Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 255 del 09/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 255 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 23779/2012 proposto da:
MURA ANNA MARIA (C.F.: MRU NMR 40S60 F073R), rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Andrea Pubusa ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’Avv. Paolo Stella Richter, in Roma, viale Mazzini, n. 11;
– ricorrente—

contro
NOCCO MARIA LUIGIA (C.F.: NCC MLG 61P69 F073L), rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Salvatore Pinna Spada e Antonio
leradi ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, v. Crescenzio,
– controricorrente –

n. 25;

per la cassazione della sentenza n. 168 del 2012 della Corte di appello di Cagliari,
depositata il 30 marzo 2012 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 novembre

2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

8V435

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Data pubblicazione: 09/01/2014

letta la memoria difensiva, ex art. 380 bis — comma 2,- c.p.c., depositata

nell’interesse della ricorrente;
sentiti gli Avv.ti Andrea Pubusa, per la ricorrente, e Antonio leradi, per la

controricorrente;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 22 maggio 2013, la

seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con atto di citazione,
notificato il 27 giugno 2000, la sig.ra Nocco Maria Luigia conveniva in giudizio, dinanzi al
Tribunale di Oristano, Mura Anna Maria perché fosse accertata l’inesistenza di una servitù
di passaggio su di un fondo di sua proprietà in Meana Sardo.
La convenuta, costituendosi, proponeva domanda riconvenzionale di accertamento
dell’acquisto della proprietà sul fondo controverso per usucapione o, in subordine, della
servitù di transito su di esso.
Il Tribunale adito, con sentenza del 13 dicembre 2004, accoglieva la domanda attorea,
riconoscendo sia la titolarità della proprietà in capo all’attrice, che l’inesistenza della
servitù, condannando, altresì, la convenuta, a non transitare sul fondo dell’attrice ed a
rimborsare le spese di giudizio.
Interposto appello dalla sig.ra Mura con atto notificato il 7 aprile 2005, la Corte d’Appello di
Cagliari, nella regolare costituzione dell’appellata, con sentenza n. 168/2012, depositata il
30 marzo 2012 e non notificata, rigettava l’appello, condannando l’appellante al
pagamento della somma di euro 2.250 in favore dell’appellata, a titolo di rimborso delle
spese del secondo grado di giudizio.
Avverso la suddetta sentenza la sig.ra Mura proponeva ricorso per cassazione, notificato il
25 ottobre 2012 e depositato il 6 novembre 2012, articolato in due motivi.
L’intimata si costituiva con controricorso.
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Lucio Capasso, che nulla ha osservato in ordine alla relazione ex art. 380 bis c.p. c. in atti.

Ritiene il relatore, che avuto riguardo all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 n. 5,
c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire al rigetto del ricorso per sua manifesta
infondatezza e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle forme del procedimento
camerale.
Con il primo motivo la ricorrente ha prospettato la violazione dell’art. 1062 c.c., in relazione

fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c., per avere la Corte di
merito esaminato gli elementi offerti dalla ricorrente singolarmente, “privandoli così di quel
valore d’insieme e di quella forza probatoria che essi assumono ad una valutazione
organica e dinamica”.
Tale doglianza appare, all’evidenza, manifestamente destituita di pregio.
La decisione della Corte di secondo grado — logicamente ed adeguatamente motivata – è
pienamente condivisibile e corrispondente ai principi della giurisprudenza di questa Corte.
È, infatti, un dato pacifico che “la costituzione di una servitù per destinazione del padre di

famiglia – che è fattispecie non negoziale e postula la presenza di opere visibili e
permanenti destinate all’esercizio della servitù – presuppone l’originaria appartenenza di
due fondi (o porzioni del medesimo fondo) ad un unico proprietario, il quale abbia posto gli
stessi, l’uno rispetto all’altro, in una situazione di subordinazione idonea ad integrare il
contenuto di una servitù prediale e che, all’atto della loro separazione, sia mancata una
manifestazione di volontà contraria al perdurare della relazione di sottoposizione di un
fondo nei confronti dell’altro” (Cfr. Cass. n 16842 del 2009 e, in senso conforme, Cass. n.
3389 del 2009, Cass. n. 22834 del 2009; cfr., inoltre, Cass. n. 3634 del 2007, secondo cui

“il presupposto della effettiva situazione di asservimento di un fondo all’altro, richiesto
dall’art. 1062 c.c. per la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia,
deve essere accertato attraverso la ricostruzione dello stato dei luoghi esistente nel

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all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un

momento in cui, per effetto dell’alienazione di uno di essi o di entrambi, i due fondi hanno
cessato di appartenere al medesimo proprietario”).
Orbene, nel caso in esame, la Corte, con motivazione congrua e scevra da vizi logici, ha
ritenuto che le prove offerte dall’appellante fossero del tutto insufficienti a fornire la prova
necessaria per l’accoglimento della domanda.

merito) – appare corretto e supportato da una idonea e sufficiente motivazione, in quanto
costituisce il risultato di un’attenta e complessiva valutazione delle circostanze emerse nel
corso dell’istruttoria processuale, la selezione dei cui elementi di maggiore attendibilità è
riservata allo stesso giudice del merito.
Ad esempio, la Corte territoriale ha idoneamente affermato che non costituiva prova della
destinazione la presentazione del progetto dell’abitazione della ricorrente (secondo il quale
la porzione della striscia attualmente antistante il mappale 21/e era destinata a parcheggio
ed area di manovra), essendo un progetto risalente al 1976, cioè in data anteriore al
frazionamento, avvenuto, invece, nel 1979.
Ha, altresì, ritenuto adeguatamente irrilevanti sia la circostanza che uno dei progetti
dell’abitazione della ricorrente si affacciasse sulla Via Liberazione, sia, in egual modo,
l’assunto che l’abitazione fosse stata indicata dalla toponomastica urbana come avente
accesso alla stessa Via Liberazione, essendo entrambe, attività riconducibili alla
medesima ricorrente.
Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione
dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360
n. 5 c.p.c.,per aver la Corte territoriale rigettato l’istanza istruttoria dell’appellante con la
quale era stata dedotta una nuova prova testimoniale ed era stato richiesto un nuovo
interrogatorio dei testi escussi nel giudizio di primo grado.
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Tale giudizio — riconducibile ad accertamenti di fatto (come tali demandati al giudice del

Anche tale doglianza appare, all’evidenza, manifestamente infondata.
Infatti, la Corte di secondo grado, con motivazione logica ed adeguata, ha ampiamente
evidenziato che le circostanze dedotte, anche se provate, sarebbero state irrilevanti al fine
della decisione.
Infatti, la prima circostanza, tesa a dimostrare che il tratto di terreno de quo veniva

veicoli, come rettamente rilevato dalla Corte territoriale, non era comunque idonea a
ricostruire la reale volontà della sig.ra Mura Rosa di adibire il bene a servizio del lotto
venduto nell’anno 1981 alla nipote Mura Anna Maria, dal momento che tale
comportamento “veniva ragionevolmente tollerato dalla proprietaria in considerazione dello
stretto legame di parentela”.
È, altresì, condivisibile il ragionamento logico e giuridico espresso dalla Corte cagliaritana,
in merito alla seconda circostanza dedotta, volta a dimostrare che lo stato dei luoghi venne
lasciato immutato quando la venditrice cedette all’appellante il mappale 21/e; come
puntualmente e correttamente sottolineato nella sentenza di secondo grado, tale
circostanza, ancorché pacifica, era priva di efficacia probante, occorrendo, piuttosto, come
prova necessaria, “la dimostrazione che, prima della data della vendita, da parte della
sig.ra Mura Rosa, fosse stata posta in essere una effettiva situazione di asservimento del
mappale 21/a al 21/e”.
Dunque, per quanto ivi esposto, la decisione della Corte cagliaritana – di rigetto dell’istanza
istruttoria ex art. 345 c.p.c. – appare logica e ragionevole, in quanto uno dei presupposti
per l’applicazione della fattispecie normativa contemplata nel richiamato art. 345 c.p.c., è
l’indispensabilità delle prove nuove, intendendosi con tale termine i mezzi di prova nuovi,
ovvero dotati di un’influenza causale più incisiva rispetto alle risultanze istruttorie già
acquisite e, quindi, muniti del presumibile carattere della decisività.

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utilizzato dall’appellante sin dal 1981 per accedere al proprio fondo, sia a piedi che con

In definitiva, quindi, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere
nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., ravvisandosi la manifesta infondatezza di entrambi i
motivi formulati, in relazione all’ipotesi enucleata dall’art. 375 n. 5 c.p.c., ravvisandosi,
altresì, l’adeguatezza e la logicità della motivazione della sentenza impugnata nella
presente sede di legittimità (donde la sua incensurabilità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti
nella relazione di cui sopra, avverso la quale la memoria difensiva, depositata
nell’interesse della ricorrente principale ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c., non
contrappone ulteriori argomentazioni idonee a confutare la relazione stessa e senza che
dalla discussione orale dei difensori siano emersi nuovi elementi di valutazione;
ritenuto

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la

conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in
favore della controricorrente, nei sensi di cui in dispositivo (sulla scorta dei nuovi parametri
previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, applicabile nel
caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi ed euro
3.000,00 per compensi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

5, c.p.c.)».

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