Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25496 del 21/09/2021

Cassazione civile sez. II, 21/09/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 21/09/2021), n.25496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24990-2016 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in Nola, (NA) via

Giacomo Imbroda n. 80, scala a, int. 4, presso lo studio dell’avv.to

ANTONELLA GIUGLIANO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avv.to MAURO DELLO IACONO;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, V.

DELLA CROCE 44, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO GRANDINETTI,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10336/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 26/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/04/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.G. chiedeva il riconoscimento del compenso professionale in relazione all’attività prestata in favore della Groupama Assicurazioni s.p.a., quale perito fiduciario assicurativo. Nel giudizio di primo grado la convenuta aveva eccepito l’improponibilità della domanda per abuso del processo contestando l’avvenuta proposizione di un numero elevato di giudizi per ciascuna delle attività svolte.

2. Il giudice di pace di Napoli dichiarava l’improponibilità della domanda per abuso del processo.

3. Il M. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

4. Il Tribunale di Napoli, quale giudice d’appello, rigettava l’impugnazione e confermava la sentenza del giudice di pace.

In primo luogo, il Tribunale rigettava l’eccezione di difetto della procura conferita al difensore e, in secondo luogo, evidenziava che la parcellizzazione del credito operata dal M. in sede giurisdizionale non trovava giustificazione, in quanto la domanda di recupero delle somme avrebbe dovuto essere attivata con una procedura unitaria sulla scorta di quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23727 del 2007. Richiamati i principi espressi nella suddetta sentenza, il Tribunale evidenziava che dalla stessa prospettazione dell’attore – secondo cui la compagnia di assicurazioni convenuta aveva corrisposto un compenso a forfait pari a Euro 34,67, a prescindere dal quantitativo di tempo impiegato per le attività inerenti la singola pratica – si trattava di un’attività continuativa svolta nel corso di 25 anni, regolata in maniera uniforme e costante, indipendentemente dal contenuto concreto della prestazione e rispetto alla quale l’appellante aveva sempre emesso fatturazioni conformi sulla base di uno schema negoziale concordato e accettato. Pertanto, le obbligazioni nascenti dalla pretesa azionata dal M. scaturivano tutte dalla medesima fonte ovvero dal rapporto di collaborazione professionale continuativa regolato da un accordo quadro e, dunque, doveva trovare applicazione la giurisprudenza citata. Infatti, l’appellante avrebbe dovuto comportarsi secondo buona fede e correttezza, agendo unitariamente al fine di sentire dichiarare l’invalidità della preventiva fissazione forfettaria dei compensi nella misura sempre fatturata dal M. e, quindi, sentirsi accertare e dichiarare l’esistenza del proprio diritto a vedersi riconosciuti compensi ulteriori rispetto a quelli forfettari erogati nel corso degli anni per la trattazione di ciascuna pratica. Invece, l’appellato aveva proposto distinte azioni per ciascuna pratica, chiedendo in ciascuna di esse l’ulteriore compenso sulla base della tariffa professionale per ogni singola prestazione oltre a quello già ottenuto secondo la tariffazione forfettaria. Tale frazionamento della pretesa contrattuale integrava una condotta ingiustificatamente e deliberatamente pregiudizievole sia per la posizione della controparte sia per l’efficienza del sistema giudiziario.

5. M.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla scorta di due motivi.

6. Groupama Assicurazioni s.p.a. ha resistito con controricorso.

7. Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza con la quale hanno insistito nelle rispettive richieste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: infondatezza dell’eccezione di improcedibilità della domanda, sussistenza dell’ipotesi di frazionamento del credito, di abuso del processo, inesistenza di un unitario rapporto obbligatorio di una prestazione unica, applicazione dell’art. 1181 c.c. quale espressione del principio generale del favor creditoris.

Secondo il ricorrente nel caso di specie non vi sarebbe una prestazione originariamente unica ma tanti crediti unitari per quanti sono i sinistri in relazione ai quali l’istante ha svolto attività professionale per conto della convenuta. In particolare, con la proposizione del giudizio di primo grado dinanzi al giudice di Napoli il M. aveva chiesto non un adempimento parziale di un credito unitario bensì l’adempimento dell’obbligazione sorta in capo alla convenuta circa il pagamento dell’attività profusa nell’istruzione, gestione e liquidazione di singoli sinistri per conto della menzionata compagnia di assicurazione. Nella specie, peraltro, il credito vantato dal ricorrente non era maggiore di quello dallo stesso reclamato in altri giudizi dovendosi accertare la sussistenza o meno del singolo credito nascente da un rapporto di lavoro autonomo. Non vi sarebbe stata, dunque, alcuna parcellizzazione del credito, né alcuna connessione oggettiva, trattandosi di procedimenti relativi a obbligazioni scaturenti da distinti incarichi professionali.

Il ricorrente richiama anche la sentenza di questa Corte n. 18810 del 2016 con la quale, modificando la precedente interpretazione, si è chiarito il senso dell’abuso del processo nel frazionamento del credito, restringendone l’interpretazione ed escludendo le fattispecie come quelle all’esame. Il caso esaminato in quell’occasione era analogo a quello odierno, ovvero un giudizio proposto da un perito assicurativo nei confronti di una compagnia di assicurazione nei confronti della quale lo stesso aveva proposto autonomi giudizi per vedersi riconoscere singole prestazioni professionali sul presupposto che i singoli crediti nascevano da singoli incarichi ricevuti dalla compagnia relativamente a diversi sinistri. Ottenuta dal perito assicurativo sentenza positiva in primo grado il Tribunale aveva riformato la sentenza sulla scia della citata giurisprudenza sul frazionamento del credito.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ritenuto che l’unitarietà del rapporto obbligatorio cui si può ricollegare l’abusività del frazionamento implicherebbe che unica sia la prestazione in relazione all’obbligazione e che sia stata considerata unitariamente in sede contrattuale senza che le sorti siano isolabili logicamente e materialmente.

Il Tribunale di Napoli con l’impugnata sentenza avrebbe erroneamente sussunto l’ipotesi di violazione delle norme relative alla buona fede contrattuale con la richiesta azionata per via giudiziaria per il credito relativo alla prestazione in oggetto senza aver chiaro il necessario vincolo che deve esservi quanto all’unitarietà intrinseca del rapporto controverso.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: erronea interpretazione da parte del Tribunale del disposto di cui all’art. 111 Cost., principio della ragionevole durata del processo dell’art. 103 Cost. che consente la separazione delle cause quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo, erronea interpretazione da parte del Tribunale dell’art. 151 disp. att. c.p.c. che esclude la possibilità di riunione quando la stessa renda troppo gravoso e ritardi eccessivamente il processo. Inesistenza della violazione del principio del giusto processo e dei doveri di lealtà e probità del difensore a norma dell’art. 88 c.p.c.

La censura è ripetitiva di quella precedente sotto il profilo della violazione delle norme indicate.

2.1 I primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.

Questa Corte con numerosissime pronunce si è già occupata della medesima questione sollevata da M.G. con altrettanti ricorsi proposti avverso sentenze del Tribunale di Napoli con controricorrente la Groupama Assicurazioni spa, (n. 1409 del 2021, n. 10763 del 2020, n. 10670 del 2020, n. 10365 del 2020, n. 10364 del 2020, n. 31872 del 2019, n. 30887 del 2019, n. 27881 del 2019, n. 27428 del 2019, n. 27264 del 2019, n. 24989 del 2019, n. 24924 del 2019 n. 15398 del 2019, n. 3677 del 2019). In tutte le citate pronunce questa Corte ha fatto applicazione del costante e uniforme orientamento secondo cui: “le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata” (principio affermato dalle sezioni unite con la sentenza n. 4090 del 16/02/2017 e poi richiamato in una serie di ordinanze emesse in una analoga vicenda di pretese avanzate da perito assicurativo: solo per citarne alcune, Sez. 2, n. 31012 del 28/12/2017; Sez. 2, n. 31013 del 2017; Sez. 2, n. 31014 del 2017; Sez. 2, n. 1356 del 2018; Sez. 2, n. 1355 del 2018; Sez. 2, n. 22449 del 2018).

Si è ripetutamente affermato che il Tribunale ha correttamente escluso la sussistenza di un interesse concreto oggettivamente valutabile del M. alla tutela frazionata. Anche nel caso in esame il Tribunale ha accertato che il M. ha svolto attività continuativa, quale perito della società assicurativa, per oltre venticinque anni ed è stato remunerato in maniera uniforme e costante, indipendentemente dal contenuto concreto della prestazione. Detta circostanza è indice dell’accettazione di uno schema negoziale concordato, sicché tutte le pretese azionate trovano applicazione nella medesima fonte, ovvero nell’accordo quadro. Non emerge alcun elemento a sostegno della tesi del ricorrente che giustifichi la sua pretesa di diversificare le prestazioni, il generico interesse ad ottenere un sollecito accertamento di ciascuna pretesa, non può giustificare il frazionamento senza che siano evidenziate le specificità dei singoli casi, specie considerando che le singole pretese sono fondate su presupposti comuni, quindi suscettibili di esser trattati ed istruiti in un unico processo senza alcun oggettivo aggravio della posizione processuale del ricorrente.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omessa insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo. Il Tribunale di Napoli ha errato nel ritenere che il ricorrente abbia operato il disconoscimento della conformità agli originali delle copie prodotte dalla compagnia assicuratrice, dapprima genericamente, poi in maniera efficace ma tardiva.

3.1 Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

Come ripetutamente affermato da questa Corte, la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (v. Sez. 2 -, Sentenza n. 27633 del 30/10/2018 Rv. 651376; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29993 del 13/12/2017 Rv. 646981; Sez. 3, Sentenza n. 10326 del 13/05/2014 Rv. 630907 in motivazione; Sez. 3, Sentenza n. 7775 del 03/04/2014 Rv. 629905; v. altresì Cass. n. 28096/09, nonché Cass. n. 14416/13).

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: omessa insufficiente motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio in relazione al principio di cui all’art. 112 c.p.c. violazione della L. n. 166 del 1992 circa l’erronea statuizione del Tribunale di Napoli sulla necessità di comportarsi secondo buona fede e correttezza e di agire unitariamente al fine di sentir dichiarare ed accertare l’invalidità della preventiva fissazione forfettaria dei compensi.

Il ricorrente evidenzia che non è in contestazione il compenso a forfait ma gli importi relativi alle attività aggiuntive espletate ma liquidate dalla compagnia assicurativa. Il M. avrebbe svolto compiti ulteriori rispetto a quelli propri del perito e per tale attività aggiuntive e provate doveva essere riconosciuto un compenso in applicazione della tariffa professionale.

4.1 Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.

Il D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito nella L. n. 134 del 2012, prevede che, in caso di “doppia conforme”, nei giudizi introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dall’11 settembre 2012, il ricorso per cassazione non possa essere proposto, come nel caso in esame, per vizio motivazionale.

Quanto alla violazione di legge lamentata, la censura non tiene conto del fatto che la sussistenza di un accordo tra le parti volto a regolare uniformemente tutti i successivi incarichi conferiti al M. (quanto, in particolare, al compenso spettante per le perizie espletate per ciascun sinistro) è stato desunto esclusivamente dalle stesse tesi difensive del ricorrente, a parere del quale egli aveva dovuto subire le condizioni economiche impostegli dalla società mediante un cartello unilaterale, dichiarando di voler corrispondere a forfait un importo netto a pratica. L’effettivo perfezionamento dell’accordo volto a regolare le condizioni economiche tra le parti è questione che attiene al merito ed il relativo accertamento appare sorretto da argomentazioni logiche, intellegibili e non contraddittorie, con conseguente insussistenza del denunciato vizio di motivazione (Cass. S.U. n. 8053 del 2014).

5. In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1400 più Euro 200 per esborsi ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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