Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25497 del 12/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 12/10/2018, (ud. 30/05/2018, dep. 12/10/2018), n.25497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27964/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SICILIANA CARBOLIO SRL LIQUIDAZIONE, domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato VINCENZO TARANTO (avviso

postale ex art. 135);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 319/2011 della COMM. TRIB. REG. della SICILIA,

depositata il 20/15/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/05/2018 dai Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 319/31/11, depositata il 20.10.2011 dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sez. Staccata di Catania.

Ha premesso che, a seguito di processo verbale di constatazione elevato il 20.06.2000 da militari della GdF, il 16.12.2005 notificava alla Siciliana Carbolio s.p.a. l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, rettificava quanto dichiarato dalla contribuente relativamente all’anno 1997 ai fini ILOR e delle imposte dirette.

Nel ricorso proposto dalla società dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania la contribuente, oltre che dolersi della mancanza di motivazione e della infondatezza delle singole riprese a tassazione, eccepiva la nullità dell’accertamento per decadenza della Amministrazione dal potere accertativo del D.P.R. n. 600 cit., ex art. 43. In particolare, essendo intervenuto l’accertamento nel termine di proroga biennale previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 10,la contribuente sosteneva che nel caso di specie l’Amministrazione non poteva fruire della suddetta proroga.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso con la sentenza depositata l’8.10.2007. L’Agenzia proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, che con la sentenza ora impugnata confermava le statuizioni del giudice di primo grado.

L’Ufficio con unico motivo si duole della violazione della L. n. 289 del 2002, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver correttamente interpretato la disciplina sul condono, escludendo la fattispecie dalla proroga biennale dei termini d’accertamento.

Si è costituita la società, che ha eccepito l’inammissibilità dell’atto impugnato perchè la ricorrente si sarebbe limitata a contestare le statuizioni della sentenza del giudice regionale senza riproporre le deduzioni a sostegno della legittimità e della fondatezza nel merito dell’atto impositivo non esaminate dal giudice d’appello. Ha contestato in ogni caso le avverse difese, insistendo comunque sulla mancanza di motivazione e sulla infondatezza delle singole riprese a tassazione. Ha depositato anche memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Rilevato che:

Le preliminari eccezioni sollevate dalla società controricorrente sono infondate.

A tal fine è sufficiente affermare che è principio ribadito dalla giurisprudenza di legittimità che in tema di contenzioso tributario il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente proposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento – come il corrispondente art. 346 c.p.c. – all’appellato, e non all’appellante, sicchè, avuto riguardo al carattere impugnatorio del giudizio, alla qualità di attore in senso sostanziale del Fisco ed all’indisponibilità della sua pretesa, cui non può rinunciare se non nei limiti di esercizio della autotutela, qualora l’Amministrazione sia rimasta soccombente in primo grado per profili preliminari di legittimità formale dell’atto, non può desumersi la rinuncia a far valere la pretesa tributaria dalla circostanza che l’appello proposto abbia per oggetto solo la suddetta statuizione (Cass., Sez. 6-5, sent. n. 10906 del 2016; Sez. 5, sent. 13695 del 2009; cfr. anche sent. n. 8332 del 2016). Il principio va ribadito anche con riguardo al giudizio di legittimità.

Esaminando poi il merito della controversia, deve premettersi che la contribuente ha sostenuto che alla Amministrazione non spettasse il termine di proroga biennale, previsto dall’art. 10 cit., per due motivi, il primo perchè la società aveva provveduto a presentare per altre annualità la dichiarazione automatica ex art. 9 della legge sul condono, il secondo perchè la notifica del processo verbale di constatazione ricevuto il 20.06.2000 – dunque prima della entrata in vigore della legge sul condono – impediva alla società l’accesso alle forme di definizione disciplinate dagli artt. 7, 8 e 9 della Legge, secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 3; l’impossibilità oggettiva di accesso alle forme di condono costituirebbe, secondo la prospettazione difensiva della controricorrente, una ipotesi di esclusione dell’applicazione della proroga dei poteri accertativi dell’Ufficio.

La sentenza impugnata, come quella del giudice provinciale, ha condiviso la seconda ragione prospettata dalla contribuente.

Perimetrato l’oggetto della controversia portata all’attenzione della Corte, ed esaminando il motivo del ricorso, con il quale l’Amministrazione lamenta un error in iudicando della sentenza, per violazione e falsa applicazione delle norme della LI. n. 289 del 2002, esso è fondato.

Questa Corte, in merito alla proroga biennale dei poteri di accertamento della Amministrazione finanziaria, ha ripetutamente affermato che in tema di condono fiscale la proroga biennale dei termini di accertamento, accordata agli Uffici finanziari dalla L. n. 289 del 2002, art. 10, opera – in assenza di deroghe contenute nella legge – sia nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi delle disposizioni di favore di cui alla suddetta legge, pur avendovi astrattamente diritto, sia nel caso in cui non abbia potuto farlo, perchè raggiunto da un avviso di accertamento notificatogli prima dell’entrata in vigore della legge (Cass., ord. n. 3816/2018; sent. n. 16964/2016; sent. n. 22921/2014; sent. 17395/2010).

Si è in particolare evidenziato che la L. n. 289 del 2002, art. 10, concede agli Uffici finanziari una proroga di due anni dei termini per l’accertamento, fissati dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 (in materia di tributi diretti) e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 (in materia di IVA) nei confronti dei contribuenti “che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli artt. da 7 a 9” della stessa legge. Le disposizioni richiamate contemplano varie forme di condono fiscale per anni pregressi (rispettivamente, definizione automatica dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, integrazione degli imponibili dichiarati e definizione automatica). Esse non si applicano – per quanto qui interessa – ai soggetti che, come la ricorrente, hanno ricevuto notifica di un processo verbale di constatazione con esito positivo, ossia con accertamento di maggiore imponibile, prima dell’entrata in vigore della norma agevolativa (art. 7 cit., comma 3, lett. c; art. 8 cit., comma 10, lett. a; art. 9 cit., comma 14, lett. a). Secondo la contribuente ciò impedirebbe l’applicazione dell’art. 10 cit.. Invece, partendo dalla considerazione che la norma non prevede deroghe, e posto che la legge concede proroga all’Ufficio per l’accertamento nei confronti dei contribuenti “che non si avvalgono” dei benefici recati dalle suddette disposizioni di favore, all’interprete non è lecito distinguere fra soggetti che non intendono e soggetti che non possono avvalersene, poichè l’espressione “non avvalersi”, secondo il significato proprio delle parole (art. 12 preleggi), descrive ugualmente gli atteggiamenti di chi non voglia e di chi non possa accedere al beneficio indicato, non essendo specificata nella legge alcuna riserva.

Pertanto errato è stato il ragionamento del giudice regionale.

Nè ha neppure pregio invocare l’inapplicabilità della proroga perchè la società avrebbe fatto ricorso al condono per altri anni d’imposta, poichè gli effetti dell’accesso alle forma di definizione previste dalla L. n. 289 cit., per taluni anni non si estendono a quelli per i quali non si è potuto o non si è voluto provvedere con le medesime modalità.

Rilevato che:

La sentenza va pertanto cassata e va rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia che, in diversa composizione, dovrà decidere sugli altri motivi di appello non ancora esaminati, nonchè sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che in diversa composizione dovrà decidere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

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