Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25499 del 12/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 12/11/2020), n.25499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17574 – 2018 proposto da:

STEEL TRADE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PREMUDA 1/A, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO DIDDORO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati VINCENZO POLISI, PAOLO STRAVINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10518/23/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 12/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la contribuente s.r.l. “STEEL TRADE”, esercente commercio di minerali, metalliferi e metalli ferrosi, propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Campania, che aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso una sentenza della CTP di Napoli, di accoglimento del ricorso proposto dalla società contribuente avverso un avviso di accertamento IRES, IRAP ed IVA 2010; la CTR, ribaltando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto che la società contribuente avesse utilizzato nel 2010 la fattura n. (OMISSIS), emessa da tale s.r.l. “CENTROSIDER” con sede in (OMISSIS) con imponibile complessivo di Euro 980.000,00 più IVA, come riferita ad operazione oggettivamente inesistente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, la contribuente lamenta violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2; L. n. 212 del 2000, art. 7, e art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto l’avviso di accertamento impugnato aveva tratto origine da una verifica effettuata dalla gdf di Napoli, sulla base di una segnalazione della gdf di Perugia; e nell’avviso di accertamento impugnato era stato pedissequamente riportato il contenuto del pvc della gdf di Napoli, redatto sulla base di un pvc della gdf di Perugia, non allegato nè trascritto, si da non essere stato da essa nè conosciuto, nè conoscibile;

che, con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente lamenta violazione e falsa applicazione art. 111 Cost., comma 6, e art. 24 Cost., e art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto la sentenza della CTR era apodittica e priva di motivazione, non essendo state specificate le ragioni di fatto e di diritto sulla cui base era stata modificata la sentenza di primo grado, favorevole ad essa società contribuente;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che la società ricorrente ha altresì presentato memoria;

che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato;

che, invero, la CTR ha rilevato come l’avviso di accertamento impugnato avesse fatto ampio riferimento alle risultanze del pvc emesso dalla gdf di Napoli, elaborandole, facendole proprie e riportandone i passaggi più significativi; e nessun rilievo poteva essere dato alla circostanza che detto pvc fosse stato redatto sulla base di una segnalazione della gdf di Perugia, avendo quest’ultima fornito alla gdf di Napoli unicamente lo spunto per far luogo a proprie autonome indagini, si da non dover essere in alcun modo portata a conoscenza della società ricorrente; d’altra parte, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 1130 del 2017), l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento, pur dopo l’introduzione della L. n. 212 del 2000, art. 7, può ben essere adempiuto “per relationem”, e cioè tramite il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti (nella specie dal pvc della gdf di Napoli), essendo sufficiente che la motivazione dell’avviso di accertamento riproduca i passaggi essenziali e significativi di tali atti e documenti, onde consentire al contribuente di esercitare il proprio diritto di difesa; e, nel caso in esame, tenuto conto del contenuto dell’avviso di accertamento impugnato, allegato per autosufficienza al ricorso, in ossequio al protocollo d’intesa fra questa Corte ed il CNF del 17 dicembre 2015, emerge che l’atto impositivo, ancorchè richiami espressamente il pvc della gdf di Napoli, riporta gli elementi essenziali della pretesa tributaria sia nell'”an” che nel “quantum” e, pertanto, è già di per sè adeguatamente motivato, si da non richiedere, da parte del contribuente, la conoscenza di quel pvc e tanto meno di quello della gdf di Perugia, che ha innescato l’accertamento della gdf di Napoli; che è altresì manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso;

che, invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, la CTR ha ribaltato le conclusioni cui era giunta la CTP con plurime e fondate argomentazioni, svolgendo autonome e specifiche valutazioni circa la genericità della fattura di acquisto n. (OMISSIS) del 30 ottobre 2010, ritenuta falsa, quali:

– la circostanza che non era stato indicato nel registro dei beni in deposito i dati identificativi del macchinario acquistato con detta fattura;

– l’assoluta genericità dei dati di vendita di detto macchinario contenuti nel c.d. mandato di procacceria;

– il mancato richiamo della fattura anzidetta nel mastrino pagamenti e nella lista dei pagamenti ai fornitori;

– la genericità degli estratti conto prodotti dalla società ricorrente per provare il pagamento fatto alla società venditrice del macchinario acquistato con la fattura di acquisto in esame;

che dette plurime e stringenti valutazioni sono indubbiamente idonee ad evidenziare il ragionamento valutativo fatto dalla CTR per confutare quanto sostenuto dal giudice di primo grado, si da far ritenere che la motivazione della sentenza impugnata non sia assolutamente affetta dalle gravi anomalie denunziate, collocandosi essa ben al di sopra del c.d. “minimo costituzionale”, inteso come contenuto minimo che deve avere la motivazione di una sentenza (cfr. Cass. n. 16599 del 2016; Cass. n. 33487 del 2018);

che, pertanto, il ricorso proposto dalla società contribuente va respinto, con sua condanna al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in complessivi Euro 7.800,00, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

 

 

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