Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25497 del 13/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 13/12/2016, (ud. 04/10/2016, dep.13/12/2016),  n. 25497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19959/2013 proposto da:

D.V., (OMISSIS), D.L.M.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO BOTZIOS, rappresentati e difesi dall’avvocato

EUSTACHIO MAURO FRANCIONE giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.S.C., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MAURIZIO EUSTACHIO SARRA giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 152/2012 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 29/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.L.M.M. e D.V. convennero in giudizio D.S.C. per esercitare il riscatto agrario di un fondo acquistato dal convenuto (costituito da un terreno su cui insisteva un fabbricato), che confinava con altri terreni di cui gli attori erano proprietari e coltivatori diretti.

Il Tribunale di Matera dichiarò che il riscatto non poteva “estendersi al fabbricato insistente sul fondo per difetto di complementarietà”.

La Corte di Appello di Potenza ha disatteso la pretesa dei retraenti rilevando che gli stessi non avevano provato di non aver venduto fondi nel biennio precedente l’alienazione di quello da riscattare e di possedere la capacità lavorativa necessaria per coltivare anche tale terreno.

Ricorrono per cassazione il D.L. e la D., affidandosi a quattro motivi; resiste l’intimato a mezzo di controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Esaminando la doglianza dei retraenti, che avevano censurato la sentenza di primo grado perchè, pur riconoscendone implicitamente il diritto, non aveva provveduto in ordine al riscatto del suolo, la Corte di Appello ha osservato che il motivo era fondato per quanto concerneva l’omessa pronuncia, ma ha aggiunto che da ciò non conseguiva l’accoglimento del ricorso.

Ha rilevato, infatti, che l’accoglimento della domanda presupponeva la verifica della sussistenza di tutti i requisiti soggettivi richiesti dalla L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 1 (verifica che non era stata compiuta dal primo giudice) ed ha escluso che gli attori avessero provato di non aver venduto fondi nel biennio precedente e di possedere una capacità lavorativa che rispettasse il parametro legale.

Esclusa, dunque, la sussistenza dei requisiti per l’esercizio del riscatto, ha ritenuto superfluo esaminare il motivo di appello con cui i retraenti si erano doluti della mancata estensione del riscatto al fabbricato.

2. Col primo motivo (“violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 329, 99 e 112 c.p.c., nonchè dei principi generali in tema di giudicato interno”), i ricorrenti censurano la Corte per non aver rilevato che “il riscatto del terreno è stato oggetto di decisione implicita, sulla quale, in mancanza di impugnazione, si è formato il giudicato interno”, atteso che l’avere escluso l’operatività del riscatto in relazione al solo fabbricato comportava l’accoglimento della domanda in ordine al terreno; era pertanto precluso al giudice di appello il riesame della questione in mancanza di impugnazione incidentale sul punto.

2.1. Col secondo motivo (“violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, art. 342 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione all’onere della prova, nonchè dei principi generali in tema di impugnazione e di giudicato interno”), si deduce che la sussistenza dei requisiti della mancata vendita nel biennio e della capacità lavorativa doveva ritenersi implicitamente ammessa dal D.S., con formazione del giudicato interno sulla sussistenza di detti requisiti e conseguente preclusione per la Corte di Appello di rilevarne d’ufficio la mancata prova”; si assume, in particolare, che la sentenza è affetta da “ultrapetizione, avendo rigettato la domanda degli attori per una ragione completamente estranea al dibattito svoltosi fra le parti in primo e secondo grado” e che risultava violato il principio di non contestazione, rilevandosi che mai – nei vari scritti difensivi – il D.S. aveva conte sussistenza del diritto al riscatto dei relativi requisiti) in ordine al terreno.

2.2. Il terzo motivo “violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 346 c.p.c., in relazione a1 principio tantum devolutum quantum appellatum”) insiste nel censurare la sentenza per avere respinto “la domanda degli appellanti per una ragione completamente estranea ai dibattito svoltosi tra le parti in primo e secondo”, incorrendo pertanto in vizio di ultrapetizione e violando i limiti dell’effetto devolutivo dell’appello.

2.3. Con l’ultimo motivo “omessa pronuncia su un punto decisivo della sentenza. Violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 277 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”) si censura l’affermazione circa la superfluità dell’esame del motivo, assumendosi che “la Corte avrebbe dovuto non solo accogliere la domanda di riscatto del suolo, ma anche esaminare ed accogliere la domanda di riscatto del fabbricato”.

3. I motivi – che possono essere esaminati congiuntamente – sono fondati laddove lamentano la mancata valutazione della vicenda alla luce del principio di non contestazione.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “anche nelle controversie in tema di riscatto o prelazione agrari la non contestazione del convenuto costituisce un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti” (Cass. n. 3727/2012; conformi Cass. n. 16773/2006 e Cass. n. 12517/2016).

Ciò premesso, deve considerarsi che la stessa sentenza impugnata ha dato atto che il giudice di primo grado aveva affermato che la controversia “si incentra non tanto sul diritto al riscatto del fondo, quanto sull’inclusione nel suddetto diritto anche del fabbricato” e une lo stesso tenore del dispositivo adottato dal Tribunale (“dichiara che il riscatto agrario esercitato dagli attori in danno del convenuto non può estendersi anche al fabbricato insistente sul fondo oggetto del riscatto”) suggerisce una situazione di non contestazione del diritto al riscatto in relazione al suolo non occupato dal fabbricato.

A ciò si aggiunga che gli stralci degli scritti difensivi del D.S. trascritti in ricorso (cfr. pagg. 3, 16, 17) depongono nel senso della non contestazione del d1r t o a riscattare il fondo e – altresì – che daà sentenza impugnata non emerge che il predetto D.S. avesse specificamente contestato la sussistenza dei requisiti (mancata vendita nel biennio e capacità lavorativa) che la Corte di merito ha ritenuto di dover valutare e sulla cui base ha rigettato la pretesa dei riscattanti.

La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte territoriale che dovrà valutare – alla luce dei principi sopra richiamati – se, a fronte delle difese svolte dal D.S., ricorresse o meno una situazione di non contestazione tale da espungere l’accertamento della sussistenza dei requisiti l’accertamento della sussistenza dei requisiti soggettivi per l’esercizio del riscatto dall’ambito degli accertamenti demandati al giudice di merito.

4. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.

PQM

la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Potenza, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2016

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