Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2548 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 04/02/2021), n.2548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5930-2019 proposto da:

ASSIMOCO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE, 161,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO GINO BARTALINI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

ASSIMOCO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE, 161,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO GINO BARTALINI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4108/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata l’01/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La società Assimoco s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, indicata in epigrafe e pubblicata in data 1 ottobre 2018, con la quale è stato rigettato l’appello da essa proposto sulle spese processuali e, disattendendo l’appello autonomamente proposto dall’Agenzia delle entrate, confermando la sentenza della CTP di Milano che aveva accolto il ricorso della stessa proposto e ritenuta la illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato per l’anno 2011, concernente il mancato assoggettamento all’IVA dei compensi relativi a contratti di coassicurazione conclusi dalla società contribuente in adempimento della c.d. “clausola di delega”, compensando le spese del giudizio.

Il giudice di appello, nel confermare la decisione di primo grado, riteneva che rientrasse nell’ambito della nozione di assicurazione tutto il compendio di operazioni di assicurazione e riassicurazione, aventi natura strumentale rispetto alle diverse fasi di gestione ed esecuzione del contratto di assicurazione, aggiungendo che le prestazioni di delega consentivano l’affidamento dell’intera gestione del contratto assicurativo ad una sola delle imprese assicuratrici per esigenze di semplificazione e di economia.

Il giudice di appello riteneva infondata l’impugnazione della società relativa al capo delle spese processuali e compensava le spese del giudizio di appello, in relazione all’esistenza di interpretazioni giurisprudenziali disallineate sulla questione.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un motivo.

La società Assimaco ha resistito con controricorso al ricorso incidentale, eccependo l’inammissibilità per tardività del ricorso incidentale, proposto con atto dell’1 aprile 2019, a fronte della notifica del ricorso principale in data 6.2.2019, insistendo per l’infondatezza dello stesso in relazione all’intervenuto giudicato interno ed all’esistenza di ulteriori giudicati esterni concernenti la questione dell’IVA con riferimento all’attività di coassicurazione. La stessa società ha depositato memoria.

Occorre premettere che il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate deve considerarsi tempestivo, in relazione alla sospensione dei termini processuali, tenuto conto di previsto dal D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 11 – per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonchè per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto ed il 31 luglio 2019″-.

Orbene, essendo il D.L. anzicennato entrato in vigore il 24 ottobre 2018, il ricorso incidentale ed il controricorso proposti dall’Agenzia delle entrate devono ritenersi tempestivi, vertendosi in ipotesi di sospensione dei termini ex lege che attiene all’intero processo, come risulta dal tenore testuale della disposizione sopra riportata, nemmeno potendosi accedere alla tesi della ricorrente principale, secondo la quale la proposizione del ricorso principale dimostrerebbe la volontà della stessa di non addivenire alla definizione agevolata.

Tesi destituita di fondamento se si considera che la stessa normativa prevede, al D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 1 che “Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia”. Tale possibilità di definizione agevolata, conseguentemente, non risulta in alcun modo preclusa dalla proposizione del ricorso per cassazione, essendo unicamente condizionata dalla sua proposizione nei termini fissati dalla normativa anzidetta.

Ciò posto, con il ricorso incidentale, che merita un esame prioritario rispetto al ricorso principale, collegato al regime delle spese processuali, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per falsa applicazione dell’art. 1911 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, nn. 2 e 12 nonchè dell’art. 135 dir. 2006/112/CE. La CTR avrebbe erroneamente ritenuto che i compensi ricevuti dalla società assicuratrice delegataria fossero riconducibili ad una attività di interposizione in ambito assicurativo, posto che il risultato funzionale della clausola di delega era quello che l’impresa coassicuratrice delegataria si sostituiva ai deleganti nella fase di accertamento e di liquidazione dell’indennità spettante all’assicurato. Per converso, la disciplina di esenzione cui aveva fatto richiamo il giudice di appello riguarderebbe unicamente le ipotesi di operazioni di assicurazione e riassicurazione effettuate da mediatori ed intermediari nel caso in cui questi svolgano la funzione di mettere in contatto l’assicuratore con l’assicurato. Da ciò sarebbe dovuto conseguire l’assoggettamento ad IVA le commissioni di delega scaturenti dai rapporti di coassicurazioni.

Occorre preliminarmente esaminare la dedotta sussistenza di un giudicato interno sulla questione oggetto del contendere che, a dire della società contribuente, si sarebbe formato per la mancata impugnazione della parte iniziale della motivazione della sentenza della CTR, nella quale il giudice di appello avrebbe ritenuto che l’Agenzia delle entrate non aveva assolto all’onere della prova sulla stessa incombente.

Ritiene il Collegio che la parte iniziale della motivazione non contenga alcuna autonoma ratio decidendi rispetto all’esito del giudizio, essendosi il giudice di appello limitato a considerazioni che non hanno tuttavia fondato l’accoglimento del ricorso, in questa direzione peraltro univocamente orientando la stessa affermazione, posta immediatamente dopo il periodo richiamato dalla società Assimoco, dalla quale emerge la volontà del collegio di esaminare la ragione più liquida del giudizio, appunto individuata nella verifica della natura esente ai fini IV dell’attività di coassicurazione.

Parimenti infondata risulta la censura correlata all’esistenza di giudicati esterni sull’applicazione dell’esenzione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10 conclusisi in senso favorevole alla detta società.

Ed invero, tutti i giudicati ai quali ha fatto riferimento la società Assimoco nel controricorso al ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate sono anteriori all’udienza pubblica del 17 settembre 2018 nella quale è stata deliberata la decisione della causa con la sentenza poi pubblicata in data 1 ottobre 2018. Ed infatti, la sentenza della CTR n. 4129/2017, per stessa ammissione della società Assimoco, è stata depositata il 14 marzo 20018 e quindi in epoca anteriore alla sentenza resa dalla CTR qui oggetto di esame, sicchè sarebbe stato necessario dedurre il giudicato in fase di appello, come già ritenuto da questa Corte – cfr. Cass. n. 21170/2016, Cass. n. 1534/2018, Cass. n. 254011/2015 e Cass. n. 14883 del 31/05/2019 -. Ed analoghe considerazioni vanno svolte con riferimento alle sentenze nn. 4182/2015, 392/2016, 2994/2016, tutte rese dalla CTR in epoca notevolmente anteriore rispetto alla data di decisione della sentenza della CTR qui scrutinata.

Ciò detto, il motivo di ricorso incidentale è fondato.

Come già deciso dalla sezione quinta di questa Corte in causa sovrapponibile “il contratto di coassicurazione va qualificato quale “operazione di assicurazione” ai sensi e per gli effetti di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 2, e art. 135, par. 1 Direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, in quanto con lo stesso, disciplinato dall’art. 1911 c.c., la garanzia assicurativa viene ripartita tra più assicuratori per quote determinate, per cui ciascun assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata in proporzione della rispettiva quota, anche se unico è il contratto, sottoscritto da tutti gli assicuratori, realizzandosi, in tal modo, una struttura oggettivamente unitaria del negozio (a differenza dell’assicurazione plurima o cumulativa), ma soggettivamente composita dal lato degli assicuratori, che, d’accordo tra loro e con il contraente assicurato, prestano la garanzia frazionatamente, in misura della rispettiva concordata partecipazione al rischio, per cui, in presenza di una pluralità di posizioni debitorie distinte caratterizzate dalla parziarietà, viene ad essere escluso tra i coassicuratori ogni vincolo di solidarietà, con la conseguente insussistenza di un diritto di regresso, ricorrendo il requisito caratterizzante le “operazioni di assicurazione”, in relazione all’impegno di più assicuratori, previo versamento di un premio, di procurare all’assicurato, in caso di realizzazione del rischio coperto, la prestazione convenuta all’atto della stipula del contratto. A medesima conclusione non è dato pervenire con riferimento alle prestazioni effettuate da uno dei coassicuratori in adempimento della cd. “clausola di delega”, in quanto tale clausola non modifica i termini del rapporto contrattuale di coassicurazione, dando luogo ad una responsabilità solidale, ma si risolve nel conferimento, ad uno dei coassicuratori, dell’incarico di gestire le polizze con assegnazione di un potere rappresentativo nel compimento di atti giuridici o nel pagamento dell’indennizzo che può essere, così, eventualmente richiesto al delegato anche nella qualità di rappresentante degli altri (cfr. Cass. civ, sez. 3, 12 luglio 2005, n. 14590). Si tratta, quindi, di una clausola negoziale mediante cui i coassicuratori, per ragioni di semplificazione, conferiscono ad uno di essi la gestione della polizza e, cioè, il compimento di tutti gli atti inerenti allo svolgimento del rapporto assicurativo, e che, non interferendo con la parziarietà dell’obbligazione dei coassicurati, vale ad armonizzare il frazionamento della garanzia assicurativa con l’esigenza dello svolgimento unitario del rapporto (Cass. civ, sez. 3, 28 gennaio 2005, n. 1754; Cass. civ., sez. 3, 12 dicembre 1997, n. 12610), ed infatti, anche nei casi in cui la clausola investa la gestione diretta delle controversie e, quindi, comprenda la rappresentanza processuale degli altri coassicuratori, l’assicuratore delegato può essere convenuto in giudizio anche per il pagamento delle quote di indennità di pertinenza dei deleganti solo a condizione che la domanda nei suoi confronti sia proposta espressamente, o comunque inequivocamente, richiamando la sua qualità di delegato, in modo che risulti chiaramente che per la parte eccedente la quota di rischio a suo carico l’indennizzo gli è richiesto nella qualità di rappresentante degli altri coassicuratori, e in tale qualità deve essere pronunciata, quindi, la sua eventuale condanna per la predetta parte (cfr. Cass. civ. sez. 3, 20 aprile 2017, n. 9961).

Parimenti, va considerato che l’atto con cui l’assicurato denuncia il sinistro e richiede il pagamento dell’indennità nei confronti della compagnia delegataria è idoneo ad interrompere la prescrizione del diritto al pagamento dell’indennità nei confronti di ciascun coassicuratore solo allorchè sia contrattualmente previsto che tutti i rapporti inerenti al contratto siano “svolti” dall’assicurato unicamente nei confronti della delegataria, alla quale, dunque, siano affidati, oltre che compiti di gestione della polizza, anche quelli di ricezione di tutte le comunicazioni ad essa inerenti e di informazione alle compagnie coassicuratrici (cfr. Cass. civ, sez. 3, 10 agosto 2016, n. 16862; Cass. civ., sez. 3, 30 maggio 2013, 13661)” – cfr., ex plurimis, Cass. n. 21303/2018, conf. n. 21820/2018, Cass. n. 21302/2018, Cass. n. 21303/2018, Cass. n. 13112/2018, Cass. n. 11442/2018, Cass. n. 15240/2020 -.

Da tali premesse si è quindi ritenuto che “le prestazioni eseguite da uno dei coassicuratori in adempimento di una “clausola di delega” non possono essere assimilate, ai fini della fruizione dell’esenzione dall’IVA, alle “operazioni di assicurazione”, in quanto ne risulta assente l’elemento imprescindibile, consistente nell’impegno, previo versamento di un premio, a procurare all’assicurato, in caso di realizzazione del rischio coperto, la prestazione convenuta all’atto della stipula del contratto, posto che gli impegni oggetto della clausola di delega non hanno per oggetto la copertura assicurativa del rischio del verificarsi di un determinato evento, ma unicamente le modalità per una gestione accentrata e unitaria del rapporto plurisoggettivo (dal lato dell’assicuratore), difettando, inoltre, anche il requisito della corrispondenza del destinatario della prestazione con il soggetto i cui rischi sono coperti dall’assicurazione, ossia l’assicurato” – cfr. Cass. n. 21303/2018, Cass. n. 13112/2018 e le altre già citate -.

La sentenza impugnata ha poi erroneamente ritenuto che nella fattispecie sussisterebbe un rapporto di accessorietà delle prestazioni svolte in delega con la prestazione assicurativa, non potendo applicarsi nemmeno la previsione di cui D.P.R. n. 633 del 1972, art. 12. Quest’ultima, nel sancire il principio per cui alle prestazioni accessorie si applica la stessa disciplina tributaria in materia di IVA della prestazione principale, presuppone, così come desumibile dalla giurisprudenza Eurounitaria, che entrambe le prestazioni siano indirizzate in favore del medesimo destinatario, al fine di consentirgli di fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore (cfr. Corte Giust., 25 febbraio 1999, CPP; Corte Giust., 22 ottobre 1998, Madgett e Baldwin). La stessa, quindi, non può trovare applicazione al caso in esame in cui la prestazione principale ha quale diretto beneficiario un soggetto (l’assicurato), mentre quella ritenuta accessoria uno diverso (i coassicuratori), in relazione al diverso e ulteriore fine perseguito, esclusivo dei coassicuratori, di ridurre gli oneri amministrativi derivanti dalla garanzia prestata- cfr. Cass. n. 21303/2018 cit.-.

In conclusione, la sentenza impugnata, nel riconoscere l’esenzione IVA all’ipotesi di le prestazioni eseguite da uno dei coassicuratori in adempimento di una “clausola di delega”, non si è uniformata ai superiori principi e va conseguentemente cassata.

L’accoglimento del ricorso incidentale determina l’assorbimento del ricorso principale con il quale la società ricorrente aveva prospettato due motivi di ricorso concernenti rispettivamente l’omessa pronunzia del giudice di appello sul motivo relativo alle spese processuali del primo grado di giudizio e la compensazione delle spese nel giudizio di legittimità.

La sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso incidentale, assorbito quello principale, va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso incidentale, assorbito quello principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione sesta civile, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

 

 

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