Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25500 del 30/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/11/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 30/11/2011), n.25500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4670/2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO OIL SUPPLY SERVICE SRL in persona del Curatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA GONDAR 22, presso

lo studio dell’avvocato ANTONELLI MARIA, che lo rappresenta e

difende, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 93/2 006 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 20/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il resistente l’Avvocato ANTONELLI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 20.11.2006 n. 93 la 40^ sez. della Commissione tributaria della regione Lazio in accoglimento dell’appello proposto dal Fallimento OIL Supply Service s.r.l. ed in riforma della decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso del contribuente con il quale era stato impugnato il silenzio – rifiuto opposto dalla Amministrazione finanziaria alla istanza – presentata in data 29.3.2001 e rettificata in data 10.7.2003 – di rimborso dell’IVA versata in eccedenza per gli anni 1997-1998, condannava la Amministrazione finanziaria “al pagamento di quanto indebitamente percepito per IVA anni 1997 e 1998 al netto di quanto dovuto all’Erario dalla società appellante per imposta interessi e sanzioni” oltre interessi legali ed anatocistici.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi ad un unico motivo, la Agenzia delle Entrate con atto consegnato per la notifica in data 30.1.2006 all’Ufficiale giudiziario e notificato a sensi dell’art. 149 c.p.c. in data 8.2.2007 presso il domiciliatario eletto dal contribuente.

Resiste con controricorso il Fallimento OIL Supply Service s.r.l.

eccependo in via pregiudiziale la inammissibilità del ricorso, nonchè depositando memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. La eccezione di inammissibilità del ricorso per inutile scadenza del termine di decadenza di giorni sessanta previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2, – che rinvia all’art. 325 c.p.c., comma 2, è infondata.

Il termine di decadenza di gg. 60 per la proposizione del ricorso per cassazione decorre infatti dalla notifica della sentenza di appello eseguita in data 1.12.2006 presso l’Ufficio Milano (OMISSIS) della Agenzia delle Entrate (notifica validamente eseguita in alternativa a quella da effettuarsi alla Agenzia delle Entrate presso la sede legale dell’ente pubblico: Corte Cass. SS.UU. 14.2.2006 n. 3116 e 3118).

Risulta dalla stessa relata di notifica sottoscritta dall’Ufficiale giudiziario che l’atto è stato spedito a mezzo del servizio postale ex art. 149 c.p.c., in data 31.1.2007 e che la richiesta di notifica – con relativa consegna delle copie del ricorso all’organo della notificazione – era stata ricevuta dall’Ufficio NEP presso la Corte d’appello di Roma in data 30.1.2007 ed iscritta al cronologico 1- 002396B con dicitura “urgente ultimo giorno”.

Pertanto il ricorso deve ritenersi tempestivamente proposto in conformità alla consolidata giurisprudenza del Giudice delle Leggi che ha affermato il principio, rispettoso delle diverse esigenze di difesa delle parti processuali, secondo cui il momento in cui la notifica deve considerarsi perfezionata per il notificante (in funzione della verifica della osservanza di termini perentori o di decadenza) deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario (cfr. Corte cost. n. 477/2002; Corte cost. n. 28/2004; Corte Cost. ord. n. 97/2004, con riferimento all’art. 149 c.p.c., ed alla notificazione a mezzo posta), dovendosi avere riguardo, al fine della verifica della tempestività della notifica del ricorso, al momento in cui la parte notificante ha esaurito tutte le attività di impulso del procedimento notificatorio alla stessa richieste e che si esauriscono con la consegna delle copie del ricorso all’organo competente ad eseguire la notifica (Ufficiale giudiziario), rimanendo estranee alla sfera di controllo del notificante le attività -con i conseguenti tempi ed eventuali errori commessi – attribuite alla competenza esclusiva a detto organo.

p.2. La questione in diritto sottoposta alla Corte con l’unico motivo di ricorso (con il quale la Agenzia delle Entrate deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 8 e 30, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, dell’art. 112 c.p.c., e degli artt. 2969 e 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) è compendiata nei quesiti di diritto formulati dalla ricorrente ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in calce al ricorso con i quali si chiede di stabilire:

– se il credito di rimborso di somme versate in eccedenza – o comunque non dovute – a titolo di IVA, sia assoggettato al termine di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, per la presentazione della relativa istanza – se detta decadenza, non rilevata dal Giudice di merito e non eccepita dalla parte, sia rilevabile “ex officio” in ogni stato grado – salvo il limite del giudicato interno – e dunque anche nel giudizio di legittimità.

p.3. Il Fallimento resistente nelle proprie controdeduzioni insiste in ordine alla tempestività della istanza di rimborso presentata in data 21.3.2001.

Premesso che nelle dichiarazioni prestante per gli anni 1995 e 1997 era stato portato, per errore, due volte in detrazione IVA lo stesso importo, e che si era inteso rimediare – nelle successive dichiarazioni presentate per gli anni 1997 e 1998 – mediante iscrizione di note di variazione ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 4 e 5, la parte resistente sostiene che la esigenza di richiedere il rimborso era sorta soltanto nel corso della verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza sulle dichiarazioni dei precedenti anni e definita con PVC redatto in data 20.12.2001 cui era seguita la emissione in data 18.2.2002 dell’avviso di accertamento relativo all’anno 1997, nel quale tuttavia non si teneva conto delle variazioni operate nei periodo di imposta successivi. Chiede pertanto il rigetto del ricorso alla stregua delle motivazioni della sentenza di appello.

p.4. Il ricorso trova accoglimento.

4.1 Occorre premettere che:

– la controversia tributaria sottoposta all’esame dei Giudici di merito aveva per oggetto la impugnazione proposta dalla contribuente avverso il silenzio rifiuto opposto dalla Amministrazione finanziaria alla istanza di rimborso del credito di Euro 1.704.728,00 per IVA, versata in eccedenza negli anni di imposta 1997 (Euro 161.778,00) e 1998 (Euro 1.542.950,00);

– la istanza di rimborso, presentata in data 29.3.2001, era stata poi rettificata in data 10.7.2003, come risulta dalla sentenza impugnata;

– la questione relativa alla decadenza della società contribuente dal diritto di richiedere il rimborso non è stato sollevata, nè rilevata “ex officio”, in alcuno dei gradi di merito e viene dedotta per la prima volta nel presente giudizio di legittimità.

Ritiene il Collegio di dovere invertire l’ordine di esame dei due quesiti in diritto, formulati dalla ricorrente ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (1- “se la richiesta di rimborso….rimane soggetta alla decadenza biennale…del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21″; 2- se la decadenza dal diritto rimborso… è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado della causa..”), atteso che la soluzione della questione concernente la rilevabilità ex officio della decadenza sostanziale (salvo che sulla stessa non si sia formato il giudicato interno), assume carattere pregiudiziale rispetto all’esame dell’altra questione concernente la individuazione della norma che prevede il termine di decadenza applicabile, in materia tributaria, alle istanze di rimborso dell’IVA. 4.2 Al primo quesito di diritto formulato dalla ricorrente va data risposta affermativa.

4.2.1 Per costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte “in materia tributaria, la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dall’esercizio di un potere nei confronti del contribuente, in quanto stabilita in favore e nell’interesse esclusivo del contribuente, in materia di diritti da questo disponibili, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere dedotta dal contribuente in sede giudiziale, mentre la decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, in quanto stabilita in favore di quest’ultima ed attinente a situazioni da questa non disponibili – perchè disciplinata da un regime legale non derogabile, rinunciabile o modificabile dalle parti -, è rilevabile anche d’ufficio” salvo il limite del giudicato interno formatosi in conseguenza di una pronuncia esplicita o implicita assunta nel precedente grado di giudizio, (cfr. Corte Cass. 5^ Sez. 21.6.2004 n. 11521; id. 5^ Sez. 20.3.2006 n. 6207; id. 5^ Sez. 25.1.2008 n. 1605; id. 5^ sez. 27.5.2009 n. 12386; id. 5^ sez. 19.6.2009 n. 14378).

Ancora, da ultimo, è stato ribadito che in tema di contenzioso tributario, la decadenza nella quale il contribuente sia incorso per mancato rispetto dei termini per richiedere il rimborso di un tributo pagato per “errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione”, è rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame, salvo che si sia già formato sul punto il giudicato interno, essendo quei termini dettati per finalità di interesse pubblico e di essi non potendo neppure l’amministrazione disporre, con la conseguenza che la decadenza può essere rilevata di ufficio, ai sensi dell’art. 2969 c.c., trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, per tale ritenendosi non soltanto quella che riguarda i diritti indisponibili, ma anche quella disciplinata da un regime legale che escluda qualsiasi potere di disposizione delle parti, nel senso che esse non possono derogarvi, rinunciarvi o comunque modificarlo (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 14.1.2011 n. 791, in materia di imposte sui redditi con riferimento al termine di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, comma 1).

4.2.2 Non osta, nel caso di specie, alla rilevabilità di ufficio della decadenza dal diritto di rimborso la formazione di un giudicato implicito interno sulla questione preliminare di merito, non avendo tale questione fatto esplicito ingresso nei precedenti gradi di merito.

Ed infatti:

– il giudice di prime cure ha rigettato la domanda volta ad ottenere la condanna della Amministrazione al pagamento delle somme oggetto di istanza di rimborso del credito di imposta: a) quanto alla pretesa relativa all’anno 1997, non avendo la società contribuente definito con integrale versamento degli importi dovuti la procedura ex L. n. 289 del 2002, di condono della lite concernente la ripresa a tassazione delle somme indebitamente detratte con la dichiarazione del 1997, ed inoltre in quanto la pendenza del procedimento penale nei confronti dell’amministratore della società sarebbe ostativa alla condonabilità; b) quanto al rimborso richiesto per il 1998, atteso che la relativa richiesta doveva ritenersi ancora “sub judice in dipendenza della proroga dei termine di decadenza del potere di accertamento”;

– tali statuizioni sono state investite dai motivi di appello proposti dalla società;

– la CTR di Roma, ritenendo incontroverso l’errore di registrazione in cui era incorsa la società e ritenendo altresì superabili, anche in assenza di specifiche contestazioni della Amministrazione finanziaria, le incertezze relative alla determinazione del “quantum” della pretesa di rimborso, ha riconosciuto il credito vantato dalla società contribuente.

Orbene, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il giudicato implicito si forma quando la questione risolta in modo esplicito sia collegata in modo indissolubile alla questione su cui il Giudice non si è pronunciato, sicchè la statuizione contenta nel dispositivo non possa configurarsi senza la decisione implicita della questione presupposta.

Tali principi in tema di giudicato sostanziale (inteso come accertamento incontrovertibile del regolamento di interessi – id est:

della regola applicabile ad un rapporto giuridico avente ad oggetto un bene della vita -) trovano, tuttavia, applicazione esclusivamente in ordine ai rapporti che vengono ad istituirsi tra le “questioni di merito” dedotte in giudizio (e dunque tra plurime domande od eccezioni di merito), mentre non è mai esistito dubbio alcuno in ordine alla relazione di “mera presupposizione logico – giuridica” che si realizza tra “questioni pregiudiziali” o “questioni preliminari di rito o di merito” – sulle quali, anche se rilevabili di ufficio, il Giudice non ha pronunciato esplicitamente – e questione di merito risolta con pronuncia esplicita.

L’apertura concessa dalle sentenze delle SS.UU. 9.10.2008 n. 24883 e 30.10.2008 n. 26019 alla ravvisabilità del giudicato implicito interno anche in ordine a questioni pregiudiziali di rito sulle quali il Giudice di merito non abbia statuito espressamente, rimane circoscritta (vedi Corte Cass. 5^ sez. 29.4.2009 n. 10027) alla sola questione di giurisdizione (sulla quale, in caso di mancata impugnazione dello specifico “capo” della sentenza d merito da quella dipendente, cade il giudicato, appunto, implicito, anche se trattasi di questione rilevabile “ex officio” in ogni stato e grado), mentre per tutte le altre questioni preliminari di merito – in particolare, per quanto qui interessa, quella della “decadenza sostanziale dall’azione per il decorso di determinati termini previsti dalla legge” – il passaggio in giudicato (con conseguente preclusione della deducibilità/rilevabilità di ufficio della questione nel successivo grado giudizio o nel giudizio di legittimità) è previsto solo nel caso in cui vi sia stata una pronuncia esplicita proprio su detta questione preliminare, e non anche nel caso in cui la questione preliminare è stata implicitamente risolta con la decisione sul merito della fondatezza del diritto (cfr. Corte Cass. SU 30.10.2008 n. 26019 – paragr, 3.8 e 3.9, pag. 32 motivazione – laddove viene affermato che rimane “salvo l’effetto preclusivo ndr. alla rilevabilità di ufficio della questione preliminare derivante dalla esistenza di una specifica statuizione del giudice di merito ndr. su tale questione preliminare e dalla mancata impugnazione al riguardo”).

Facendo applicazione degli enunciati principi di diritto, di quali il Collegio non ha alcun motivo per discostarsi, deve escludersi che, nel caso di specie, vi sia stata decisione esplicita sulla questione preliminare di merito (eccezione di decadenza dal diritto al rimborso IVA) e dunque la stessa, in quanto rilevabile di ufficio, può essere sollevata ed esaminata per la prima volta anche nel giudizio di legittimità.

5. La accertata rilevabilità “ex officio” nel giudizio di legittimità della decadenza dal diritto – in assenza di giudicato interno- introduce al secondo quesito di diritto formulato dalla ricorrente, al quale va data risposta affermativa.

Il dritto al rimborso si configura come facoltà del contribuente il quale può determinarsi alternativamente (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 9.10.2009 n. 21457) a richiedere il rimborso ovvero ad avvalersi della detrazione IVA, dovendo precisarsi in proposito che l’esercizio del diritto alla detrazione presuppone la effettiva debenza da parte del contribuente della imposta, mentre, nel caso di somma versata “sine titulo” ovvero per errore, l’unico rimedio consentito è la presentazione della istanza volta ad ottenere il diritto al rimborso.

L’esercizio del diritto alla detrazione trimestrale dell’IVA in eccesso segue le regole sue proprie (art. 19, ed D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26 – in caso di correzione di errori materiali o di calcolo, o in caso di variazione dell’ammontare fatturato -) mentre il diritto al rimborso è regolato dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3 e 4 – applicabile nel testo vigente al tempo – con riferimento alle ipotesi ivi espressamente previste (comma 3, lett. a – e; comma 4), nonchè, in via generale, per le altre ipotesi di indebito, dall’art. 18, comma 4, della 6^ direttiva n. 77/388/ CEE del Consiglio in data 17.5.1977 – applicabile ratione temporis -, dovendo rinviarsi, in assenza di specifica disciplina dei termini di decadenza relativi alle istanze di rimborso prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, alla disciplina residuale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, che stabilisce il termine di decadenza per la presentazione della istanza in “due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione” (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 20.8.2004 n. 16477 – mentre, formatosi il silenzio rifiuto sulla istanza di rimborso tempestivamente proposta, il credito di rimborso rimane soggetto alla ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. -; id. 5^ sez. 22.4.2005 n. 8461; id. 5^ sez. 12.1.2007 n. 526 – secondo cui la sottoposizione ad un termine di decadenza del diritto al rimborso della somma indebitamente versata a titolo IVA, anche nel caso in cui l’indebito trovi titolo nella violazione di norme comunitarie, non contrasta con il diritto comunitario, “purchè l’esercizio del diritto non sia reso impossibile o eccessivamente difficile, e non siano stabilite modalità più gravose di quelle previste per l’indebito derivante da violazioni del diritto interno” -; id. 5^ sez. 13.112008 n. 27057; id. 5^ sez. 11.9.2009 n. 19623).

5. Venendo ad esaminare la fattispecie concreta devoluta all’esame della Corte, rileva il Collegio che la decadenza biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, si era già compiuta al momento di presentazione della istanza di rimborso (29.3.2001), essendo insorto il credito di rimborso IVA (id est essendo stati eseguiti i versamenti non dovuti) negli anni 1997 e 1998, avendo la società emesso in tali anni le “note di accredito” per IVA non dovuta, come emerge dalla sentenza di appello e dal controricorso.

La tesi secondo cui il credito di imposta sarebbe sorto soltanto nel corso della verifica della Guardia di Finanza (definita con PVC in data 20.12.2001 nel quale veniva contestata la indebita detrazione IVA sulle dichiarazioni IVA 1995 – sembra – e 1997), non trova riscontro: non risulta, infatti, e neppure è stato allegato, che le conclusioni della verifica fiscale concernenti la indetraibilità della imposta siano fondate su circostanze di fatto sopravvenute (alle quali debba ricondursi la insorgenza de credito restitutorio) ovvero sul “jus superveniem”, o ancora su di una diversa interpretazione e qualificazione giuridica della fattispecie conseguente alla emanazione di nuove circolari della Amministrazione finanziaria (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 11.9.2009 n. 19623). Non è dato dunque ravvisare un differente “presupposto per la restituzione” tale da differire rispetto alla data del pagamento dell’indebito il “dies a quo” di decorrenza del termine decadenziale individuato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, per la insorgenza del diritto al rimborso (il credito restitutorio si configura come certo, liquido ed esigibile, ed è pertanto immediatamente azionatale, dal momento della esecuzione della prestazione indebita: art. 2033 c.c.).

La questione della emendabilità degli errori (di fatto e di diritto) commessi dal contribuente nella redazione della dichiarazione IVA, sollevata per la prima volta nella memoria ex art. 378 c.p.c., dal Fallimento della società resistente, oltre che inammissibile in quanto introduce una questione nuova (le lacune del ricorso e del controricorso non possono essere emendate ex post con le memorie difensive depositate ai sensi dell’art. 378 c.p.c., che hanno soltanto funzione illustrativa dei motivi del ricorso e delle eccezioni e difese del controricorso: cfr. Corte Cass. 3^ sez. 7.4.2005 n. 7260; id. 3^ sez. 29.3.2006 n. 7237. Massima consolidata:

Corte Cass. SU 19.5.1997 n. 4445 “Nel giudizio di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare ed a chiarire i motivi della impugnazione ovvero alla confutazione delle tesi avversarie, non possono essere dedotte nuove censure nè venire sollevate questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure può venir specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari del ricorso”) non appare dirimente atteso che il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 1, secondo periodo, attiene all’esercizio della potestà accertativa della Amministrazione finanziaria in merito alle dichiarazioni annuali del contribuente con le quali sia formulata richiesta di rimborso dell’eccedenza della imposta detraibile risultante dalla stessa dichiarazione, ipotesi che non ricorre nel caso di specie in cui l’Amministrazione finanziaria ha opposto il silenzio – rifiuto alle istanze di rimborso successivamente presentate dalla società contribuente in seguito al recupero di IVA indebitamente detratta nelle dichiarazioni 1995 e 1997 oggetto di verifica.

La presentazione della istanza di rimborso oltre il termine di decadenza di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, determinando la estinzione del credito restitutorio, precludeva, pertanto, l’azionabilità della pretesa.

6. Il ricorso deve essere, in conseguenza, accolto e per l’effetto la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ex art. 382 c.p.c., comma 3, in quanto la causa non poteva essere proposta.

Le spese di lite sono liquidate come da dispositivo.

PQM

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – accoglie il ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata dichiarando che il ricorso introduttivo non poteva essere proposto;

– condanna la parte resistente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 15.000,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese relative ai gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2011

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