Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25495 del 13/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25495 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 12864-2007 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del
AGENZIA DELLE ENTRATE

Ministro pro tempore,

in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
2013

e difende ope legis;
– ricorrenti –

2762
contro

CURATORE FALL. SGRO’ ANTONINO;
– intimato –

avverso

la

sentenza

n.

201/2005

della

Data pubblicazione: 13/11/2013

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di MESSINA, depositata il
04/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;

chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che ha

RITENUTO IN FATTO.
1. In data 2.5.97 veniva notificato alla Curatela del
Fallimento della ditta individuale Sgrò Antonino un avviso di rettifica, con il quale l’Ufficio accertava – sulla
scorta del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza in data 7.9.92 – l’omessa registrazione di
corrispettivi per un maggiore

imponibile

di

£.

con riferimento all’anno di imposta 1992.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dalla curatela fallimentare dinanzi alla CTP di Messina, che accoglieva
parzialmente il ricorso, annullando l’avviso di rettifica
limitatamente all’ammontare dei corrispettivi ritenuti
non registrati, fermo restando l’accertamento dell’omessa
registrazione di fatture. L’appello proposto dall’Agenzia
delle Entrate alla CTR della Sicilia veniva rigettato con
sentenza n. 201/2/05 depositata il 4.4.06.
2.1. Il giudice di seconde cure, confermando l’impugnata
sentenza, riteneva, invero, non corretto il criterio di
calcolo della percentuale di ricarico, mediante il ricorso al criterio della media aritmetica semplice, anziché a
quello della media ponderale, e non adeguatamente motivato l’atto impositivo mediante il richiamo per relationem
al processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza.
3. Per la cassazione della sentenza n. 201/2/05 hanno
proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate affidato a tre motivi.
La contribuente non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In via pregiudiziale, rileva la Corte che il ricorso
proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze deve
essere dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione attiva dell’amministrazione ricorrente.
Va osservato, infatti, che, qualora – come nel caso di
specie – al giudizio di appello abbia partecipato solo
l’Agenzia delle Entrate – succeduta a titolo particolare
nel diritto controverso al Ministero delle Finanze nel

159.959.000, e l’omessa registrazione di sette fatture,

giudizio di primo grado, ossia in epoca successiva
all’1.1.01, data nella quale le Agenzie sono divenute
operative in forza del d.lgs. n. 300/99 – e il contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti
del solo nuovo soggetto processuale, deve ritenersi verificata, ancorchè per implicito, l’estromissione del Ministero delle Finanze dal giudizio. Ne consegue che l’unico
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto
dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per
difetto di legittimazione attiva (cfr., tra le tante,
Cass. 24245/04, 6591/08).
2. Premesso quanto precede, va rilevato che, con i tre
motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione degli artt. 2727, 2729, 2697
c.c., 54 e 56 del d.P.R. 633/72, in relazione all’art.
360 n. 3 c.p.c., nonché il difetto di motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360
n . 5 c.p.c.

2.1. La ricorrente censura, anzitutto, il fatto che la
CTR abbia ritenuto – peraltro con motivazione del tutto
incongrua – illegittimo il criterio dei “ricarico medio
non ponderato”, adoperato dall’Ufficio nella determinazione della percentuale di ricarico operata in sede di
verifica fiscale, a fronte della rilevata omessa registrazione di corrispettivi.
2.2. L’Amministrazione si duole, inoltre, del fatto che
il giudice di appello abbia ritenuto illegittimo ed affetto da nullità, ai sensi dell’art. 56 d.P.R. 633/72,
l’accertamento induttivo fondato su mere presunzioni, non
dotate dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, a norma degli artt. 2727 e 2729 c.c., solo in presenza dei quali, invero, il ricorso al procedimento di
rettifica, di cui all’art. 54 del decreto cit., potrebbe
reputarsi legittimo.

2

soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione

2.3. Contesta, infine, l’Agenzia delle Entrate l’ affermazione della CTR, secondo cui l’atto impositivo emesso
nella specie sarebbe carente di motivazione, non recando
il medesimo la specifica ed espressa indicazione dei fatti posti dall’Amministrazione a sostegno della pretesa
azionata. Il richiamo di tali fatti per relationem,

ef-

fettuato mediante il rinvio – contenuto nell’avviso di
Guardia di Finanza, sarebbe, per vero, tale – a parere
della ricorrente – da escludere la dedotta nullità, per
vizio motivazionale, dell’atto impositivo impugnato dalla
curatela fallimentare.
3. Le censure sono fondate.
3.1. L’impugnata sentenza ha, difatti, ritenuto erroneo peraltro senza addurre alcuna ragione giustificativa al
riguardo – il criterio del “ricarico medio non ponderato”, che assume adoperato dall’Amministrazione per la determinazione dell’imposta dovuta dalla contribuente.
L’unico, sintetico, riferimento in proposito, si concreta, invero, nell’affermazione, poco chiara ed apodittica,
secondo cui tale criterio sarebbe errato poichè “relativo
a percentuali di ricarico ricavate indirettamente, senza
riscontro probatorio e non in base alla reale situazione
aziendale”.
3.1.1. Orbene, va osservato al riguardo che, in materia
di rettifica della dichiarazione IVA, la determinazione
in via presuntiva della percentuale di ricarico effettiva
sul prezzo della merce venduta, in sede di accertamento
induttivo, deve avvenire adottando un criterio che sia:
a) coerente con la natura e le caratteristiche dei beni
presi in esame; b) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; c) fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni (Cass. 3197/13). Sotto il profilo della
composizione merceologica del campione esaminato va, per
vero, tenuto conto del fatto che l’adozione dei diversi
criteri della media aritmetica semplice e della media
ponderale dipende, in buona sostanza, dalla natura ri-

rettifica – al processo verbale di constatazione della

spettivamente omogenea o disomogenea degli articoli esaminati e dei relativi ricarichi (Cass. 26312/09).
3.1.2. Senonchè, nel caso concreto, dalla sentenza impugnata – come dianzi detto – non è possibile inferire le
ragioni per le quali il criterio del ricarico medio aritmetico (non ponderale), che la CTR assume adottato
dall’Ufficio, non sia adeguato, in relazione alla natura
in sede di accertamento, secondo i parametri sopra evidenziati. E, pertanto, già sotto il profilo in esame, la
sentenza impugnata è censurabile.
3.2. Ma del tutto errato si palesa, altresì, l’assunto
del giudice di appello, secondo il quale il ricorso al
procedimento induttivo ex art. 55 d.P.R. 633/72 richiederebbe la sussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, che si assumono assenti nel caso concreto, e
sarebbe escluso in presenza di una contabilità che appaia
– come nella specie – regolarmente tenuta.
3.2.1. In tema di rettifica delle dichiarazioni ai fini
IVA, invero, l’infedeltà, che legittima il ricorso al
procedimento di rettifica ai sensi dell’art. 54 del
d.P.R. n. 633/72, è accertata nei modi ivi previsti, anche mediante dati e notizie raccolti con le modalità stabilite dall’art. 51 del decreto cit., ovvero con ricorso
a presunzioni semplici, a conforto delle quali l’Ufficio
non è tenuto ad offrire altre prove “concrete”, essendo,
invece, il contribuente tenuto ad offrire l’eventuale
prova contraria (Cass. 15299/08, 1575/07).
Sotto tale profilo, pertanto, le suindicate modalità di
determinazione della reale percentuale di ricarico prescindono del tutto dalla circostanza che la contabilità
dell’imprenditore risulti formalmente regolare (Cass.
7871/12, 3197/13), costituendo l’infedeltà della dichiarazione – desumibile da elementi a carattere indiziario e
presuntivo, raccolti dall’Ufficio nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 51 d.P.R. 633/72 – il presupposto
fattuale necessario e sufficiente per il ricorso alla
procedura di rettifica ex art. 54 del decreto cit.

4

ed alle caratteristiche del campione dei beni esaminato

-5

3.2.2. Nel caso concreto, dall’esame degli atti del presente giudizio si evince che il procedimento in parola
era stato attivato dall’Amministrazione sulla scorta della constatazione, operata dalla Guardia di Finanza,
dell’assenza di fatture relative ad operazioni effettuate
e non contestate dalla contribuente, che avevano dato
luogo ad omessa registrazione di corrispettivi.
a quanto ritenuto dalla CTR – in sede di rettifica di dichiarazione IVA infedele, anche una sola presunzione semplice, purchè grave e precisa – ricorrendo il requisito
della concordanza solo nel caso di concorso tra più circostanze presuntive – possa giustificare il ricorso al
procedimento di rettifica ex artt. 51 e 54 d.P.R. 633/72.
Di conseguenza il giudice di merito – nell’esercizio del
potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di
scegliere tra gli elementi probatori quelli ritenuti più
idonei a supportare la decisione – ben può porre a fondamento della sentenza, in via esclusiva, anche un solo
elemento di prova indiziaria e presuntiva, non occorrendo
l’acquisizione, a conforto, di ulteriori elementi di prova documentale (cfr. Cass. 8484/09, 9108/12).
3.2.3. Ne discende che, nel caso concreto, la CTR non ha
fatto corretta applicazione di siffatti principi, in materia di adempimento dell’onere della prova, laddove ha
gravato l’Amministrazione, in presenza di una circostanza
(omessa fatturazione di operazioni imponibili e conseguente omessa registrazione di corrispettivi), di per sé
tale da integrare una presunzione grave e precisa,
dell’onere di offrire ulteriori elementi di prova a sostegno della pretesa tributaria azionata.
3.3. Del tutto errato, infine, si palesa l’ulteriore assunto della CTR, laddove il giudice di appello ha ritenuto invalido, per difetto di motivazione, l’avviso di rettifica, per difetto degli elementi di prova a sostegno
dell’accertamento, desunti cesso verbale di constatazione.

per relationem – dal pro-

Ebbene, non può revocarsi in dubbio che – contrariamente

,

-6

3.3.1. E’ del tutto pacifico, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte, che, in materia di provvedimento
amministrativo di imposizione tributaria, la motivazione
che rinvii alle conclusioni contenute in atti redatti
nell’esercizio dei poteri di polizia tributari, già noti
al contribuente, non è illegittima. Siffatto modus procedendi indica, invero, semplicemente che l’Ufficio proce-

quale non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (cfr. Cass. 21119/11, 8183/11,
4523/12).
3.3.2. Anche sotto tale profilo, dunque, la sentenza di
appello deve essere censurata.
4. Per tutte le ragioni esposte, dunque, in accoglimento
del ricorso, la sentenza n. 201/2/05 va cassata, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che dovrà riesaminare il merito della
controversia, enunciando le ragioni per le quali il criterio di computo della percentuale di ricarico adottato
dall’Amministrazione nel caso concreto sia da ritenersi,
o meno, idoneo in relazione alla natura e alle caratteristiche del campione di beni esaminato in sede di accertamento. La CTR si atterrà, inoltre, ai seguenti principi
di diritto: “l’infedeltà, che legittima il ricorso al
procedimento di rettifica ai sensi dell’art. 54 del
d.P.R. n. 633/72, è accertata nei modi ivi previsti, anche mediante dati e notizie raccolti con le modalità stabilite dall’art. 51 del decreto cit., ovvero con ricorso
a presunzioni semplici, a conforto delle quali l’Ufficio
non è tenuto ad offrire altre prove “concrete”, ma è il
contribuente tenuto ad offrire la prova contraria”; “la
modalità di determinazione della reale percentuale di ricarico, adottata in concreto dall’Amministrazione in relazione alla natura dei beni esaminati in sede di verifica, prescinde dalla circostanza che la contabilità
dell’imprenditore risulti formalmente regolare”; “in sede
di rettifica di dichiarazione IVA infedele, anche una sola presunzione semplice, purchè grave e precisa, può giu-

dente ha inteso realizzare un’economia di scrittura, la

7TomE
ESENTE D
AI SENSI DEL
N. 131 TA.. ALL. – N.5
MATERIA TRIBUTARIA

– 7 –

stificare il ricorso al procedimento di rettifica ex
artt. 51 e 54 d.P.R. 633/72”.
5. Il giudice di rinvio provvederà, altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
dichiara

inammissibile

il

ricorso

del

Ministero

dell’Agenzia delle Entrate; cassa la sentenza impugnata
con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria
Regionale della Sicilia, che provvederà alla liquidazione
anche delle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, 1’8.10.2013.

dell’Economia e delle Finanze; accoglie il ricorso

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