Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2549 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 04/02/2021), n.2549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5935-2019 proposto da:

R.F.C., R.F.M.S., elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA 10, presso lo studio

dell’avvocato MARCO GIONTELLA, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4855/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 10/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

R.F.M.S. e C. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro l’Agenzia delle Entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lazio indicata in epigrafe che ha rigettato l’appello proposto dalle stesse avverso la decisione resa dalla CTP di Roma, che aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento di rettifica del classamento e della rendita catastale emesso nei loro confronti. Secondo la CTR l’appello non meritava accoglimento, in quanto l’Ufficio ha operato in piena osservanza dei parametri previsti dalla legge nella procedura di revisione ritenendo, quindi, congruo il classamento attribuito.

La parte intimata si è costituita con controricorso.

Le ricorrenti lamentano, con il primo motivo, la violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 e falsa (omessa) applicazione del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 9 e della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 154 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La CTR avrebbe ritenuto la condotta dell’Ufficio conforme alle citate disposizioni di legge, in assenza degli elementi costitutivi della fattispecie astratta.

Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la nullità della sentenza per omessa pronuncia relativamente al denunciato difetto di motivazione dell’avviso di accertamento catastale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Il giudice d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento catastale.

Infine, con il terzo motivo le ricorrenti prospettano la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4 in relazione all’art. 111 Cost.. La CTR avrebbe reso una motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, in quanto caratterizzata da contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili.

Il terzo motivo, che va esaminato con priorità per ragioni di ordine logico, è infondato.

Questa Corte ha specificato che si parla di motivazione apparente laddove essa non renda percepibili le ragioni della decisione perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e logicità del ragionamento del giudice (Cass., S.U., n. 22232 del 2016; Cass., S.U., n. 16599 del 2016; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 12096 del 2018).

Orbene, la sentenza oggetto di impugnazione non può essere ritenuta carente sotto il profilo motivazionale, in quanto apparente o incomprensibile, atteso che le motivazioni in essa contenute esplicitano l’iter logico seguito dal giudice d’appello.

Il primo motivo è invece fondato ed assorbe l’esame del secondo.

La giurisprudenza di questa Corte ha stabilito che il procedimento di revisione del classamento di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 non essendo diversamente disciplinato, se non in relazione al suo presupposto fattuale, ossia l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 9 sottraendone l’attuazione alla piena discrezionalità dell’Amministrazione competente (Cass. n. 30532/2019).

Ed infatti il D.P.R. citato, art. 9 statuisce che per ciascuna zona censuaria, i competenti uffici procedono alla revisione del classamento, sulla base: a) dell’articolazione del territorio comunale in microzone, ai sensi dell’art. 2; b) dei quadri di qualificazione e classificazione, ai sensi dell’art. 4; c) dei criteri e dei fattori indicati nell’art. 8, utilizzando le informazioni descrittive e censuarie presenti nella banca dati del catasto edilizio urbano e quelle rappresentate nelle schede descrittive delle microzone predisposte dai comuni, nonchè le risultanze delle indagini immobiliari svolte in sede locali. Al successivo comma 2 viene precisato che, sempre ai fini della concreta attribuzione del classamento, gli uffici: a) identificano, con un’apposita scala di misura, il livello delle qualità urbane ed ambientali di ciascuna microzona; b) definiscono per ciascuna categoria a destinazione ordinaria, le classi pertinenti a ciascuna microzona (…); c) attribuiscono a ciascuna unità immobiliare la categoria e la classe, e tenuto conto dei caratteri edilizi e dell’intorno, emergenti dagli atti descrittivi e censuari dell’attuale classamento.

Le ricorrenti sostengono fondatamente che la CTR abbia violato le norme indicate nel motivo di ricorso, ritenendo che gli uffici territoriali competenti abbiano compiuto le attività previste dalla legge per la revisione del classamento.

Ed invero, la CTR non dà atto dei presupposti normativi che legittimano tale procedura, limitandosi a dichiarare che l’atto è stato adottato a seguito dell’attivazione della procedura di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 ed enunciando l’iter che ha condotto alla revisione del classamento delle unità immobiliari nel Comune di Roma.

Il giudice d’appello è, altresì, incorso nel vizio di motivazione dell’avviso di accertamento catastale.

Giova, infatti, ricordare che la giurisprudenza di questa Corte si è andata consolidando nel senso che, qualora si proceda alla revisione parziale del classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 l’amministrazione deve specificare in modo chiaro le ragioni della modifica nell’avviso di accertamento.

Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la motivazione deve possedere il requisito del rigore dovendo essere, nella specie, completa, specifica e razionale (Cass. n. 22671/2019, proprio con riferimento ad un atto di classamento relativo al Comune di Roma).

E’ stato, infatti, affermato che se l’amministrazione intende procedere alla revisione del classamento ai sensi dell’art. 1, comma 335 dovrà seguire un iter scomponibile, sul piano funzionale, in due fasi. Nella prima l’amministrazione – su cui grava sempre l’onere di dedurre e provare la “causa petendi” giustificativa dell’accertamento – ha l’onere di accertare e, preliminarmente, di specificare in modo chiaro, preciso e analitico, i presupposti di fatto che legittimano nel caso di specie la c.d. riclassificazione di massa. Nella seconda fase l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare (cfr. Cass. cit. n. 22671/2019).

Non può, pertanto, ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati (cfr. Cass. n. 11577 del 2019; n. 361 del 2019; n. 10403 del 2019; n. 16368 del 2018; n. 22900 del 2017; n. 3156 del 2015).

Ne consegue che l’atto di accertamento debba indicare le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario, non già facendo richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura. Soltanto in questo modo il contribuente può ritenersi posto nella condizione di conoscere gli elementi concreti idonei a specificare quei criteri di massima anche al fine, eventualmente, di contestare – sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale – la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento di cui al comma 335.

Sul punto si è precisato che “in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, dovendo porre il contribuente in grado di conoscere le concrete ragioni che lo giustificano – come evidenziato anche dalla sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 – deve indicare i motivi per i quali i valori considerati abbiano determinato il suddetto scostamento, facendo riferimento agli atti da cui ha tratto impulso l’accertamento, costituiti dalla richiesta del Comune e dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio, nonchè ai dati essenziali del procedimento estimativo delineati da tali fonti normative integrative che abbiano inciso sul classamento (Cass. n. 31829 del 2018).

Orbene, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali espressi da questa Corte in tema di classificazione catastale.

Ed infatti, la sentenza della CTR è viziata laddove si è limitata ad affermare che “Il cespite cui afferisce l’avviso in argomento ricade nella Microzona 1 – Centro Storico ovvero in zona di elevato valore abitativo, storico, culturale e commerciale, ottimamente servita da mezzi pubblici, nonchè a destinazione commerciale”. Da ultimo, ha asserito che il classamento attribuito dall’Ufficio risulta congruo e va integralmente confermato.

Sulla base di tali considerazioni, accolto il primo motivo, assorbito il secondo e rigettato il terzo, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto ed emergendo l’assenza dei presupposti per la legittimità dell’accertamento in relazione a quanto sopra esposto il ricorso originario delle parti contribuenti deve essere accolto.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio in relazione al recente formarsi di una stabile giurisprudenza sul contenzioso in esame.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo e rigetta il terzo. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso delle parti contribuenti annullando l’atto impugnato.

Compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

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