Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25493 del 10/10/2019
Cassazione civile sez. trib., 10/10/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25493
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21056 del ruolo generale dell’anno 2017,
proposto da:
s.p.a. SKF Industrie, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al
controricorso, dagli avvocati Massimo Basilavecchia e Massimo Fabio,
elettivamente domiciliatosi presso lo studio del secondo in Roma,
alla via Adelaide Ristori, n. 38;
– ricorrente-
contro
Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del direttore pro
tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei
Portoghesi, n. 12, si domicilia
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale del Lazio, depositata in data 15 febbraio 2017, n.
612/10/17;
udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 9 maggio 2019 dal
consigliere Dott.ssa Perrino Angelina-Maria;
sentita la Procura generale, in persona del sostituto procuratore
generale Dott. Zeno Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso;
uditi l’avvocato dello Stato Anna Collabolletta per l’Agenzia e
l’avv. Fabio Massimo per la società.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Emerge dalla narrativa della sentenza che la contribuente utilizza energia elettrica nell’ambito delle proprie attività produttive e che ha versato le somme rispettivamente indicate in atti a titolo di addizionale provinciale sull’energia elettrica, a norma del D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 1, lett. e), come convertito dalla L. n. 20 del 1989, in seguito abrogata. Successivamente, espone il giudice d’appello, la società ha presentato all’Agenzia delle dogane un’istanza di rimborso, per contrasto della norma che prevede(va) l’addizionale con l’art. 1, paragrafo 2, della direttiva n. 2008/118/Ce, ricevendone diniego.
La contribuente l’ha impugnato, senza esito in primo grado, in quanto la Commissione tributaria provinciale di Frosinone, pur riconoscendo la legittimazione attiva della contribuente, ne ha rigettato il ricorso, in base alla considerazione che il rimborso dell’accisa spetta soltanto al fornitore di energia, soggetto obbligato al pagamento dell’imposta.
Il giudice d’appello ha, invece, d’ufficio, esaminato la questione di giurisdizione in ordine alla domanda e l’ha declinata, in quanto ha ritenuto sussistente quella del giudice ordinario.
Contro questa sentenza la società propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo, che illustra con memoria, cui l’Agenzia replica con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, la società lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, in quanto sostiene che la giurisdizione sulla domanda di rimborso delle accise e delle addizionali indebitamente pagate spetti al giudice tributario, dovendo prescindere dalla distinta questione della soggettività passiva del tributo.
1.1.- La questione di giurisdizione è stata affrontata e risolta d’ufficio dal giudice d’appello.
Sicchè la Commissione tributaria regionale si è posta in contrasto col consolidato principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte (si veda, in particolare, Cass., sez. un., 22 aprile 2013, n. 9693), secondo cui, poichè ogni statuizione di merito comporta una pronuncia implicita sulla giurisdizione, il giudice dell’impugnazione non può riesaminare d’ufficio quest’ultima, in assenza di specifico gravame sul punto, ed è irrilevante che nella sentenza d’appello la questione di giurisdizione sia stata egualmente trattata.
1.2.- La regola della rilevabilità d’ufficio delle questioni, in ogni stato e grado del processo, va difatti coordinata con i principi che governano il sistema delle impugnazioni, nel senso che essa opera solo quando sulle suddette questioni non vi sia stata una statuizione anteriore; ove questa vi sia, invece, stata, i giudici delle fasi successive possono conoscere delle questioni stesse solo se e in quanto esse siano state riproposte con l’impugnazione, posto che altrimenti si forma il giudicato interno che ne preclude l’esame (tra varie, Cass., ord. 22 settembre 2017, n. 22207).
2.- La questione dell’intervenuto giudicato interno sulla giurisdizione tributaria può essere esaminata in questa sede perchè veicolata dal motivo d’impugnazione, che coinvolge appunto la questione di giurisdizione.
2.1.- La mera prospettazione della questione di giurisdizione, difatti, consente a questa Corte di accertare il consolidamento in capo al giudice tributario del potere di giudicare per effetto della formazione a suo beneficio di un giudicato implicito sulla relativa attribuzione, e quindi senza che venga statuita la cogenza di quest’ultima alla stregua del quadro normativo (così Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n. 24150).
2.2.- Sarebbe stata difatti d’ostacolo a tale rilievo del giudicato interno in questa sede soltanto la pronuncia del giudice di secondo grado che avesse deciso, pur se implicitamente, sull’esistenza o meno del suddetto giudicato: soltanto in tal caso la pronuncia non si sarebbe potuta rimuovere se non per effetto di espressa impugnazione (Cass., ord. 21 febbraio 2019, n. 5133).
3.- Il ricorso va quindi accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Commissione tributario regionale del Lazio in diversa composizione, affinchè decida il merito della vicenda e regoli le spese.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019