Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25500 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 12/11/2020), n.25500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30396-2018 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALESSANDRO

MALLADRA 31, presso lo studio dell’avvocato IARIA GIOVANNI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CAPRISTO FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 507/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA, depositata il 29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

 

Fatto

RILEVATO

che la contribuente R.M. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Calabria che aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso una sentenza della CTP di Cosenza, di accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente avverso un avviso di accertamento IRPEF 2004; la CTR aveva ribaltato la sentenza di primo grado, ritenendo che la contribuente non avesse fornito la prova che le spese per incrementi patrimoniali fossero state da lei sostenute proprio con i redditi entrati nella sua disponibilità e consistiti in una donazione indiretta fatta dal coniuge in suo favore ed in operazioni di disinvestimento.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, la contribuente lamenta violazione o falsa applicazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5 e 6, in quanto erroneamente la CTR aveva ritenuto che le spese per incrementi patrimoniali da lei sostenute nel corso del 2004 (sottoscrizione del capitale sociale della s.a.s. “IL MULINO DI A.M. & C.” per Euro 500.000,00; acquisto di un immobile per Euro 39.500,00) non fossero state giustificate da una donazione indiretta fatta dal suo coniuge e da operazioni di disinvestimento, ma provenissero da un suo maggior reddito non dichiarato, atteso che i documenti da lei prodotti erano idonei a provare che, al contrario, le operazioni anzidette erano giustificate dal contributo elargitole dal marito; che, con il secondo motivo di ricorso, la contribuente lamenta violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5 per omessa motivazione, avendo lei indicato, con adeguata documentazione, da dove provenissero le entrate utilizzate per gli asseriti incrementi patrimoniali; la CTR non aveva cioè indicato in maniera chiara ed esaustiva perchè gli elementi probatori da lei forniti non fossero idonei a superare la presunzione dell’Agenzia delle entrate con l’avviso di accertamento impugnato;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che la contribuente ha altresì presentato memoria illustrativa;

che con i due motivi di ricorso anzidetti, da trattare congiuntamente, siccome strettamente correlati fra di loro, la contribuente, pur allegando un’asserita violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, ha lamentato in sostanza che la CTR non abbia accolto la sua tesi difensiva, secondo cui le spese per incrementi patrimoniali da lei sostenute nel 2004 non erano indici presuntivi di maggiori redditi da lei conseguiti, essendo state da lei sostenute con i proventi di una donazione indiretta ricevuta dal marito e di un’operazione di disinvestimento;

che i motivi in esame sono inammissibili, atteso che, con essi, la ricorrente, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, ha in realtà chiesto una diversa valutazione dei fatti, rispetto a quella operata dai giudici di merito, in tal modo realizzando una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un ulteriore e non consentito terzo grado di merito (cfr. Cass. n. 3340 del 2019; Cass. n. 640 del 2019; Cass. n. 34476 del 2019; Cass. n. 8758 del 2017);

che, ink la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 4138 del 2013; Cass. n. 6813 del 2009) è ferma nel ritenere che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, concernente la rettifica delle dichiarazioni del reddito delle persone fisiche, va interpretato nel senso che non è sufficiente la prova della mera disponibilità di redditi, ma è altresì necessario che il contribuente fornisca la prova che le spese per incrementi patrimoniali siano state da lui sostenute non con qualsiasi altro reddito ovviamente dichiarato, ma proprio con redditi esenti, ovvero soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta;

che, nella specie, la CTR, con accertamento di fatto non adeguatamente contestato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove ammissibile ai sensi della nuova formulazione del predetto vizio, ha ritenuto che la contribuente aveva documentato solo il possesso di somme a lei pervenute da una donazione indiretta effettuata dal marito in suo favore e da un’operazione di disinvestimento, ma non aveva documentato, come sarebbe stato suo onere, che proprio dette somme erano state da lei impiegate per sostenere le spese per incrementi patrimoniali, considerate dall’Agenzia delle entrate in via presuntiva come maggiori redditi da lei conseguiti nel 2004; invero, secondo i principi enunciati dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, la prova delle disponibilità economiche, che avevano consentito alla contribuente di sostenere in tutto od in parte le spese di incremento patrimoniale, avrebbe dovuto essere documentale, nel senso che la contribuente avrebbe dovuto allegare una documentazione contabile, con la quale provare che quelle somme, provenienti da una donazione indiretta del marito e da un’operazione di disinvestimento erano state da lei utilizzate per finanziare le spese di incremento patrimoniale; e tale prova documentale doveva almeno essere riferita a circostanze sintomatiche in tal senso, si che, in mancanza, correttamente l’Agenzia delle entrate ha ritenuto dette spese di incremento patrimoniale quali indici presuntivi di un maggior reddito da lei conseguito nel 2004 (cfr., in termini, Cass. n. 16637 del 2020; Cass. n. 29067 del 2018);

che, pertanto, il ricorso proposto dalla contribuente va dichiarato inammissibile, con sua condanna al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in complessivi Euro 4.100,00, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

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