Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25495 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 10/10/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17512 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Clean Boys s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso,

dagli Avv.ti Oreste Cantillo e Giampiero Scarantino, elettivamente

domiciliata in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 17, presso lo

studio del primo difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato,

presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è

domiciliata.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n.

488/9/2011, depositata in data 16 novembre 2011;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 maggio 2019

dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore

generale Dott.ssa Zeno Immacolata, che ha concluso chiedendo il

rigetto del ricorso;

uditi per la ricorrente l’Avv. Oreste Cantillo e per la

controricorrente l’Avvocato dello Stato Anna Collabolletta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Dalla esposizione in fatto contenuto nella sentenza si evince che: l’Agenzia delle entrate ha emesso nei confronti di Clean Boys s.r.l. (società esercente l’attività di raccolta, trasporto, stoccaggio provvisorio, cernita e trattamento, per il successivo recupero e valorizzazione, di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da raccolta differenziata sia civile che industriale), un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2004, ha contestato la mancata dichiarazione ai fini Iva delle operazioni di cessione di vetro in favore della società Ardagh Class s.r.l. e richiesto il pagamento della maggiore Iva dovuta; la società contribuente aveva proposto ricorso avverso il suddetto atto impositivo, evidenziando di avere provveduto ai sensi del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 74 dunque secondo il regime di inversione contabile previsto dalla suddetta previsione normativa, e, quindi, di non essere tenuta al pagamento dell’Iva, essendo l’onere a carico del cessionario; la Commissione tributaria provinciale di Salerno ha accolto il ricorso; avverso la suddetta pronuncia ha proposto appello principale la contribuente, limitatamente alla parte relativa alla condanna alle spese, e appello incidentale l’Agenzia delle entrate.

La Commissione tributaria regionale della Campania, in epigrafe, ha accolto l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate, in particolare ha ritenuto che: il rottame di vetro grezzo proveniente dalla raccolta differenziata era sottoposto ad un processo di lavorazione di recupero e trattamento consistente nella “cernita degli inquinanti, la suddivisione granulometrica, la frantumazione, la separazione dei materiali magnetici e non magnetici, la vagliatura, la separazione dei corpi opachi, etc.” e, al termine del suddetto processo, il vetro grezzo subiva una trasformazione in vetro commercialmente noto come “pronto al forno”, cioè in un materiale pronto ad essere utilizzato in un processo industriale; il suddetto prodotto, quindi, costituiva una materia prima secondaria, sicchè la sua cessione non poteva essere ricondotta nell’ambito di applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 7, che si riferiva unicamente ai beni di recupero o di scarto.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso la società contribuente affidato a due motivi di censura.

L’Agenzia delle entrate si è costituita depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso Clean Boys s.r.l. censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 7, per avere erroneamente ritenuto non applicabile la suddetta previsione alla cessione di rottame di vetro “pronto al forno” in quanto avrebbe perso le caratteristiche proprie del “rottame” per diventare “materia prima secondaria”, quindi direttamente utilizzabile in un successivo processo industriale.

2. Con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere indicato le ragioni per le quali le operazioni compiute sul rottame, consistenti nella mera eliminazione delle impurità per consentire un più agevole trasporto, ne avevano modificato la natura originaria, non avendo considerato che il vetro ceduto “pronto al forno” resta comunque non utilizzabile secondo l’ordinaria destinazione, essendo necessaria una successiva lavorazione che prevede la previa e necessaria fusione dello stesso.

3. I motivi, che possono essere esaminati unitamente, sono fondati.

Il D.P.R. n. 633 del 1972 art. 74, comma 7, nel testo in vigore ratione temporis, che: “Per le cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi e dei relativi lavori, di carta da macero, di stracci e di scarti di ossa, di pelli, di vetri, di gomma e plastica, intendendosi comprese anche quelle relative agli anzidetti beni che siano stati ripuliti, selezionati, tagliati, compattati, lingottati o sottoposti ad altri trattamenti atti a facilitarne l’utilizzazione, il trasporto e lo stoccaggio senza modificarne la natura, al pagamento dell’imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato”.

In particolare, la previsione normativa in esame ha introdotto, nel testo conseguente alle modifiche di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 35, comma 1, lett. d), il particolare regime di inversione contabile per le cessioni aventi ad oggetto i beni in essa indicati, con la conseguenza che, nel caso di cessione dei beni riconducibili nell’ambito della previsione di cui all’art. 74, comma 7, al pagamento dell’Iva è tenuto il cessionario, secondo la disciplina dell’inversione contabile.

Circa la esatta individuazione dei beni la cui cessione rientra nell’ambito di applicazione della previsione normativa in esame, va osservato che la stessa fa riferimento anche ai rottami che abbiano subito determinate lavorazioni, espressamente indicate, quali: ripulitura, selezione, taglio, compattamente o altri trattamenti unicamente finalizzati alla facilitazione dell’utilizzazione, trasporto e stoccaggio, purchè non sia modificata la natura, sicchè deve permanere pur sempre la qualità di rottame, cioè di materiale non più utilizzabile secondo la propria originaria destinazione se non sottoposto a successiva lavorazione.

Il compimento, invero, delle suddette lavorazioni, secondo l’intenzione del legislatore, non attiene ad un processo di creazione di un nuovo prodotto, destinato in quanto tale alla successiva utilizzazione, ma ad interventi unicamente finalizzati ad una migliore utilizzazione, trasporto o stoccaggio.

In tale tipologia di materiale rientra, quindi, il rottame di vetro che non subisce alcuna trasformazione, modificando la propria natura, non potendosi considerare rilevanti, al fine di valutare la modifica della natura, mere operazioni di ripulitura, selezione, taglio, compattamento, lingottamento o ogni altra operazione che ha solo la finalità di facilitarne l’utilizzazione, il trasporto e lo stoccaggio.

In definitiva, ai fini dell’applicazione della previsione normativa di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 7, le lavorazioni effettuate sui rottami devono essere quelle richiamate nella norma (ripulitura, selezione, compattamento, lingottamento ecc.) e il prodotto ottenuto (compreso il vetro), qualificato anche dalla sentenza censurata come “pronto al forno”, non deve risultare modificato nella natural e restando ancora, a tutti gli effetti, un rottame, ovvero un bene non più utilizzabile secondo l’originaria destinazione se non sottoposto a successive lavorazioni.

La sentenza censurata, pur avendo precisato che, nella fattispecie, il vetro grezzo, prima della cessione, aveva subito un trattamento consistente nella “cernita degli inquinanti, la suddivisione granulometrica, la frantumazione, la separazione dei materiali magnetici e non magnetici, la vagliatura, la separazione dei corpi opachi, etc”, ha comunque ritenuto che, da tali attività di lavorazione era conseguita una trasformazione in un materiale pronto ad essere utilizzato in un processo industriale, senza tenere conto, tuttavia, che proprio le suddette operazioni sono contemplate dalla previsione normativa in esame come ipotesi che, di per sè, non immutano la qualità di rottame del vetro ceduto, qualora non sussista, oltre a tali operazioni, una lavorazione che comporti la trasformazione della natura del bene in esame.

Sotto tale profilo, la conclusione cui è pervenuta la pronuncia censurata non è conforme alla previsione normativa in esame che, come detto, esclude che, di per sè, le suddette operazioni implichino una trasformazione della natura di rottame del vetro ceduto, a meno che non sia accertata una fase di trasformazione che renda il suddetto bene un materiale diverso da quello conseguito dalla attività di raccoltà dei rifiuti da parte della contribuente.

Questa considerazione rileva anche con riferimento al lamentato vizio di motivazione della sentenza impugnata, posto che non risulta in alcun modo precisato il percorso logico giuridico seguito per ritenere che, oltre ai processi di lavorazione descritti nella pronuncia, di per sè non idonei a mutare la natura di rottame del vetro ceduto, erano stati posti in essere ulteriori processi di trasformazione tali da condurre a ritenere che il rottame aveva, invece, assunto una propria diversa funzionalità.

Per quanto sopra esposto, i motivi di censura vanno accolti, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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