Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2549 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. I, 04/02/2020, (ud. 25/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11757/2015 proposto da:

D.C.S., elettivamente domiciliato in Roma, V.le delle

Milizie 106, presso lo studio dell’avvocato Valori Guido,

rappresentato e difeso dagli avvocati Iannello Aurelia, Visigoti

Alessandro (Alejandro), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Unicredit Spa, quale incorporante Banco di Sicilia spa, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Serradifalco 7, presso lo studio dell’avvocato Fava

Antonio, rappresentato e difeso dall’avvocato Celona Francesco,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1521/2014 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata

il 01/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 1521 depositata in data 1.7.2014 il Tribunale di Messina ha rigettato la domanda proposta da D.C.G. contro il Banco di Sicilia s.p.a., finalizzata ad ottenere la declaratoria di illegittimità dell’operato dell’istituto di credito in relazione all’elevazione del protesto per la cambiale avente scadenza 18.1.1998, oltre al risarcimento del danno quantificato in Euro 200.000,00.

Ha osservato il giudice di primo grado che lo stesso attore aveva ammesso di aver dato alla Banca disposizione di provvedere al pagamento della cambiale poi protestata in data 20.1.1998 (seppur con valuta del 18.1.1998), e quindi successivamente alla sua scadenza, di talchè l’elevazione del protesto non poteva ritenersi determinata dal comportamento dell’istituto di credito, bensì dalla tardività della disposizione impartita.

Con ordinanza ex artt. 348 bis e ter c.p.c., del 16 febbraio 2015, la Corte d’Appello di Messina, ritenendo che l’appello non avesse una ragionevole probabilità di essere accolto, lo dichiarava inammissibile.

Avverso la predetta sentenza del Tribunale di Messina ha proposto ricorso per cassazione Poste italiane s.p.a..

Unicredit s.p.a., quale incorporante del Banco di Sicilia s.p.a., si è costituita in giudizio con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato la memorie ex art. 380 bis. 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il sig. D.C. ha dedotto la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1669 del 1933, artt. 44,51 e 70, nonchè l’erronea e/o illegittima elevazione del protesto.

Lamenta il ricorrente di aver provveduto in data 20.1.1998 al pagamento della cambiale scaduta il giorno 18.1.1998 (che cadeva di domenica) all’istituto di credito presso cui era domiciliata, mediante addebito in conto corrente. Tale pagamento era quindi avvenuto con un solo giorno di ritardo e, peraltro, con valuta coincidente con la stessa data di scadenza del 18.1.1998. Ne consegue che il protesto del titolo era stato illegittimamente elevato, essendo avvenuto – in data 21.1.1998 – dopo che il debito era già stato estinto.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dei principi generale di buona fede da parte della banca, del tempo dell’adempimento ed estinzione dell’obbligazione nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 1188 c.c..

Lamenta il ricorrente che il giudice di primo grado aveva erroneamente ritenuto come momento dell’adempimento non la data di pagamento presso lo sportello bancario, ma quello in cui la valuta era stata trasmessa al beneficiario.

La circostanza che il Banco di Sicilia avesse tardivamente trasmesso le somme al creditore non poteva far slittare la data del pagamento, ma poteva far nascere la responsabilità solo in capo allo stesso istituto di credito, il quale, nonostante l’avvenuto pagamento, non aveva “richiamato ” il titolo, lasciandolo nelle mani del Pubblico Ufficiale che provvedeva ad elevare il protesto.

3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 legge cambiaria e dell’art. 1453 c.c..

Espone il ricorrente che il versamento da parte sua alla banca del corrispettivo della cambiale ha comportato la conclusione di un contratto con cui lo stesso istituto di credito si è impegnato a richiamare il titolo prima del protesto. L’inadempimento della Banca all’obbligo contrattualmente assunto determina un obbligo risarcitorio a norma dell’art. 1453 c.c..

In ordine ai danni subiti per effetto della illegittima levata del protesto, il ricorrente espone di aver dovuto nuovamente pagare il medesimo titolo, oltre ad essere ingiustamente stato sottoposto a giudizio penale (conclusosi con un’assoluzione) con l’accusa di aver falsamente dichiarato di non aver subito protesti.

4. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, e dell’art. 91 c.p.c..

Lamenta il ricorrente che il Tribunale, nel liquidare le spese di lite, non ha correttamente applicato i parametri di legge, tenuto conto che il giudice, per discostarsi dai valori medi, deve fornire idonea motivazione (adempimento non espletato nel caso di specie).

Infine, il ricorrente ha criticato l’ordinanza di inammissibilità della Corte d’Appello, la quale si è astenuta dal valutare la legittimità o meno dell’elevato protesto, ritenendo ingiustificatamente che non fosse comunque stata fornita prova del danno.

5. I primi due motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla connessione delle questioni trattate, sono fondati.

Va osservato che questa Corte ha già statuito in un caso molto simile a quello per cui è procedimento, in cui il pagamento del titolo era parimenti avvenuto nel primo dei due giorni successivi alla scadenza e, quindi, validamente in relazione alla facoltà di cui al R.D. n. 1699 del 1933, art. 43, – che la banca presso cui il pagherò cambiario risulta pagabile e che aveva, in precedenza, provveduto a rivolgere al Notaio la richiesta del protesto, una volta avuta notizia dell’intervenuto pagamento, ha l’obbligo di attivarsi per impedire che, attraverso il protesto, si verifichino gli effetti pregiudizievoli di un evento che non ha più ragione d’essere a fronte dell’intervenuto pagamento del titolo. E’ stata, in particolare, configurata a carico della Banca che non si era attivata una responsabilità da contatto sociale e da comportamento omissivo, in relazione all’affidamento incolpevolmente riposto dal debitore circa l’avvenuta comunicazione del pagamento dell’effetto cambiario (vedi Cass. n. 11130 del 13/05/2009).

E’ stato, inoltre, evidenziato nella sentenza sopra citata che, per escludere la responsabilità della banca, sarebbe anche stato sufficiente che lo stesso istituto avesse eventualmente comunicato al debitore che i tempi tecnici non gli consentivano di intervenire presso il Notaio per bloccare il meccanismo di pubblicazione della levata del protesto, per mettere comunque l’interessato in condizione di attivare gli strumenti che l’ordinamento metteva a sua disposizione, per evitare o limitare il pregiudizio conseguente alla pubblicazione (L. n. 77 del 1955, ex art. 3, come modif. dalla L. n. 349 del 1973, art. 12).

Non vi è dubbio che, anche nel caso per cui è procedimento, si configuri a carico della banca una responsabilità per condotta omissiva, atteso che nonostante che il debitore avesse provveduto, presso la banca in cui era domiciliata la cambiale, al pagamento del titolo nel giorno successivo alla sua scadenza – come consentito dall’art. 43 della legge cambiaria – e, peraltro, con valuta del giorno della scadenza, l’istituto di credito è rimasto inerte, non comunicando al Pubblico Ufficiale che era venuto meno il presupposto per elevare il protesto, ovvero il mancato pagamento della cambiale.

Non si tratta, tuttavia, nel caso di specie, di responsabilità da “contatto sociale”, bensì di natura contrattuale, risultando dalla sentenza impugnata che il debitore aveva dato ordine alla banca di addebito della cambiale in conto corrente (come consentito dall’art. 4 della legge cambiaria), con una disposizione quindi riconducibile al contratto di mandato. Peraltro, l’obbligo della banca di attivarsi immediatamente per impedire la levata del protesto deriva comunque dalla clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte.

E’ indubitabile che l’istituto di credito, accettando sic e simpliciter il pagamento del titolo con addebito in conto corrente (peraltro con valuta del giorno della sua scadenza), nonostante il ritardo, peraltro minimo, rispetto alla stessa scadenza, abbia ingenerato nel debitore il ragionevole affidamento che con l’intervenuta estinzione del debito sarebbe venuto meno ogni rischio dell’elevazione del protesto.

Inoltre, lo stesso istituto, ove avesse avuto dei dubbi in ordine alla propria possibilità di intervenire per bloccare il meccanismo di levata del protesto, avrebbe dovuto rappresentarli adeguatamente al debitore al fine di consentire allo stesso di avvisare personalmente il Pubblico Ufficiale o comunque, ove non fosse stato più possibile impedire la levata del protesto, di attivarsi tempestivamente per ottenere quantomeno, nell’immediatezza, la cancellazione del protesto secondo la procedura prevista dalla L. n. 349 del 1973, art. 12.

Il debitore, invece, ha subito il protesto del titolo, ignorando completamente che, nonostante il pagamento della cambiale presso la banca domiciliataria, la procedura per la levata del protesto non era stata comunque interrotta.

Infine, non condivisibile è il ragionamento svolto dal giudice di primo grado in ordine alla rilevanza dei tempi necessari per consentire alla somma pagata alla Banca di giungere materialmente nella sfera giuridica del destinatario.

E’ evidente che, essendo stato deciso come luogo di pagamento della cambiale quello di un terzo (la Banca) – come consentito dall’art. 4 legge cambiaria – l’obbligazione si è estinta con il pagamento del titolo presso lo stesso istituto di credito.

Deve quindi cassarsi la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Messina, la quale (oltre alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità) nel nuovo esame dovrà attenersi al seguente principio di diritto:

“Gli obblighi di diligenza che gravano su una banca cui sia stato conferito mandato al pagamento di una cambiale, impongono, una volta avvenuto l’atto solutorio, di attivarsi immediatamente per intervenire sul processo di levata del protesto, e, ove tale meccanismo si trovi ad una fase così avanzata da non poter essere più interrotto, di avvisare prontamente il mandante al fine di consentirgli di accedere tempestivamente alla procedura di cancellazione del protesto, secondo quanto previsto dal L. n. 349 del 1973, art. 12, salvo in ogni caso l’obbligo per la banca – ove sia intervenuta comunque la levata del protesto – di restituire la provvista utilizzata per l’operazione non andata a buon fine”.

6. L’accoglimento dei primi due motivi determina l’assorbimento del terzo e del quarto.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbiti terzo e quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Messina per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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