato l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio, essendone venuto meno il presupposto (cfr. Cass. n. 23899 del 2015; Cass. n. 24793 del 2015);

che quanto sopra presuppone tuttavia che l’annullamento della pretesa fiscale nei confronti della società a ristretta base sociale sia seguito ad una pronuncia che abbia escluso nel merito l’esistenza di utili extrabilancio;

che tale presupposto non ricorre nella specie, nella quale l’avviso di accertamento è stato emesso nei confronti di una società estinta, siccome cancellata dal registro delle imprese, con conseguente impossibilità di vagliare l’inesistenza di ricavi non contabilizzati dalla società; in tale ipotesi l’ufficio può legittimamente formulare nei confronti dei soci un’autonoma pretesa tributaria, correlata ad un maggior reddito di partecipazione da essi conseguito, non avendo avuto l’accertamento emesso nei confronti della società il suo corso, per effetto della sua cancellazione dal registro delle imprese; in siffatta ipotesi, è pienamente valida la presunzione di attribuzione ai soci odierni ricorrenti degli utili extrabilancio delle società a ristretta base sociale, in proporzione della loro partecipazione al capitale sociale, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico dei soci, nei termini sopra evidenziati; e sul punto gli odierni ricorrenti non hanno contestato la fondatezza della pretesa tributaria nei confronti della s.r.l. ” L.”, di cui sono soci; non hanno contestato l’effettivo conseguimento di utili extracontabili da parte di detta società; non hanno provato che detti utili conseguiti dalla società siano stati accantonati, ovvero reinvestiti (cfr., in termini, Cass. n. 11880 del 2016; Cass. n. 25271 del 2014; Cass. n. 33976 del 2019);

che è inammissibile il secondo motivo di ricorso, con il quale i contribuenti hanno ipotizzato violazione dell’art. 112 c.p.c., ritenendo che la CTR si sia pronunciata oltre i limiti della domanda proposta dall’Agenzia delle entrate; si osserva invero che la CTR ha correttamente esaminato l’appello proposto dall’ufficio e, pur confermando quanto affermato dalla CTP circa l’irretroattività del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28 comma 4, alla stregua del quale, ai soli fini della liquidazione, accertamento e riscossione di tributi e contributi, l’estinzione di una società di capitali ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese, ha inteso inquadrare la medesima fattispecie sottoposta al suo esame in un diverso contesto, e cioè nell’ambito dei rapporti fra soci e società di capitali a ristretta base partecipativa cancellate dal registro delle imprese; e tale diverso inquadramento non comporta alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto nessuna innovazione può ritenersi avvenuta rispetto all’unico tema in discussione (rapporti fra soci e società a ristretta base sociale), che è rimasto invariato;

che, pertanto, il ricorso proposto dai contribuenti va respinto, con loro condanna in solido al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei contribuenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, quantificate in complessivi Euro 5.600,00, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei contribuenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

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