Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25491 del 10/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 10/10/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 10/10/2019), n.25491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10452 del ruolo generale dell’anno 2013,

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

s.r.l. Ceccon, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del

controricorso, dagli avvocati Carlo Amato e Giuseppe Marini,

elettivamente domiciliatosi presso lo studio del secondo in Roma,

alla via di Villa Sacchetti n. 9;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata in data 17 gennaio

2013, n. 4/11/13;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 9 maggio 2019 dal

Consigliere Dr. Angelina-Maria Perrino;

sentita la Procura generale, in persona del sostituto procuratore

generale Dr. Zeno Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso per quanto di ragione;

uditi l’avvocato dello Stato Dr. Anna Collabolletta per l’Agenzia e

l’avv. Ulisse Corea per delega dell’avv. Giuseppe Marini per la

società.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla narrativa della sentenza impugnata che in relazione all’anno d’imposta 2005 la s.a.s. IOAN Bentivoglio chiese a rimborso un credito iva e ne cedette una parte alla s.r.l. Ceccon. L’Agenzia delle entrate provvide all’erogazione del rimborso.

Successivamente, tuttavia, in esito alla verifica dell’irregolarità della fatturazione di operazioni attive per l’errata applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8, comma 1, lett. c), l’Agenzia recuperò l’iva che riteneva indebitamente rimborsata, con atto impositivo che notificò a cedente e cessionaria, come soggetti solidalmente responsabili.

La s.r.l. Ceccon impugnò l’atto, senza successo in primo grado, in quanto la Commissione tributaria provinciale di Udine ne escluse la capacità di stare in giudizio e dichiarò inammissibile il ricorso.

Di contro, la Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia ha accolto l’appello della contribuente. Ha premesso che, in virtù di una cessione avvenuta prima dell’instaurazione del giudizio concernente il credito che ne costituisce oggetto, il cessionario ha una posizione autonoma che lo abilita a proporre autonoma impugnazione, sicchè il ricorso introduttivo è ammissibile.

Ha poi aggiunto nel merito che la ripetizione nei confronti del cessionario è da ritenere subordinata all’azione nei confronti del cedente e che comunque l’Agenzia ha notificato alla cessionaria l’avviso senza previamente richiedere, come avrebbe dovuto, il rilascio della polizza fideiussoria, che comunque era stata rilasciata. A ogni modo, ha concluso, l’Agenzia avrebbe dovuto comunque allegare all’avviso tutta la documentazione posta a sostegno del recupero.

Contro questa sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, cui la società contribuente replica con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il primo motivo di ricorso, col quale l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14,18 e 19, là dove il giudice d’appello ha ritenuto ammissibile il ricorso proposto dalla cessionaria, è infondato.

In particolare, secondo la ricorrente, poichè il cessionario del credito iva non è parte dell’obbligazione tributaria che intercorre tra il cedente e l’amministrazione finanziaria, egli non sarebbe dotato di azione diretta nei confronti del fisco per far valere il proprio credito.

Di contro, la cessione importa il subingresso del terzo nella posizione del contribuente e la controversia concernente il rimborso ha comunque l’attitudine a porre questioni inerenti al rapporto tributario, da definirsi con autorità di giudicato anche in contraddittorio con il cessionario (Cass., sez. un., 28 novembre 2018, n. 30751).

Ciò perchè la cessione del credito lascia inalterati i termini e le modalità del rapporto sostanziale da cui il credito trae origine, sicchè il debitore ceduto diventa obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui lo era nei confronti del suo creditore originario (Cass. 13 dicembre 2013, n. 27884).

Di qui la conseguenza che il cessionario acquista i diritti rivolti alla realizzazione del credito ceduto, tra i quali appunto rientrano le azioni dirette all’adempimento della prestazione, compresa quella di rimborso rivolta al fisco, che necessariamente implicano l’impugnazione delle sentenze che tale rimborso abbiano vanificato (arg. da Cass., ord. 20 aprile 2018, n. 9842).

1.1.- Non si pone in contrasto con quest’affermazione Cass. 25 maggio 2011, n. 11468, citata e nella sentenza impugnata e in ricorso, la quale, anzi, ha stabilito che il cessionario di un credito iva, la cessione del quale sia intervenuta prima dell’eventuale

giudizio riguardante il credito, vanta nei confronti

dell’amministrazione finanziaria una posizione sostanziale autonoma. Semplicemente, con la sentenza in questione questa corte si è limitata a precisare che la posizione sostanziale autonoma vantata dal cessionario lo faculta a proporre intervento adesivo autonomo, ex D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, comma 3, nella controversia già instaurata tra amministrazione e contribuente titolare del credito e, quindi, di impugnare la sentenza emessa a conclusione del giudizio, a fini di economia processuale (così Cass. 7 marzo 2017, n. 5621 e prima, in termini, Cass. 17 gennaio 2001, n. 575).

1.2.- D’altronde, nei fatti l’Agenzia ha mostrato di non dubitare della legittimazione sostanziale della cessionaria, considerato che ha indirizzato anche a essa la propria pretesa.

2.- Col secondo e col terzo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, rispettivamente l’Agenzia lamenta (secondo motivo), ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 70 del 1988, art. 5, comma 4-ter, come convertito, là dove il giudice d’appello ha ritenuto che l’Ufficio si sarebbe potuto rivolgere alla cessionaria, quale obbligata in solido, soltanto in esito alla preventiva e inutile escussione della cedente, nonchè denuncia (terzo motivo), ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame del fatto storico consistente nel fatto che la polizza fideiussoria è stata sì rilasciata, ma in favore della cedente, non già della cessionaria. E ciò sempre in base al D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 5, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 1988, n. 154, a norma del quale:

“4-ter. Agli effetti del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38-bis, in caso di cessione del credito risultante dalla dichiarazione annuale deve intendersi che l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto possa ripetere anche dal cessionario le somme rimborsate, salvo che questi non presti la garanzia prevista nel comma 2 del suddetto articolo fino a quando l’accertamento sia diventato definitivo…”.

2.1.- Si è visto che la cessione determina il subingresso del terzo nella posizione del cedente.

Il che conduce all’infondatezza della pretesa impositiva avanzata nei confronti della cessionaria nel caso in esame, comunque si siano atteggiati i fatti.

Non emerge dalla sentenza impugnata quando il rimborso sia stato erogato e a chi, se alla cedente o alla cessionaria, e se la cessione sia stata, o no, notificata all’amministrazione oppure se questa l’abbia, o no, accettata. Nè questi fatti sono chiariti in ricorso, visto che l’Agenzia si limita a riferire che “all’esito di un controllo sostanziale, l’Ufficio verificava che il credito IVA oggetto di cessione (e già erogato) era in realtà sussistente…”.

3.- Qualora il rimborso fosse stato erogato alla cedente anche per la parte corrispondente al credito ceduto, dopo la notificazione o l’accettazione della cessione, l’Agenzia non si sarebbe potuta rivolgere alla cessionaria, ma alla cedente. Sicchè sarebbe nella sostanza corretta la statuizione contenuta in sentenza in base alla quale la ripetizione si sarebbe dovuta indirizzare in primo luogo alla cedente.

La norma in questione (ossia il D.L. n. 70 del 1988, art. 5, comma 4-ter, come convertito), difatti, disciplina l’esperimento dell’azione di restituzione dell’indebito oggettivo, come si evince dall’impiego del verbo “ripetere”, estendendolo al terzo cessionario del credito al quale, dopo l’accettazione o la notifica dell’atto di cessione, l’amministrazione debitrice ceduta abbia corrisposto le somme che, altrimenti, si sarebbero dovute rimborsare alla cedente.

Il fisco può quindi procedere al recupero del rimborso dell’iva indebitamente erogato nei confronti del cessionario alle condizioni alle quali è ammessa l’azione di restituzione dell’indebito oggettivo regolata dall’art. 2033 c.c., ossia soltanto se il cessionario abbia in concreto ricevuto sine titulo la somma in questione.

In base all’ordinaria disciplina della cessione del credito, difatti, l’Agenzia che abbia corrisposto, dopo la notificazione o l’accettazione della cessione, il rimborso al cedente, non più legittimato a riceverlo, continua ad essere obbligata al pagamento nei confronti del cessionario, salvo che non dimostri che questo abbia ratificato l’erroneo pagamento o ne abbia comunque approfittato (ex art. 1188 c.c., comma 2).

3.1.- L’obbligazione di garanzia prevista dalla norma si verrebbe altrimenti a fondare su un presupposto eventuale ed estraneo alla fattispecie ivi considerata, cioè l’erroneo pagamento eseguito dal debitore ceduto a soggetto non legittimato (cedente), sicchè la garanzia svolgerebbe piuttosto una funzione assicurativa del rischio di perdita della somma per fatto proprio (imputabile a colpa) dell’amministrazione finanziaria, che esula del tutto dallo scopo che la norma intende perseguire.

E anche l’istituto della solidarietà passiva non troverebbe giustificazione in un comune interesse dei coobbligati, e neppure nell’interesse esclusivo di uno di essi (ex art. 1298 c.c.), atteso che il pagamento al cedente non legittimato non è opponibile al cessionario del credito, il credito del quale sarebbe comunque insoddisfatto.

In definitiva, in tali casi l’obbligazione restitutoria del cessionario postula che egli abbia ricevuto il danaro del quale è chiesta la ripetizione (in termini, Cass. 16 marzo 2016, n. 5143).

4.- A non diverse conclusioni si perverrebbe qualora l’Agenzia abbia corrisposto il rimborso alla cessionaria, nei limiti della cessione.

E ciò perchè essa stessa riferisce in ricorso che la cessione del credito alla s.r.l. Ceccon “…era garantita dall’emissione di apposita polizza fideiussoria rilasciata su richiesta del cedente”.

Si applicherebbe allora l’art. 1263 c.c., comma 1, secondo cui, in ipotesi di cessione, il credito principale è trasferito al cessionario con i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori, poichè tra questi crediti sussiste uno stretto collegamento, che impone la loro titolarità sempre in capo al medesimo soggetto giuridico (Cass., ord. 9 luglio 2018, n. 17997).

Ed è la cessione in sè che determina il trasferimento della garanzia, anche se avente natura autonoma, senza necessità di consenso (Cass. 19 luglio 2002, n. 10555).

4.1.- D’altronde, la polizza fideiussoria in questione, che è quella prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, è stipulata giustappunto al fine di garantire, in favore dell’amministrazione finanziaria, la restituzione delle somme da questa indebitamente versate ai contribuenti in sede di procedura di rimborso anticipato dell’iva.

4.2.- Di qui la conseguenza che, finanche quando la garanzia sia prestata esclusivamente in rapporto all’adempimento dovuto da un determinato soggetto, soltanto se questi sia liberato (mediante una novazione soggettiva o altra vicenda sopravvenuta), il garante può sollevare nei confronti del creditore l’eccezione di estinzione della garanzia (Cass., ord. 11 dicembre 2018, n. 31956).

4.3.- Il fatto storico sul quale punta l’Agenzia, allora, ossia che la polizza era stata stipulata in favore del cedente e non già del cessionario, non è di rilevanza decisiva, ma è del tutto irrilevante.

5.- La complessiva censura va quindi respinta.

6.- Il che determina l’assorbimento dell’ultimo motivo, col quale si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, sotto il profilo del difetto di motivazione dell’avviso, per la mancata allegazione della documentazione rilevante.

7.- In definitiva il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia a pagare le spese, che liquida in Euro 7000,00 per compensi, oltre al 15% a titolo di spese forfetarie e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019

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