Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25499 del 12/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/10/2018, (ud. 30/05/2018, dep. 12/10/2018), n.25499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27189-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CARROZZERIA B. DI B.R. & C. SNC;

– intimato –

avverso la sentenza n. 93/2010 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 20/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/05/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO BERNAZZANI.

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della società Carrozzeria B. di B.R. e C. s.n.c. avverso la sentenza n. 93/35/10, emessa il 9.2.2010 e depositata il 20.9.2010, con la quale, in controversia concernente l’impugnazione di provvedimenti di diniego di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9-bis, in relazione ad Irpef per gli anni 1999/2003, la C.T.R. della Toscana confermava la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso introduttivo, dichiarando l’efficacia delle due domande di definizione presentate dalla contribuente ed affermando che il mancato pagamento di una o più rate successive alla prima non determina la totale inefficacia della domanda di definizione ex art. 9 bis citato.

La contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso, deducendo violazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9-bis l’Agenzia delle entrate si duole che i giudici d’appello abbiano ritenuto perfezionata la definizione di cui alla citata disposizione sulla base dei soli versamenti parziali effettuati dalla società contribuente, senza considerare che la norma de qua non prevede alcuna ipotesi di perfezionamento, neppure parziale, connesso al versamento di un importo minore di quello dovuto in base all’istanza.

2. La censura è fondata.

In proposito, giova innanzitutto evidenziare che, come precisato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, le disposizioni che disciplinano i condoni tributari, essendo derogatorie delle norme generali dell’ordinamento tributario, integrano sistemi compiuti di natura eccezionale (v. Cass. Sez. 6 – 5, 08/11/2013, n. 25238 Rv. 629201 – 01) e che, in particolare, ciascuna delle diverse ipotesi di definizione agevolata previste dalla L. n. 289 del 2002 costituisce disposizione di carattere eccezionale assistita da una propria specifica disciplina, che è di stretta interpretazione e non può essere integrata in via ermeneutica dalle norme generali dell’ordinamento tributario e neppure da quelle dettate per altre forme di definizione, ancorchè contemplate dalla medesima legge.

Tanto premesso, occorre rilevare che l’art. 9-bis citato al comma 1 dispone, per quanto qui di interesse, che “Le sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, non si applicano ai contribuenti e ai sostituti d’imposta che alla data del 16 aprile 2003 – poi prorogata al 16 aprile 2004 – provvedono ai pagamenti delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 ottobre 2002, per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data. Se gli importi da versare per ciascun periodo di imposta eccedono (…) la somma di 6.000,00 Euro, gli importi eccedenti, maggiorati degli interessi legali (…) possono essere versati in tre rate di pari importo”. La norma prevede, dunque, che le sanzioni non si applicano se entro un certo termine si provvede al pagamento delle imposte: pagamento che può, in alcuni casi, essere rateale.

Pertanto, in assenza di disposizioni come quelle previste dalla L. n. 289 del 2002, artt. 8,9 e 15 (secondo cui “l’omesso versamento delle eccedenze entro le date indicate non determina l’inefficacia della definizione”) ovvero dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 2 (a tenore del quale “l’omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate non determina l’inefficacia della definizione”) deve ritenersi che la non applicazione delle sanzioni si verifichi soltanto se si sia provveduto al pagamento (in unica soluzione ovvero in forma rateale) delle imposte nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che tale effetto non si verifica, neppure parzialmente, se il pagamento non interviene nei suddetti termini e modi (nel senso che, in ipotesi di definizione ex art. 9-bis cit., il pagamento rateale determina la definizione della lite solo se integrale v. Cass. Sez. 5, del 29/12/2017, n. 31133, Rv. 646576 – 01; Cass. Sez. 5, 30/11/2012, n. 21364, Rv. 624264 – 01).

Del resto, essendo l’istanza del contribuente elemento indefettibile del condono ed elemento propulsivo dell’intera procedura, il perfezionamento di quest’ultima non può che essere valutato in relazione all’istanza stessa, con la conseguenza che il mancato pagamento della somma integrale dovuta sulla base della medesima ne comporta l’inefficacia, con conseguente venir meno, in mancanza di espresse previsioni in senso contrario, della possibilità di avvalersi della definizione agevolata.

In tale prospettiva, ribadito, per quanto sopra esposto, che le previsioni di cui alla citata L. n. 289 del 2002, artt. 8,9,15 e 16 non sono applicabili in via analogica ad altre e diverse forme di definizione (cfr. anche Cass. Sez. 5, 29/12/2017 n. 31133, Rv. 646576 – 01), va aggiunto che proprio il differente contenuto testuale delle citate disposizioni rispetto all’art. 9-bis in esame costituisce un argomento a contrario di indubbia pregnanza per affermare che, in ipotesi di condono diverse da quelle contemplate nelle suddette disposizioni, l’omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate determina l’inefficacia integrale della definizione.

3. In conclusione, dunque, occorre ribadire il principio secondo cui il condono previsto dalla L. n. 289 del 2012, art. 9-bis relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7,8,9,15 e 16 le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9-bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis in ordine alla determinazione del quantum, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo tale condizione venga rispettata essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive. (Cass. Sez. 6 – 5, 08/11/2013, n. 25238, Rv. 629201 – 01).

4. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, posto che, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo.

Considerato lo sviluppo della vicenda processuale ed il consolidarsi della giurisprudenza di questa Corte sul punto in epoca successiva alla proposizione del ricorso, si dispone la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Compensa tre le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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